Omelia (02-09-2012) |
don Luigi Trapelli |
Vivere un cristianesimo autentico Riprendiamo dopo parecchie domeniche la lettura del Vangelo secondo Marco dal capitolo settimo. Il testo ci presenta una disputa tra Gesù e gli scribi. Il motivo di tale disputa si collega all'osservanza della tradizione della legge di Mosè. Infatti, i discepoli di Gesù non compiono i gesti rituali prima dei pasti, come invece facevano i farisei. Gesù risponde a tale accusa distinguendo tra il comandamento di Dio e le tradizioni degli uomini. Dio ha creato una legge non per essere contro l'uomo, ma a suo servizio e per la sua libertà. Gesù non viene a togliere la legge, ma a portarla a compimento, come dirà in un altro passo. Gesù mi fa passare dall'ambito solo legalistico della legge, a quello interiore. Tutte le pratiche esterne possono essere seguite, ma non plasmano la nostra vita perché vissute come un dovere, un obbligo. E' come un ragazzo che è costretto ad andare a Messa. Di fatto entra in Chiesa, partecipa alla liturgia, ma il suo pensiero è altrove e il suo scopo è dire ai genitori che ha partecipato alla Messa. Come è complesso per tutti, anche per gli adulti, credere in ciò che facciamo rendendo interiore una norma! La Messa, per esempio, non è mai un obbligo, ma una necessità. Poi Gesù pone una realtà ancora più vera. Da cuore dell'uomo nascono le cose positive e negative che sono dentro di lui. Gesù elenca tutta una serie di vizi che escono dal cuore dell'uomo e lo contaminano. Parla di malvagità, inganno, invidia, calunnia, superbia e tanto altro. Noi potremmo pensare che tali cose non riguardino noi, ma i farisei di allora o altre persone che conosciamo bene oggi. Quante volte ci sentiamo a posto con Dio per le devozioni, i rosari, i pellegrinaggi compiuti o le attività svolte in parrocchia. Così abbiamo rifiutato i segni dei tempi e non ci siamo aperti all'azione dello Spirito Santo. Oggi si parla molto di autenticità, però prevale il regno dell'ipocrisia. Si dicono le cose alle spalle, senza avere la schiettezza di dirle davanti alla persona. O si vivono due mondi diversi: quello della Chiesa e della vita normale, con due abiti diversi. Si cambia il vestito in base alle persone, per far loro piacere e non rimanendo noi stessi. Vi è anche l'ipocrisia di sentirsi ammirati dalle persone, per cui si cura la parte esteriore e si scorda ciò che ci fa muovere dall'interno, la dimensione spirituale. Seguendo le tradizioni degli uomini, si rischia di creare divisione tra le persone, mentre il comandamento voleva unire gli uomini tra loro e con Dio. La Chiesa è invitata a rifiutare la tentazione di abbandonare il comandamento di Dio per seguire le tradizioni degli uomini, onorando Dio solo con le labbra, ma tenendo il cuore distante da Lui. Ci aiuti in questo cammino quella grande figura di pastore che è stato il cardinal Carlo Maria Martini, morto in questi giorni, il quale ci ha aiutato non solo a scoprire le meraviglie del mondo biblico, ma anche a gustare la profonda dimensione interiore e spirituale del nostro esistere. |