Omelia (29-08-2012) |
Riccardo Ripoli |
Anche se nell'ascoltarlo restava molto perplesso, tuttavia lo ascoltava volentieri L'atteggiamento di chi ascolta è sempre positivo. Ascoltare per meditare e riflettere è sempre cosa buona. Il mettere in pratica ciò che ci viene detto è però ben altra cosa. Quando qualcuno ci dice che sbagliamo a fare qualcosa, solitamente ci arrabbiamo perché prendiamo l'appunto come un giudizio non solo al nostro operato, ma alla nostra persona. Restare perplessi se ci viene detto che sarebbe giusto fare una determinata cosa in altro modo è normale, ma non per questo dobbiamo sentirci giudicati. Se una persona che stimo, che so amica, che mi vuole bene mi esprime un suo dubbio su un mio atteggiamento o comportamento, non mi sento giudicato, ma cerco di riflettere su quello che mi ha detto, anche se ciò che mi ha espresso dovesse essere lontano mille miglia dal mio modo di pensare. Abbiamo il dovere di criticare le azioni sbagliate, non solo nei confronti dei ragazzi, sui quali abbiamo un potere maggiore, ma anche verso gli amici, il partner e persino chi in qualche modo ha un potere su di noi, sia esso il datore di lavoro, i genitori o i politici. Giovanni con pacatezza e moderazione ha avuto il coraggio di dire ad Erode ciò che stava sbagliando, attirandosi le ire di molti, ma non per questo rinunciando ad esprimere il proprio parere con determinazione, anche a costo della propria vita. Erode, dal canto suo, si è rivelato attento alle critiche, ma purtroppo debole nel non voler cambiare e soprattutto incapace di contrastare chi voleva il male di Giovanni. Chi vogliamo essere noi? Giovanni, Erode, Erodiade oppure uno che ascolta le critiche, ci riflette e cerca di cambiare? La critica, il rimprovero, il biasimo non fanno mai piacere. Sono sempre una coltellata che si riceve, specie se a farle sono persone alle quali vogliamo bene, anzi, ci fanno ancora più male. Ma dobbiamo capire che se ci criticano non è per danneggiarci, ma solo per farci capire un altro punto di vista, che potrebbe anche non essere condiviso, ma sicuramente motivo di dialogo e di crescita per entrambi. Mettersi in una situazione di contrasto, mantenere le proprie posizioni senza valutare le opzioni che ci vengono proposte, arrabbiarsi, sentirsi giudicati sono atteggiamenti di chiusura verso l'altro che portano a scontri inutili che fanno solo danno ad entrambi, impedendo la crescita dell'individuo e del rapporto, sia esso con i figli, tra coniugi o con gli amici. La debolezza di ognuno di noi ci porta spesso a erigere muri dentro i quali ci barrichiamo, ed ogni tentativo da parte di altri di entrare nel nostro bastione lo consideriamo un attacco da respingere a qualunque costo. Quando ci facciamo l'idea che una cosa sia giusta, per principio non ammettiamo che qualcuno ci dica che sia sbagliata, eppure sarebbe tanto costruttivo capire il punto di vista dell'altro in una posizione di ascolto e di valutazione, seppur esprimendo tutte le perplessità, magari dopo averci dormito una notte sopra. Camminare insieme non vuol dire che si debba fare come la pensa uno dei due, significa che se non troviamo un accordo dovremmo almeno fare le cose una volta in un modo, ed una volta in un altro. Laddove uno dei due prende il sopravvento significa che manca il dialogo, significa che uno deve subire e soffrire per poi trovarsi magari a scontrarsi continuamente per piccole cose. Capita che ai ragazzi si insegnino delle cose, si discuta con loro di valori e principi, si spieghi il perché di certe regole, si accetti il loro contraddittorio, si trovino spesso dei punti in comune facendo loro delle concessioni. Una volta però stabilito un valore o una regola da seguire, i ragazzi spesso cercano di eluderla facendo delle cose di nascosto o eseguendo male i loro compiti o doveri, come lo studiare. E' qui il difficile di essere genitori perché si deve trovare la via giusta per far loro capire non tanto la validità della regola, quanto la necessità di prendersi la responsabilità di fare la cosa giusta anche quando non ci sono "guardiani" a controllare il loro operato. Man mano che il ragazzo si adeguerà, dopo averle capite, alle regole del vivere in famiglia e nella società, aumenterà la fiducia in lui da parte di coloro che incontrano sul proprio cammino. Se, di contro, cercherà sempre di fare la cosa che più gli piace o che gli fa comodo, mettendo da parte i propri doveri, nascondendo certe azioni con bugie e falsità si troverà prima o poi in un vicolo cieco, solo, senza nessuno che gli dia fiducia e che gli voglia bene. La cosa negativa dei ragazzi è quella di sentirsi uomini e donne arrivati, di sapere cosa sia giusto e cosa no, di pensare che qualunque cosa venga detta loro sia un affronto per il quale offendersi, ma non capiscono che il mondo reale non è quello che vedono con gli occhi della gioventù, è ben altro. Nella vita di un adulto ci sono responsabilità che non possono essere aggirate: se al lavoro ti comporti male sei licenziato, se rubi vai in prigione, se stai tutto il giorno a dormire la tua casa va in rovina e non hai niente da mangiare. Diventare adulti è per i ragazzi solo la libertà di fare ciò che vogliono, uscire di casa è visto come una liberazione, ma senza avere gli strumenti giusti è come voler andare a riparare un'auto senza avere chiavi inglesi e cacciaviti. Crescere è fatica, tanto per un ragazzo quanto per un bambino, ma è necessario per vivere in pace con gli altri e con sé stessi. Non pensate alle critiche come delle coltellate, ma come il parere di un medico che vuole aiutarvi a capire quale sia la fonte di un certo malessere, che sia vostro o di altri, che fa star male la famiglia in cui si vive. |