Omelia (11-01-2004)
padre Ermes Ronchi
L’aprirsi del cielo di fronte allo Spirito

Non griderà, non spezzerà la canna incrinata, non spegnerà lo stoppino dalla fiamma smorta». Isaia assicura che la volontà di Dio è volontà di vita. Egli non castiga se la nostra fiamma è debole, ma la fa diventare luminosa. Non rompe ciò che è sul punto di spezzarsi, ma si fa medico e guarigione. Non griderà, perché se la voce di Dio suona aspra non è la sua voce. Alla verità basta un sussurro. Non spezzerà la fiamma debole: in ogni uomo, anche nel più smarrito, c'è sempre un soffio di fumo, segno di fuoco morente, certo, ma soprattutto di fuoco possibile ancora. A Dio basta un po' di fumo: lo lavora, lo circonda di cure e speranza, soffia fino a che ne sgorga di nuovo la fiamma. Dio dell'umile presagio di fuoco, forza della nostra fragilità, servitore della vita incerta. Davanti a lui, allora, sono libero, come davanti a nessuno, libero persino di non essere forte, di non essere grande, libero di essere debole. E libero, quindi, di chiedere aiuto e di pregare e di entrare in contesa con il cielo, quando mi sembra chiuso. Luca racconta appunto l'aprirsi del cielo. «Gesù, ricevuto il battesimo, stava in preghiera, ed ecco il cielo si aprì». Si aprì, quasi risultato della preghiera di Gesù; si aprì come si apre una porta o una diga, come una breccia nelle mura. E dal cielo non scendono miracoli, ma, come colomba, lo Spirito Santo. «Spirito» è parola che significa «vita», dal primo soffio di Dio che accende la fiamma misteriosa nel guscio d'argilla che è Adamo. «Santo» significa «di Dio» (Silvano Fausti). Vivere la «Vita di Dio», soffio che rianima la fiamma smorta, vitalità nuova per ogni battezzato.
Vivere una parola: Tu sei mio figlio. È un padre vicino e amorevole che parla: vicino al punto di scendere su di me, amorevole al punto di soffrire con me tutte le mie fragilità. Accompagna la mia vita, la interpella, la riaccende, la salva. Dice: «Figlio». E capisco allora che la fede non è qualcosa che dà un quadro alla mia vita, ma che è la vita stessa, da vivere, da respirare, far crescere, trasmettere. Che la fede non è una convinzione ma una relazione. In cui stare fermi, a cui sempre ritornare, con la preghiera che ti riporta davanti a Dio, che apre il cielo, che ti apre al cielo. «Tu sei mio figlio prediletto». E capisco che ognuno è il figlio preferito, che Dio preferisce ciascuno.
«In te mi sono compiaciuto». Un giorno, attraverso la ferita dei cieli aperti per sempre, arriverò davanti a Dio. Egli mi guarderà; so che vedrà un pover'uomo, nient'altro che una canna molte volte incrinata, solo un po' di fumo. Ma mi dirà, sono certo: mio figlio sei tu. Sei tu il mio preferito; da te ho avuto gioia, entra nell'abbraccio del tuo Signore.