Omelia (26-08-2012) |
mons. Gianfranco Poma |
Volete andarvene anche voi? Nella domenica XXI del tempo ordinario concludiamo la lettura del lungo cap. 6 del Vangelo di Giovanni. Anche a noi, lettori attuali, Gesù pone la domanda diretta e provocatoria rivolta ai Dodici quando "molti dei suoi discepoli tornarono indietro e non andavano più con lui": "Volete andarvene anche voi?". E noi siamo portati a fare nostra, con lo stesso entusiasmo, la risposta ricca di Pietro: "Signore, da chi andremo? Tu hai parole di vita eterna e noi abbiamo creduto e conosciuto che tu sei il Santo di Dio". Potremmo ritenerci soddisfatti per aver dato a Gesù la nostra adesione di fede, così bella, così teologicamente densa e precisa, perché noi siamo rimasti con lui e non ci siamo allontanati come gli altri...In realtà, il cap.6 di Giovanni non termina con il v.69, come fa la Liturgia, ma aggiunge due versetti che ci riportano alla realtà complessa nella quale si realizza la meravigliosa novità della pedagogia della fede evangelica: senza nessun commento alle parole di Pietro, "Gesù riprese: ‘Non sono io che ho scelto voi, i Dodici? Eppure uno di voi è un diavolo!' Parlava di Giuda. Figlio di Simone Iscariota: costui infatti stava per tradirlo, ed era uno dei Dodici." E' bella la dichiarazione di Pietro che sembra aver compreso il valore delle parole di Gesù! Ma seguirà veramente Gesù fino alla fine? E' l'evangelista, non Gesù, che fa il nome di Giuda " che stava per tradirlo" sottolineando che "era uno dei Dodici". Per comprendere in modo più preciso il messaggio del Vangelo e per lasciarci educare in modo più adeguato dalla sua pedagogia, dobbiamo cogliere la ricca ed articolata unità di tutto il cap.6 di Giovanni. Si tratta di una delle diverse pagine nelle quali l'evangelista mette in atto una vera strategia di apprendistato, di progressiva iniziazione, attraverso la quale vuole far entrare il suo lettore (oggi, noi) nel mondo dei valori che intende presentargli: è la "strategia del credere" con cui il lettore credente viene coinvolto e condotto a passare da una convinzione elementare alla fede tipicamente giovannea. Che la fede in Gesù sia al centro dell'attenzione del cap.6 di Giovanni è evidente: "Questa è l'opera di Dio: che crediate in Colui che egli ha mandato" (v.29). E la fede in lui è la grande novità che segna il passaggio dall'accoglienza della Legge come dono di Dio che rivela al suo popolo la strada da percorrere, all'abbandono in lui, alla relazione di amore con lui che fa rinascere e trasforma la vita. "Io sono il pane della vita... Io sono il pane vivo disceso dal cielo...: se uno mangia di questo pane vivrà in eterno...": la fede non è l'adesione ad un'idea o a principi etici ma è l'incontro con una persona, con la persona di Gesù-l'amore incarnato di Dio. "Se il mondo antico aveva sognato che, in fondo, vero cibo dell'uomo - ciò di cui l'uomo vive - fosse il Logos, la sapienza eterna, adesso questo Logos è diventato veramente per noi nutrimento, cioè amore" (Deus caritas est 13). "La mia carne è vero cibo e il mio sangue vera bevanda...": la fede giovannea raggiunge la sua pienezza nella concretezza dell'eucaristia. "L'eucaristia ci attira nell'atto oblativo di Gesù. Noi non riceviamo soltanto in modo statico il Logos incarnato, ma veniamo coinvolti nella dinamica della sua donazione" (id.). "E' il Padre mio che vi dà il pane del cielo, quello vero...Come il Padre che ha la vita, ha mandato me e io vivo per il Padre, così anche colui che mangia me vivrà per me": la fede è l'accoglienza dell'infinita ricchezza dell'amore del Padre che si incarna nella fragilità dell'umanità di Gesù e che dalla sua carne donata, segno visibile dell'Amore toccabile, mangiabile, passa alla nostra carne, perché pure la nostra fragilità viva dell'amore del Padre. Tutto è amore: credere e conoscere l'amore è la fede di Giovanni. Solo amore del Padre che attraverso la carne del Figlio