Omelia (09-09-2012) |
padre Ermes Ronchi |
La bellezza di aprirsi a Dio e agli altri Portarono a Gesù un sordomuto. Un uomo imprigionato nel silenzio, che non può comunicare, chiuso. Eppure privilegiato: non ha nessun merito per ciò che gli sta per accadere, ma ha degli amici, una piccola comunità di gente che gli vuol bene e lo porta davanti a Gesù. Il sordomuto, icona di ognuno che venga alla fede, racconta così il percorso di guarigione per ogni credente. Allora Gesù lo prese in disparte, lontano dalla folla. È la prima azione. Io e te soli, sembra dire. Ora sono totalmente per te, ora conti solo tu. Li immagino occhi negli occhi, e Gesù che prende quel volto fra le sue mani. E seguono gesti molto corporei e delicati: Gesù pose le dita sugli orecchi del sordo. Non il braccio o la mano, ma le dita, come l'artista che modella delicatamente il volto che ha plasmato. Come una carezza. Poi con la saliva toccò la sua lingua. Gesto intimo, coinvolgente: ti do qualcosa di mio, qualcosa che sta nella bocca dell'uomo, insieme al respiro e alla parola, simboli dello Spirito. Gesù, all'opera con il corpo dell'uomo, mostra che i nostri corpi sono laboratorio del Regno, luogo santo di incontro con il Signore. Guardando quindi verso il cielo... gli disse: Effatà, cioè: Apriti! Come si apre una porta all'ospite, una finestra al sole, le braccia all'amore. Apriti, come si apre uno scrigno prezioso. Apriti agli altri e a Dio, anche con le tue ferite, che possano diventare feritoie, attraverso le quali passi il vento della vita. Il primo passo per guarire, è abbandonare le chiusure, le rigidità, i blocchi, aprirsi: Effatà. Esci dalla tua solitudine, dove ti pare di essere al sicuro, e che invece non solo è pericolosa, è molto di più, è mortale. E subito gli si aprirono gli orecchi, si sciolse il nodo della sua lingua e parlava correttamente. Prima gli orecchi. Simbolo eloquente: sa parlare solo chi sa ascoltare. Gli altri parlano, ma mentre lo fanno innalzano barriere di incomprensione. Primo servizio da rendere a Dio e all'uomo è l'ascolto. Senza, non c'è parola vera. Nella Bibbia leggiamo di una preghiera così bella da incantare il Signore. Di questa sola è detto che il Signore rimane affascinato. Nella notte che precede l'incoronazione, il giovane Salomone chiede a Dio: «Donami un cuore docile, un cuore che ascolta!» E Dio risponde, felice: «Poiché non mi hai chiesto ricchezza, né potenza, né lunga vita, tutto questo avrai insieme al dono di un cuore che ascolta!» Dono da chiedere sempre. Instancabilmente, per il sordomuto che è in noi: donaci, Signore un cuore che ascolta. Perché è solo con il cuore che si ascolta, e nasceranno parole profumate di vita e di cielo. |