Omelia (05-09-2012) |
Riccardo Ripoli |
La donna cominciò a servirli L'Amore per qualcuno, la riconoscenza, la gioia sono sentimenti che non ti fanno perdere nemmeno un minuto. Mi ritrovo spesso alla sera a dover andare a letto perché stremato, ma vado sempre controvoglia perché mi metto a letto con il pensiero delle mille cose da fare ed elaborare, con gli embrioni delle idee per far conoscere l'affido, con la speranza di trovare le parole giuste per arrivare al cuore della gente e dei miei ragazzi. La notte mi sveglio spesso con qualche possibile soluzione nella testa ed il più delle volte non riesco a riaddormentarmi. Mi alzo e dopo pochi minuti sono già operativo. E' amore verso Dio, verso i tanti ragazzi che popolano questa terra strisciando nella polvere, patendo la fame, le violenze, l'abbandono. Come possiamo dormire tranquilli, come facciamo a stare rilassati in poltrona quando sappiamo che fuori dalla nostra porta di casa ci sono migliaia di persone che soffrono? Pensiamo che non siamo noi a dovercene occupare, ma è un grandissimo errore. Le istituzioni, sempre che funzionino, possono dare tantissime cose: l'abitazione, il cibo, la protezione, il vestiario, il riconoscimento di diritti negati, ma ciò di cui queste persone hanno veramente bisogno possiamo darglielo solamente noi: l'amore, la gioia di vivere, la speranza, l'affetto, la solidarietà, la mano mentre lasciano la vita, un sorriso mentre sono in prigione. Nel Vangelo di oggi Gesù guarisce una donna in fin di vita, ma quello che più colpisce è l'immediatezza di costei a servire Gesù e gli altri commensali, come se la malattia fosse stata solo una parentesi della vita, un attimo buio che un istante dopo faceva parte di un passato lontano. Servire il nostro prossimo, immediatamente, ecco cosa dovremmo fare. Non c'è da perdere un solo istante perché le cose da fare sono tantissime, perché noi abbiamo avuto la grazia di essere sani, abitare una bella casa, vivere in una famiglia che ci ha amato sin dalla nascita e non ci ha mai fatto mancare nulla, mentre ci sono persone che urlano il loro dolore. Come si fa a tapparsi le orecchie dinanzi a tanta sofferenza? Come si fa a far finta di nulla, ad abituarsi allo strazio quotidiano di migliaia di nostri fratelli, figli, genitori abbandonati in ospedali, carceri, famiglie che li maltrattano? Come fate a dormire, riposare, giocare quando in tanti accanto a voi grondano gocce di sangue? La donna del Vangelo non ha perso un solo istante per mettersi a disposizione del suo prossimo, non ha perso un solo minuto per ringraziare e lodare Gesù per il bene che le aveva fatto. Noi siamo stati sanati dalla febbre ancor prima di ammalarci, siamo stati graziati perché nati in una nazione dove c'è democrazia, in famiglie sane, con il piatto in tavola ogni giorno, non sentite il bisogno di ringraziare chi vi ha donato tutto questo? Non sentite la necessità di sdebitarvi, di donare ogni attimo della vostra vita a chi ha avuto meno doni di voi? Se la risposta fosse si, non perdete tempo, uscite di casa e andate ad aiutare coloro che incontrate e che hanno bisogno di voi. Se la risposta è no guardatevi allo specchio e vedrete una persona che pretende l'equità, la par condicio, l'uguaglianza, ma solo quando fa comodo a lui, quando si tratta di elevarsi, di migliorare la propria condizione sociale, di mettersi alla pari con coloro che sono sopra di noi, ma mai ci viene in mente di combattere affinché chi ha meno di noi abbia almeno quanto abbiamo noi perché sarebbe una fatica dover rinunciare a qualcosa che abbiamo per darlo agli altri, fosse anche una sola ora del nostro tempo. |