diventa la nostra carne: "Nessuno può venire a me, se non gli è concesso dal Padre...Non sono forse io che ho scelto voi, i Dodici? Eppure uno di voi è un diavolo...". Il cap.6 di Giovanni è una iniziazione alla fede giovannea, non una astratta teologia: per questo propone un cammino esperienziale nel quale il lettore (oggi, noi) si trova personalmente implicato. Non è possibile leggere, interpretare il discorso di Gesù estraendolo dalla narrazione in cui è inserito e nella quale l'evangelista mette in atto le tre procedure che lo caratterizzano per condurre il lettore al nucleo della fede: il malinteso, l'ironia, la simbolica. Il Vangelo di Giovanni, ritenuto dai Padri della Chiesa "spirituale", è in realtà pienamente "carnale": è la carne di Gesù il luogo nel quale il Logos si fa storia e nella carne risplende la gloria. Gesù è il soggetto vero di tutta la narrazione: il linguaggio evangelico si apre gradualmente ad una dimensione più profonda della realtà, quella "vera", quella simbolica, quella alla quale ha accesso solo Gesù, il Logos incarnato, e coloro ai quali, mediante la fede in lui, è rivelata: il pane dona la vita, ma cos'è la vita? E cos'è il pane?: la Legge, Gesù. E chi dona il Pane, la Vita, Gesù? Il Padre che è infinito Amore. Così la fede è questo cammino che chi incontra Gesù intraprende, dentro la carne, oltre la carne, un passo sempre oltre, per scoprire che tutto ha senso, scoprire la Vita, l'Amore, Dio. Il cap. 6 di Giovanni, in modo narrativo, introduce nel cammino della fede. Il lettore (oggi, noi) tra l'inizio e la fine del racconto, è testimone di un dupplice progresso che riguarda l'identità di Gesù e la natura della fede: dal "profeta" (v.14) al "Santo di Dio" (v.69); da una fede fondata sul segno (v.2.24) a quella fondata sulle sue parole (v.68). Gesù è il solo personaggio presente a tutte le scene: tutti gli altri esistono solo per la relazione che stabiliscono con lui. Tutto comincia con la riunione di una moltitudine entusiasta (5000 uomini) e si conclude con una delusa dispersione e con la focalizzazione sulla situazione di una sola persona, decisamente ostile (molti discepoli si ritirano e uno lo sta per tradire). Il racconto si svolge narrando le diverse scene e i diversi incontri e dialoghi di Gesù con la folla, con i discepoli, con i Giudei, con i Dodici (Pietro e Giuda): pur nella varietà degli elementi, il racconto è fortemente unificato. Gesù in funzione delle diverse reazioni, mantiene sempre una giusta distanza: si allontana quando vogliono farlo re e si accosta alla barca quando il mare si è calmato; si lascia raggiungere dalla folla che lo cerca, ma provoca la decisione di fede dei Dodici... Ciò che raffinatamente Giovanni delinea nello scorrere delle scene e delle diverse reazioni, è il cammino di iniziazione alla fede. Una attenta lettura impedisce di separare le diverse scene che si succedono e di isolare ermeticamente i diversi ruoli: fede ed incredulità esistono, si confrontano, si combattono ma nessuna categoria può pretendere di avere il monopolio di una o dell'altra. La frontiera tra la luce e la tenebra passa nel cuore di ciascuno: il vangelo è sempre destabilizzante, impedendo al suo lettore ogni giudizio sugli altri e su di sé, non concedendogli alcuna possibilità di identificazione securizzante o confortante. L'adesione a Gesù non è semplicistica: è inaccessibile per colui al quale non è donata (v.65). Il Vangelo non cerca e non permette al suo lettore (oggi a noi) di collocarsi su una scala teorica della fede: vuole condurlo, di tappa in tappa e attraverso le sue molteplici resistenze, alla presa di coscienza dell'unica cosa che conta cioè che egli, in un momento o nell'altro della propria esitenza è, come Giuda, colui che può tradire Gesù. Tuttavia egli, come Giuda, ha la certezza di essere scelto ed amato da lui: questa è la fede, credere e conoscere l'Amore nella nostra fragile ed accolta umanità. |