Omelia (26-08-2012) |
mons. Antonio Riboldi |
Signore, da chi andremo? Il brano del Vangelo di oggi suscita, in chi crede, la stessa tristezza che era in Gesù. Aveva parlato a lungo dell'Eucarestia. Quante volte aveva ripetuto: 'Io sono il Pane della vità e 'Chi mangia di questo pane vivrà'! Ma in chi lo ascoltava non vi era stata la sorpresa colma di gratitudine di chi, amando, può comprendere un tale dono, anzi vi era stato imbarazzo, costernazione. Eppure le affermazioni di Gesù erano la realtà stessa del grande amore di Dio per noi. Non un amore, che è solo parola, ma un Amore che va oltre ogni possibile attesa, oltre ogni nostra povera immaginazione: un Amore che dà se stesso, diventa parte della nostra stessa vita. 'Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna' ripeteva Gesù, ma non fu capito allora e, forse, da troppi, non è capito oggi. Basta vedere l'assenza di tanti alla S. Messa festiva, concepita come 'un di più' a cui si può partecipare qualche volta... nelle 'feste comandate', secondo la regola stessa offerta dalla catechesi, per cui occorre 'almeno confessarsi una volta l'anno e comunicarsi a Pasqua'. Mi ha sempre fatto impressione questa 'norma', come dire per il corpo: 'basta mangiare una volta l'anno'. Ma è più importante la vita del corpo o la vita interiore, spirituale? Come può l'uomo spirituale affrontare il cammino dell'esistenza verso la mèta eterna, senza il cibo, che è Gesù stesso, Dio eterno e vivente? Forse non ci rendiamo conto di vivere la stessa incomprensione e chiusura di cuore e di mente degli interlocutori di Gesù. Nei nostri rapporti, in famiglia, tra amici, nella società e nella politica, un atteggiamento che urta è la mancanza di chiarezza nel dialogo, soprattutto quando questo chiama a prese di posizione, a scelte di vita. Spesso, nel proporci qualcosa, si ricorre a giri di parole, che alla fine sanno solo di confusione, o peggio ancora di compromessi pericolosi, fino a togliere credibilità a chi ci parla. Non è così in Gesù. Nel suo rapporto di amicizia con chi lo seguiva, parlava - e continua a parlarci - con la necessaria lucidità della verità, senza alcun velo, in modo da porre chi lo ascoltava, e continua ad ascoltarlo, alla piena assunzione della responsabilità personale del proprio 'sì' o 'no' di fronte alle scelte reali e concrete da Lui proposte. Ecco perché il suo discorso appare 'durò. È impressionante, a duemila anni di distanza, leggendo il Vangelo, vedere le folle che lo cercavano, lo assillavano, non gli concedevano pace, fino a togliergli il tempo per mangiare e riposare e guardare alla Sua risposta a tale assedio: non esitava a moltiplicare i segni della carità del Padre nei miracoli, guarendo ogni tipo di malattia, moltiplicando i pani, risuscitando persino i morti, creando attorno alla Buona Novella del Vangelo un'atmosfera di concreto amore, un amore che le folle respiravano a pieni polmoni, fino a farsi coinvolgere totalmente. Ma allora come oggi è facile accogliere un amore che nutre i nostri bisogni primari, non lo è altrettanto - ieri come oggi - 'entrare' in un amore che coinvolge cuore, mente e scelte di vita. E così, quando Gesù passa bruscamente all'offerta del Pane della vita, ossia del dono del Suo Corpo e Sangue, come avviene nell'Eucarestia oggi, la gente si confonde e si smarrisce, come racconta il Vangelo di oggi, che mostra l'amarezza di Gesù nel non vedere accolto il suo Dono estremo... come se noi, povere creature, fossimo capaci di superare le esperienze, anche solo puramente umane e terrene, da soli, senza il suo sostegno, la sua forza e il suo aiuto. "In quel tempo, molti dei suoi discepoli, dopo aver ascoltato, dissero: 'Questo linguaggio è duro: chi potrà intenderlo?'