Omelia (08-02-2004) |
padre Gian Franco Scarpitta |
Eccomi, io mi propongo Avevamo accennato nella Domenica precedente ad una caratteristica ineluttabile che caratterizza chiunque venga chiamato a svolgere un determinato ministero di qualsiasi natura, che diventa cosa ancor più consistente quando si tratti di un ufficio inerente la speciale consacrazione per l'evangelizzazione. Ci riferivamo alla "paura", cioè al timore di non essere all'altezza di svolgere il proprio mandato e affermavamo che questa sensazione è coefficiente di vera e propria chiamata divina: chi la avverte riscopre che il suo è un ufficio derivategli realmente da Dio e che pertanto non sono affatto sufficienti le sue sole forze per condurlo a termine. Tale caratteristica si ripresenta in certo qual modo anche adesso che ci troviamo a riflettere sulla vocazione di Isaia (I Lettura); non soltanto infatti il profeta prova timore misto a stupore nel trovarsi davanti a Dio 0onnipotente Tre volte Santo, ma prova anche un certo senso di "indegnità": "Ohimè! Io sono perduto, perché un uomo dalle labbra impure io sono...". Come si riscontra nei versi immediatamente successivi e in varia altri punti della Scrittura, vi era la concezione comune per cui chi vedesse il Signore con i propri occhi era destinato alla morte, ma in questo caso tale asserzione si smentisce, poiché Isaia viene incoraggiato da parte dello stesso Dio in un duplice senso: 1) Questi gli garantisce in primo luogo che il Signore che lui ha di fronte è certamente il Dio della gloria, che nulla di per sé a da spartire con le realtà del creato ma che tuttavia di questa gloria è disposto a rendere partecipe anche la sua creazione, primi fra tutti gli uomini. E' insomma un Dio Onnipotente, perfetto e di grandezza incommensurabile che tuttavia non rimane chiuso in se stesso, ma si concede gratuitamente agli uomini. Lo dimostra il fatto che la cosiddetta "impurità" di Isaia viene subito eliminata e che pertanto Dio accondiscende ad essere visto. Questo primo aspetto è molto interessante per comprendere il senso di quanto sta accadendo ad Isaia; 2) Dio ripone in Isaia la sua assoluta fiducia giacché non solo gli mostra la sua benevolenza ma addirittura lo chiama alla missione speciale di "essere luce che illumina le genti". Anzi, c'è di più: il timore del prossimo profeta scompare e lascia il debito spazio alla fiducia, se è vero che è lo stesso Isaia ad ferirsi per tale compito: "Eccomi Signore, manda me". In tanti altri passi biblici in cui si parli di vocazione è infatti sempre Dio a manifestarsi per primo con l'invio, mentre i versi presenti forse sono gli unici che attestano all'iniziativa dell'eletto in tal senso: Isaia ha compreso la benevolenza di Dio e gli si propone senza che questi debba convincerlo: "Manda me". Dicevamo prima che assume molta importanza il primo degli aspetti mensionati. Questo non solo per quanto riguarda Isaia, ma anche per ogni situazione vocazionale inerente qualsiasi epoca: la mancata risposta all'appello di Dio che vuol condurre i giovani o altre persone vero un determinato lito è dovuta al fatto che forse non ci si convince sufficientemente dell'amore di Dio nei nostri confronti; nell'ordinarietà della nostra vita e nella comune esperienza, Dio ora lo si trascura come innecessario in forza delle false sicurezze mondane, ora lo si vede come una realtà trascendentale punto e basta, come qualcosa di avulso e alieno dalla nostra storia, un'entità sovrana a cui bisogna soltanto rendere conto di qualsiasi nostra eventuale manchevolezza... Si è ben lontani dall'instaurare una dimensione amicale e dialogica con Dio, riscontrandoLo come nostro compagno di viaggio sollecito nei nostri confronti... Lontani dal comprendere in altri termini che lui presenzia e chiama a sè e attende che gli corrispondiamo in tutti i termini. In altre parole, non ci si CONVINCE DI DIO = conversione. Se tale caratteristica si realizzasse, questo Dio sarebbe davvero il punto di riferimento essenziale della nostra vita; ci si accorgerebbe che in ogni istante è sempre Lui che ci coinvolge per primo partecipando delle nostre situazioni intento a farci uscire da noi stessi per condurci verso luoghi appropriati che lui solo conosce. E non sarebbe difficile allora identificare la nostra vocazione e aderirvi con senso di piena esultanza.... Io stesso ho raccontato della mia vocazione partendo da una primaria ostinazione nei miei progetti, segno di un mancato convincimento della presenza effettiva di Dio nella mia vita adolescenziale. Si racconta che un pesce vagava nelle acque dell'oceano e andasse in cerca di qualcuno che lo illuminasse sul significato del verbo "guizzare"; nessuno era in grado di dargli una risposta e le varie congetture e digressioni sul termine non lo rendevano soddisfatto. Insistette parecchio nel chiedere ad altri: "Che vuol dire guizzare?" ma nessuno riusciva a convincerlo nelle sue risposte. Finché non si rivolse casualmente ad una persona che, in silenzio lo osservò senza dire nulla, poi lo afferrò per le pinne e con grossa veemenza lo sbattè per i flutti del mare... "Ecco cosa vuol dire!" Il pesce curioso non si era accorto infatti che già stava guizzando. Anche gli apostoli, primo fra tutti Pietro, rispondono senza esitazione all'appello del Signore dopo aver esperito la sua presenza nel bel mezzo della loro attività di comuni pescatori: "Nella tua parola, getterò le reti". Si convinsero infatti della sua chiamata al ministero dopo aver appurato che Gesù era il loro sostegno già nella vita di sempre. Dio così ci interpella. LA PAROLA SI FA' VITA -Spunti per la riflessione- --Anche nelle circostanze del peccato, sono solito essere fedele a Dio in forza di un timore reverenziale, di una consuetudine abitudinaria o di una reale convinzione dell'amore di Dio? --Repetita iuvant... Come abbiamo fatto già un'altra volta, raccontiamoci le esperienze di vita in cui abbiamo percepito la presenza di Dio. --Vocazione. Di solito questo termine lo si usa per indicare i futuri religiosi o sacerdoti. Io come lo intendo? --Nelle mie scelte quotidiane sono solito "gettare le reti" senza esitazione, ossia agire con coraggio superate gli imbarazzi iniziali in forza del fatto che Dio mi assiste? |