Omelia (09-09-2012) |
CPM-ITALIA Centri di Preparazione al Matrimonio (coppie - famiglie) |
Commento su Isaia 35, 4-7a; Giacomo 2, 1-5; Marco 7, 31-37 Effatà! Apriti! - Questa la parola chiave di apertura della nostra comunicazione con Dio e con l'Uomo. Nella Piazza di San Pietro a Roma, di recente ho visto campeggiare sul colonnato del Bernini, una gigantografia dell'indimenticabile Giovanni Paolo II con la scritta "Aprite le porte a Cristo". Dio vuole con l'Uomo una piena comunicazione, con tutti i sensi e in tutti i sensi. Vuole che lo si ascolti, gli si parli, lo si veda, lo si tocchi, lo si odori attraverso la Parola e i segni sacramentali della sua Chiesa, dal Battesimo, alla Riconciliazione, dalla Confermazione alla Eucarestia, dal Matrimonio all'Ordine per concludere con l'Unzione degli Infermi per richiamare anche nell'estremo i segni dell'inizio della vita sacramentale con il Battesimo. Il Dio della Rivelazione, della Incarnazione, è un Dio della comunicazione, non è un Dio idolo che non risponde se non con un soliloquio dell'uomo, ma è un Dio che si apre, che si mette in dialogo, che si mette anche in discussione con l'Uomo perché sappia capirlo ed amarlo anche con la libertà della ragione umana. Dio, come contropartita a questa sua piena disponibilità di comunicazione, chiede all'Uomo di avere la capacità, pur nei suoi limiti antropologici, di "aprire" le porte del suo cuore, della sua mente, della sua passione a Cristo suo Figlio, quale sua proposta per la partecipazione dell'Uomo alla sua vita divina eterna. "Non c'è peggior sordo di chi non voglia ascoltare", e oggi purtroppo noi viviamo in questa relazione per cui nonostante i tanti segni inviati da Dio con difficoltà l'Uomo sa accettare la sua limitatezza umana e cerca con ogni mezzo di costruirsi la mitica torre di Babele per sentirsi ogni giorno più Dio, sempre più onnipotente, sia nelle piccole cose della quotidianità che nelle grandi espressioni collettive umane e religiose. Poi quando si trova nel fango, nella disperazione, nella incapacità di risollevarsi dalla sua nullità, insomma si accorge di essere "umano", solo allora si trova ad esclamare la parola "Dio" in un atto di implorazione e disperazione, di richiesta di aiuto, di ripristinare quella comunicazione che la propria superbia aveva dimenticato e annullato. E quell'aprirsi a Dio, nella disperazione ma anche nel suo riconoscere che senza Lui nulla gli è possibile, la relazione non diventa più di massa, collettiva, ma diventa intima, personale, lontana dal vociare della società, per riscoprire tutta la profondità e capacità d'amore che Dio ha verso l'Uomo. La Parola di Dio ha bisogno del silenzio, dell'ascolto vero, per essere percepita e accolta come Parola che sa guarire e aiutare, che sa riconciliare e ristabilire la comunicazione perduta. Dio vuole una relazione e una comunicazione ravvicinata del terzo tipo, ovvero sia tridimensionale: cuore, mente, corpo, insomma con tutto noi stessi, senza condizioni. I miracoli di Cristo sono segno della grande capacità di comunicazione che Dio ha verso noi, evidenziando come noi spesso viviamo ognuno per sé, ripiegati e chiusi nell'involucro impenetrabile del nostro "io", e ogni giorno ci creiamo un arcipelago di isolotti inospitali e inaccessibili. Se ben ci pensiamo persino i rapporti umani più elementari sembrano incapaci di una apertura reciproca: la coppia chiusa, la famiglia chiusa, il gruppo chiuso, la parrocchia chiusa, la nazione chiusa... ecc. Eppure la nostra storia personale nel mondo è cominciata con un segno sacramentale di grande apertura, il Battesimo, in cui Cristo, attraverso i gesti del celebrante esclama per noi la parola "Effatà - Apriti"! Domande - Effatà-Apriti, per me è solo una parola ad effetto o una parola che mi sa mettere in discussione con il mio stile di comunicazione personale? - Come Famiglia quanto so aprirmi verso i miei amati e quanti mi circondano? - Come CPM il vedere, agire e giudicare hanno l'effetto dell'Effatà-Apriti, o mi limito a farne una forma di comunicazione superficiale? CPM Pisa |