. Gesù, conoscendo dentro di sé che i suoi discepoli proprio di questo mormoravano, disse loro: 'Questo vi scandalizza? E se vedeste il Figlio dell'uomo salire là dove era prima? È lo Spirito che dà la vita, la carne non giova a nulla; le parole che vi ho detto sono spirito e vita. Ma vi sono alcuni tra di voi che non credono'. Da allora molti dei suoi discepoli si tirarono indietro e non andavano più con Lui. Disse allora Gesù ai Dodici: 'Forse anche voi volete andarvene?'. Gli rispose Simon Pietro: 'Signore, da chi andremo? Tu hai parole di vita eterna, noi abbiamo creduto e conosciuto che Tu sei il Santo di Dio'." (Gv. 6, 61-70) Anche troppi di noi, oggi si smarriscono e reagiscono come 'molti dei discepolì di allora, forse proprio a causa di tutte le energie spese in una ricerca, che, a volte, si fa spasmodica, del benessere e della salute, non riuscendo a comprendere che questi sono beni relativi e non possono soddisfare le aspirazioni più vere e profonde del nostro essere: la vita eterna, che solo Gesù sa coltivare e donare Ma, per grazia di Dio, ci sono anche tanti cristiani - li ho conosciuti e conosco - che si accostano alla Comunione, come loro nutrimento necessario per poter gustare, oltre i dolori e le difficoltà inevitabili, la bellezza della vita, perché Gesù accolto genera serenità, gioia e forza nella difficile esistenza di quaggiù. Ricorderò sempre quel deputato illustre, che preferisco non nominare, che, chiamato a parlare alla mia gente nel Belice, mi chiese di poter prima stare in adorazione davanti a Gesù Eucaristia e di riceverLo nella Comunione. La gente fu stupefatta di una tale testimonianza. Nel discorso che fece trasmise davvero la sua grandezza di fede. Alla fine la folla mormorava: 'Si vede che è un santo: non si affida solo alle parole... ' Approfondiamo, con la guida delle parole di Giovanni Paolo II, che parlò e visse di Gesù, il grande Mistero eucaristico, 'nucleo del mistero della Chiesa', che siamo noi. "La Chiesa vive dell'Eucaristia. Questa verità non esprime soltanto un'esperienza quotidiana di fede, ma racchiude in sintesi il nucleo del mistero della Chiesa. Con gioia essa sperimenta in molteplici forme il continuo avverarsi della promessa: «Ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo» (Mt 28,20); ma nella sacra Eucaristia, per la conversione del pane e del vino nel corpo e nel sangue del Signore, essa gioisce di questa presenza con un'intensità unica. Da quando, con la Pentecoste, la Chiesa, Popolo della Nuova Alleanza, ha cominciato il suo cammino pellegrinante verso la patria celeste, il Divin Sacramento ha continuato a scandire le sue giornate, riempiendole di fiduciosa speranza. Giustamente il Concilio Vaticano II ha proclamato che il Sacrificio eucaristico è «fonte e apice di tutta la vita cristiana». «Infatti, nella santissima Eucaristia è racchiuso tutto il bene spirituale della Chiesa, cioè lo stesso Cristo, nostra Pasqua e pane vivo che, mediante la sua carne vivificata dallo Spirito Santo e vivificante, dà vita agli uomini». Perciò lo sguardo della Chiesa è continuamente rivolto al suo Signore, presente nel Sacramento dell'Altare, nel quale essa scopre la piena manifestazione del suo immenso amore." ... e con lui chiediamo nella preghiera il coraggio di testimoniare Cristo Eucaristia: Non abbiate paura di accogliere Cristo e di accettare la Sua potestà! Aiutate il Papa e tutti quanti vogliono servire Cristo e, con la potestà di Cristo, servire l'uomo e l'umanità intera! Non abbiate paura! Aprite, anzi spalancate le porte a Cristo! Alla Sua salvatrice potestà aprite i confini degli Stati, i sistemi economici come quelli politici, i vasti campi di cultura, di civiltà, di sviluppo. Non abbiate paura! Cristo sa cosa è dentro l'uomo. Solo Lui lo sa! Oggi così spesso l'uomo non sa cosa si porta dentro, nel profondo del suo animo, del suo cuore. Così spesso è incerto del senso della sua vita su questa terra. È invaso dal dubbio che si tramuta in disperazione. Permettete a Cristo di parlare all'uomo. Solo Lui ha parole di vita, sì! di vita eterna. |