Omelia (27-08-2012)
Riccardo Ripoli
Guai a voi, scribi e farisei ipocriti, che chiudete il regno dei cieli davanti agli uomini

Quante persone che hanno un minimo di potere su qualcuno, siano essi politici, religiosi di qualunque credo, educatori, professori e persino gli stessi genitori lo esercitano in maniera indegna. Dietro alla giusta necessità di regole si impongono gioghi che ledono la libertà dell'individuo. Va bene dare una direzione, altrimenti che guide saremmo, ma non è giusto obbligare a scelte personali. Purtroppo il confine è molto labile ed è pertanto facile cadere in errore. Io per primo con i miei ragazzi mi interrogo costantemente se alcune regole sono giuste, se certe imposizioni hanno ragione di esistere. Non è facile capire. Ti interfacci con altri e vedi che qualcuno la pensa come te ed altri no, e sei al punto di partenza. Allora guardi ai risultati e vedi che in un caso come nell'altro ci sono comportamenti corretti ed altri scorretti. Così cerchi di capire quale sia la cosa migliore da fare nel contesto in cui si vive e prendi una decisione, ma la riprova empirica deve poi essere alla base di ogni valutazione successiva, insieme alle critiche di persone che conoscono il tuo contesto di vita. Nei 26 anni trascorsi ad oggi con i ragazzi in affidamento ho cambiato molto del mio modo di pensare, l'interazione con loro, le regole. Ho sempre cercato, e spero di esserci riuscito, di non imporre le mie idee, ma è naturale che le ho sempre espresse e quasi sempre i ragazzi mi sono venuti dietro. Non ho così mai imposto loro di frequentare la chiesa, di credere in Dio, di pregare, ma ho cercato sin dall'inizio di far capire loro l'importanza del Signore nella nostra vita, di farlo conoscere attraverso il Vangelo, con l'incontro con le persone che potessero parlar loro di Gesù non solo a parole ma con la loro stessa esistenza. Sono stati liberi, e lo sono ogni giorno, di decidere cosa fare, se entrare in chiesa o meno, se pregare oppure no, se leggere il Vangelo o lasciarlo nel cassetto, se partecipare alle riunioni ove si parla di valori e di principi. Tra i miei ragazzi c'è chi crede profondamente, chi all'acqua di rose e chi non crede e viene in chiesa perché in qualche modo si sente obbligato visto che tutti vanno, o forse perché non hanno il coraggio di esprimere una propria opinione, magari per mancanza di vere motivazioni oppure per timore di deludere o per l'incapacità a confrontarsi su certi argomenti.
Mi sento talvolta come avessi imposto loro la mia Fede, ma come fare perché ciò non accada? Come fare per lasciarli liberi veramente? Ritengo che sia cosa assai difficile perché quando si è calati in una famiglia che va in chiesa viene spontaneo andare in chiesa, così se si è in una famiglia di atei è difficile che ad un bambino venga la voglia di andare a pregare un Dio che forse nemmeno conosce.
Penso che lasciare libero il proprio figlio sia ben altro che dirgli "sei libero di fare cosa vuoi". La libertà passa attraverso la conoscenza poiché un ragazzo non sarà mai autonomo nelle sue decisioni fin tanto che non avrà visto e toccato con mano le alternative possibili. Come è possibile che un ragazzo possa veramente scegliere se seguire gli insegnamenti di Gesù se nessuno si è mai adoperato di farglieLo conoscere? Se un genitore è ateo è difficile che possa spiegare al figlio i misteri della Fede e la bellezza del messaggio del Signore, ma dovrebbe dargli l'opportunità e creare le condizioni affinché il bimbo possa conoscere ed imparare il Vangelo, e solo allora sarà libero di decidere.
Bene ha fatto una coppia di nostri carissimi amici a inserire la figlia presso di noi per una vacanza estiva e lasciare che la bimba si avvicinasse a Dio senza preclusioni. Dal canto nostro l'abbiamo lasciata libera di partecipare alle riunioni serali, che partono dal Vangelo del giorno, e lei pian piano si è interessata sempre più riscoprendo certi valori dai quali si era allontanata, ritornando a pregare, leggere il Vangelo e andare alla Messa, in completa autonomia dai genitori che, bravissimi, l'hanno lasciata libera di fare pur avendo idee diverse su taluni aspetti.
Ma fa un grave errore chi obbliga il figlio a non frequentare la chiesa, a brontolarlo se legge il Vangelo, a portarlo con forza fuori da un contesto di Fede. Così come sbagliano taluni sacerdoti puntando il dito su certe persone perché non la pensano in maniera identica a loro, giudicandole e condannandole. Di fatto ottengono spesso il risultato che costoro si allontanano dalla chiesa per dissapori e perpetrano i loro errori perché nessuno li ha presi ed educati con amore e pazienza come Gesù ci ha insegnato.