Omelia (07-12-2003) |
padre Ermes Ronchi |
Aperti alla Parola, siamo granelli di sabbia nel meccanismo di questa storia sbagliata Un deserto, un uomo, una parola. Il quasi-nulla, che basta però a capovolgere la storia. Nell'anno quindicesimo dell'impero di Tiberio, mentre a Roma si decidevano le sorti dei popoli, mentre a Gerusalemme e a Damasco si eseguivano gli ordini, mentre Pilato, Erode, Anna e Caifa si spartivano il potere, su questo enorme meccanismo perfettamente oliato, cade un granello di sabbia del deserto: la Parola discese, a volo d'aquila, sopra la sua preda, Giovanni, figlio di Zaccaria e figlio del miracolo, nel deserto. Lì ora si genera il futuro. La nuova capitale del mondo è il deserto di Giudea. Dio sembra giocare con la storia degli uomini, ma è la sua perenne scelta in favore di ciò che è debole, a privilegiare coloro che non contano, a fare storia con chi non ha storia, lontano da chi si fida del potere e della forza. «La parola fu su Giovanni». Questa espressione racchiude la nostra vocazione. Metto il mio nome al posto di quello del profeta, e so per certo che molte volte ormai la Parola è venuta sopra di me, ma non ha trovato casa. Metto il mio nome, e so che ancora viene a cercarmi per tutti i burroni, i colli, le valli, nel mio quotidiano più accidentato, con l'assedio dolce e implacabile di un amore che di me non è stanco. Metto il mio nome, e so che posso diventare voce libera, e granello di sabbia dentro il meccanismo di questa storia sbagliata. Verrà, su tutti può scendere la Parola, perché nessuno ha meno di Giovanni, nessuno ha meno del deserto. Verrà, purché tu sia come Giovanni, un uomo libero, mai succube o cortigiano di nessun potere. Ciascuno di noi deve diventare voce di una parola che è Cristo. Il come lo indica il primo degli imperativi di oggi: «Preparate la via del Signore». Vale a dire: preparate strade dove risuoni la Parola, moltiplicate le vie d'ascolto della Parola. In silenzio e nel tuo eremo interiore, abbandona per un po' le tue parole, da' ogni giorno un po' di tempo e un po' di cuore alla lettura del vangelo. Con perseveranza, rendi continuo, rendi normale, come il pane, come il respiro, l'ascolto della Sacra Scrittura. E poi, non resistere più. Viene Dio e spiana, dice Baruc, il groviglio dei tuoi monti. Poi sta ad ogni uomo, dice Giovanni, aprire il labirinto dei suoi burroni. Noi resistiamo alla Parola perché è esigente. Arrendersi significa soffrire, battesimo di fuoco, diventare voce che dice con la vita. Ma significa ancora di più gioire, perché la Parola è diritta come la luce, piana come la voce di chi ti parla al cuore, grande al punto da colmare la vita. |