Omelia (12-08-2012) |
mons. Roberto Brunelli |
In viaggio verso il Signore dello spazio e del tempo Trentacinque milioni ogni anno: tanti sono gli uomini e le donne che solo in Europa compiono un pellegrinaggio. E non una breve visita a un santuario vicino, ma un vero e proprio viaggio, spesso di più giorni: dal quale non è esclusa la componente della vacanza, ma motivato principalmente dalla fede. Preannunciano questa realtà le letture di oggi. La prima (1Re 19,4-8) narra del profeta Elia che, perseguitato in patria, se ne allontana, dirigendosi non a caso verso il deserto del Sinai, al monte dove Mosè aveva incontrato Dio; lungo il cammino, sopraffatto dalla stanchezza, si sdraia all'ombra di una ginestra e si addormenta chiedendo a Dio che metta fine alla sua vita. In risposta, Egli gli manda cibo e bevanda perché prenda forza per arrivare sino a Lui. Il vangelo (Giovanni 6,41-51) accenna al viaggio precedentemente compiuto in quello stesso deserto dall'intero popolo d'Israele, liberato dalla schiavitù dell'Egitto e in cammino verso la terra promessa: un viaggio sostenuto dal dono celeste della manna. L'accenno è dello stesso Gesù, che spiega: "I vostri padri hanno mangiato la manna nel deserto e sono morti. Io sono il pane vivo, disceso dal cielo: se uno mangia di questo pane vivrà in eterno". Nei viaggi "verso Dio" compiuti da Elia e da Israele, i cristiani vedono due precedenti di una pratica che compiono sin dai primi secoli della loro storia: il pellegrinaggio, appunto, dapprima in Terra Santa, come a incontrare il Signore nei luoghi della sua vita terrena, e in seguito ampliando le mete ai grandi santuari quali quelli di Roma e Santiago di Compostella, e via via sino a Lourdes, Fatima, San Giovanni Rotondo e tanti altri, più o meno lontani, in ogni parte del mondo. Vanno, per motivazioni complesse che spaziano dall'atto penitenziale alla richiesta di una grazia, dalla volontà di testimoniare la fede al desiderio di rafforzarla, pregando là dove il divino si è manifestato in modi meglio percepibili. Forse non sempre i pellegrini si rendono conto di stare vivendo, concentrata, quella che dovrebbe essere l'intera loro esistenza. La vita del cristiano, infatti, può essere paragonata a un viaggio, non nello spazio ma nel tempo; un viaggio con i suoi disagi, i suoi imprevisti, il suo fascino, ma sempre con una meta ben precisa: Colui che è Signore dello spazio e del tempo. Dio colloca l'uomo nel mondo terreno, lo dota di intelligenza e libertà, e lo invita a servirsene per raggiungerlo. La meta è altissima, la più grande che l'uomo possa desiderare; ma il cammino non è sempre facile; intelligenza e libertà sono messe spesso a dura prova. L'Invitante lo sa bene, e per questo, nella sua bontà, non lascia l'uomo a se stesso, ma gli offre aiuti costanti: con la sua Parola gli indica la strada giusta, con la sua Grazia gli dà forza e consolazione. Con la promessa di cui Gesù parla in queste domeniche, la manna data agli Israeliti e il cibo dato a Elia si configurano come preannunci di quel "pane vivo" che è l'Eucaristia, segno della forza da Lui messa a disposizione di chi intende camminare verso Dio. Non occorre - per quanto possa essere utile e gratificante - andare pellegrini in Terra Santa o a Lourdes, per beneficiare di questa forza. Trentacinque milioni di uomini sono tanti, ma sono pur sempre una minoranza: non è neppure pensabile che il dono sia riservato a loro. E allora, si può ricordare che a tutti i cristiani è dato di compiere, ogni volta che lo vogliono, un duplice pellegrinaggio: sintetico, per così dire, ma non meno efficace. Ogni volta che vanno a Messa il percorso dalla casa alla chiesa, se pensano a dove e perché ci vanno, può esprimere appunto il desiderio e l'intenzione di fare della loro vita un itinerario verso Dio. E lo stesso significato esprime, al momento della comunione, il rito felicemente ripristinato di riceverla dopo aver compiuto un sia pur breve cammino. |