Omelia (25-01-2004) |
padre Ermes Ronchi |
Un seme di luce per aprire il cammino Le parole di Isaia riempiono il silenzio della sinagoga. Tutti gli occhi sono fissi su Gesù. Egli arrotola il volume, lo consegna, si siede. Luca ci racconta la scena di Nazaret, quasi alla moviola, per farci comprendere l'estrema importanza di questo momento. Sono le prime parole ufficiali di Gesù, il senso della sua vita: «Oggi la Parola si realizza alle vostre orecchie». Non di un nuovo profeta si tratta, neppure del più grande dei profeti: Gesù realizza la Parola di Dio, egli è la Parola. È lui l'uomo sognato da Isaia, libero come nessuno, dall'occhio luminoso e penetrante, povero e gioioso, e i suoi giorni sono benevolenza e accoglienza. È lui il Dio che ha posto il suo fine al di fuori di se stesso, il cui fine è l'uomo, la cui passione è l'uomo. Anzi, la passione di Dio è il povero, il cieco, il prigioniero, l'oppresso. Adamo è diventato così, per questo Dio prende la carne di Adamo. E ricomincia, dalla periferia della terra, dai sotterranei della storia, da coloro che non ce la fanno, una nuova creazione. Perché nasca un Adamo libero, veggente e gioioso, perché la storia non generi più poveri, prigionieri, ciechi, oppressi. Il regno di Dio è un regno per gli uomini. Solo questo sta a cuore a Gesù, che questo Dio è un Dio di uomini. Che si rivolge a tutte le povertà, alla fame di pane e a quella di senso, perché l'uomo preferisce morire di fame che morire di assurdo. Che colma la tua vita non di cose, ma di persone. Da amare. Un Dio che sta dalla parte dei poveri, non per farli ricchi, ma perché conta ormai solo su di loro per rendere finalmente fratelli gli uomini. La parola chiave del passo letto da Gesù è libertà-liberazione. Parola così gradita ai nostri orecchi, così cara alla storia. Nella sua radice greca il termine indica movimento, parla dell'energia che spinge in avanti, della nave che salpa, della freccia che scocca, della carovana che si avvia, sa di vento e di futuro e di spazi aperti: «Io la vela, Dio il vento» (N. Bobbio). Nella sinagoga di Nazaret è allora l'umanità che si rialza, che riprende il filo della corrente verso la gioia, la luce, la libertà. Non per propria forza, ma per un seme di luce venuto da altrove. E Dio è il suo vento. «Mi ha mandato per predicare un anno di benevolenza del Signore». Un anno, cioè un secolo, mille anni, una storia intera, fatta solo di benevolenza e di tenerezza da parte di Dio. E noi a tentare di prolungarla. Come Gesù ogni credente sa ora da dove ripartire: dalle periferie della storia e del mondo, dagli uomini del pane amaro, dagli affamati di tenerezza, dagli esclusi. E ricomporre in unità i frammenti di questo mondo esploso. |