Omelia (10-09-2012)
Casa di Preghiera San Biagio FMA
Commento su Prima Corinzi 5,1-8

Cristo, nostra Pasqua, è stato immolato! Celebriamo dunque la festa non con il lievito vecchio, né con lievito di malizia e di perversità, ma con azzimi di sincerità e di verità.
1Cor 5,1-8


Come vivere questa Parola?

La liturgia odierna ci propone un brano scomodo che può provocare reazioni diverse: quella del giudice spietato nei confronti degli altri, che facilmente sconfina nel fariseismo magari inconscio; oppure si può provare un moto di rifiuto quasi che Paolo esageri fino a scadere in un atteggiamento anticristiano: il peccatore va capito aiutato!

Certo: Gesù non ha mai condannato nessun peccatore, si è chinato su di loro, ha frequentato le loro case, ha dichiarato di essere venuto proprio per loro, ma per liberarli dalla schiavitù del peccato e non per accarezzare le loro catene anestetizzandoli. Liberi si è solo nella verità: sono parole di Gesù!

Ciò di cui l'uomo d'oggi ha estremo bisogno è proprio di trovare chi con coraggio e credibilità torni a schiudergli lo scrigno dei valori autentici, sottraendolo così allo sbandamento e alla confusione di cui è vittima. Questa è la carità più grande e più autentica, una carità alleata della verità!

Ovviamente tutto ciò va fatto con tatto, con rispetto, senza atteggiarsi a giudici e pronunciare condanne, ma richiamando alla propria dignità umana, prima ancora che cristiana.

Per chi crede, poi, c'è un motivo in più: la pasqua di Cristo è presente nell'oggi della storia, con il gioioso annuncio di una novità di vita che ci è donata e in cui siamo chiamati a lasciar trasparire il nostro essere immagine di un Dio che è santo, il nostro essere figlio di un Padre che è ricco di misericordia e di perdono, ma che, proprio perché ama, non vuole vederci barattare la nostra grandezza con le ghiande del figlio prodigo.

Nel mio rientro al cuore, mi lascerò interpellare da Gesù che mi vuole coraggioso testimone della verità nella carità.

Insegnami, Signore, a fare la verità prima dentro di me, perché non scada nell'atteggiamento né del giudice spietato né in quello del medico pietoso che accarezza ma non cura le piaghe o, peggio ancora, che così tacita la propria coscienza assolvendosi mentre assolve.

La voce di un martire

Fratelli, quando predichiamo la Parola del Signore, non solo denunciamo le ingiustizie dell'ordine sociale. Denunciamo ogni peccato che è notte, che è ombra: ubriacature, abbuffate, lussurie, adulteri, aborti. Tutto ciò, che è il regno dell'iniquità e del peccato, scompaia dalla nostra società. Oscar Romero