Omelia (26-08-2012) |
Gaetano Salvati |
Commento su Giovanni 6,60-69 Il discorso di Gesù sul pane di vita provocò inquietudine fra i discepoli: "questa parola è dura, chi può ascoltarla?" (Gv 6,60). Spesso anche noi, investiti da una simile crisi, non compiamo fino in fondo il bene. Ciò perché siamo convinti che la fede è una conquista personale oppure un evento riservato a pochi. Il rischio è perdere la via tracciata dal Maestro, vivere secondo le apparenze e non concentrarsi sulla nostra reale necessità: maturare nella fede attraverso l'incontro con l'Altro. In che modo, allora, riusciremo ad essere cristiani? Come faremo a non staccarci dalla vera radice, così da non seccare? Il Salvatore, rivolgendosi ai suoi discepoli, afferma che l'uomo da solo non riesce ad aprirsi al dono di Dio, che consiste nella rivelazione del Figlio: le sue parole "sono spirito e vita", perciò, è Gesù che permette al credente, animato dallo Spirito, di incontrarlo (v.63). La verità offerta dal Figlio, quindi, non è una semplice parola, un pensiero che rimane nel vago: è un Io, un corpo, che si rivolge ad un tu, un appello che richiede una risposta dell'uomo. Il cammino di fede del credente, dunque, deve essere caratterizzato da una continua, instancabile ricerca del volto di Dio; tale cammino richiede sacrificio, conversione: essere trasformati dalla grazia, avere fede, significa modificarsi continuamente e non accontentarsi delle "cose superficiali". Il vangelo di oggi ribadisce, pure, che il dono della fede è concesso a tutti, in ogni istante della vita. Infatti, l'esistenza di Gesù è stata la manifestazione della bontà del Padre, il pane di vita consegnato all'uomo attraverso la predicazione del Figlio. La sua parola nell'eucaristia diviene cibo, alimento per i credenti di tutti i tempi: è un pane che deve essere assimilato, gustato, con una penetrazione progressiva di fede nella rivelazione attuata da Cristo Gesù. Quando l'uomo, per una misteriosa concessione del Padre (v.65), decide di rispondere alla chiamata del Signore, aderisce ai suoi insegnamenti, cioè acquisisce la stessa mentalità del Signore: vive nell'Amore, compie la volontà di Dio; comprende, ancora, che la parola del Maestro esige una presa di posizione di fronte a delle scelte e, al contempo, una risposta che non va ad intaccare la libertà personale, bensì, apre uno spazio nel cuore: "Signore, da chi andremo? Tu hai parole parole di vita eterna" (v.68), è la professione di fede del discepolo che ha compreso la bellezza di appartenere a Cristo, l'unico che annuncia la verità alla creatura. Amen. |