Omelia (23-11-2003) |
padre Ermes Ronchi |
Un vero re? Servitore del mondo Dunque, tu sei re?» Un prigioniero e il governatore, i due estremi della scala del potere, colui che tiene nella sua mano la bilancia della giustizia e la spada, colui che invece è solo un po' di polvere sulla bilancia, si misurano su ciò che più li rende lontani. Ed è il prigioniero, inerme e mitissimo, a lanciare una sfida, che è per sempre, al cuore del potere. «Io sono re, ma il mio regno non è di questo mondo». Come per dire: «Il mio regno cambierà questo mondo. Un'altra è la verità della storia. Io ne sono testimone». Le parole greche originarie suonano così: io sono il martire della verità. E che cos'è la verità? Non una idea, ma una vita; non una nozione, ma una persona, la sua, con il suo breve perimetro di carne e sangue spezzato sulla croce. La verità non si dimostra, si mostra, con parole e voce, con scelte e rifiuti, con gesti e martirio. Gesù è un re che non ha mai abitato nelle regge. Una sola volta ci è andato, per essere condannato a morte. Non ha mai portato armi, non ha mai arruolato eserciti. Non manda a morte nessuno per lui, ma muore lui per tutti. Il suo primo trono fu una greppia, l'ultimo la croce. Da quella non ha voluto scendere, anche se poteva scendere. È stato tentato dal potere, da tutte le mie stesse tentazioni, e ha detto di no, è l'unico che ha detto di no. Ha sempre servito e mai comandato. Ha promulgato una sola legge: amatevi. È un re che non ha mai ingannato nessuno, il suo parlare era sì, sì; no, no. È l'unico re che ha detto la verità, sempre, anche per questo il suo Regno non può essere di questo mondo. Eppure: «Per questo sono nato, per testimoniare un Dio che ama, per un martirio d'amore». Cristo è re per il suo martirio. La sua regalità non consiste nel disporre di terre e di eserciti, nel comandare a malattie o tempeste, a stelle od oceani, ma nella testimonianza d'amore. Regalità umanissima, e possibile anche a me, a noi, a un mondo nuovo, dove tutti, tutti sono uguali. Cristo è re perché la sua figura è generativa di umanità; perché innesta bisogni inediti, crea una tensione a fiorire, un avanzamento dell'umano. «Chiunque è dalla verità ascolta la mia voce». Il nostro compito è un cuore che ascolta. Per l'uomo biblico Dio è voce, e sguardo geloso di ciascuno. Un giorno questa voce prende volto, ed è Gesù. Nell'incontro con il Volto in cui prende forma la Voce, inizia la mia fede. Vedendo lì il martirio di un Dio che ama. A lui mi do, perché lui a me si è dato. Do fiducia a un Dio che da fiducia. Credo in lui, non perché è credibile, ma perché lui crede in me. Quasi una fede nella fede, un duplicarsi di fede. Questo sarà il re che io servirò, perché questo re è il solo che si è fatto mio servitore. |