Omelia (16-09-2012) |
Giovani Missioitalia |
La gente chi dice che io sia? In queste settimane nell'Unità pastorale di cui fanno parte, oltre alla nostra, anche altre tre piccole parrocchie di collina, un gruppo di ventitre giovani (ragazzi e ragazze) si sta preparando a ricevere il sacramento della Confermazione (Cresima), seguendo un preciso e intenso percorso formativo coordinato dal parroco con la collaborazione di alcune catechiste. Domenica scorsa sono stati esposti, in ognuna delle quattro chiese parrocchiali, i fogli sui quali ogni cresimando ha descritto le ragioni di questa scelta volontaria con la quale intende riconfermare le proprie promesse battesimali davanti alla comunità cristiana, ricevendo il dono dello Spirito Santo. Uno dei fogli riportava una frase semplice e sintetica: «mi ritengo un bravo ragazzo ed anche gli anziani del mio paese dicono che lo sono, per questo sento il dovere di far parte completamente di questa comunità ricevendo il sacramento della confermazione». Sono gli anziani del paese, come espressione della comunità, che fanno la differenza, non importa cosa dice Tizio o Caio, ma è l'atteggiamento di accoglienza che l'insieme della comunità è in grado di esprimere, che ha dato motivo a quel giovane di confermarsi nella fede, anche tra le insicurezze e i dubbi propri dell'età adolescenziale Troppo spesso, però, i media ci presentano immagini di personaggi pubblici quasi totalmente avulsi dalla realtà, intenti solo a mantenersi in vita nei sondaggi di opinione che, quasi sempre, mascherano colossali ipocrisie. Con il "cosa pensa la gente?", poi, si fanno processi televisivi sommari a questo o quel personaggio pubblico (della politica, dello spettacolo, dello sport, ecc.), si "sbatte il mostro in prima pagina", si alimentano faide famigliari e persino guerre tra gli Stati. Ma, alla fine, quello che davvero conta se vediamo bene anche dall'esempio che ci viene offerto da Pietro ("tu sei il Cristo") nel brano del Vangelo di Marco (Mc 8,27-33), è ciò che pensa di noi chi ci sta vicino, le persone con le quali condividiamo la nostra vita in famiglia, nella chiesa e nella società, proprio come ha magistralmente espresso quel ragazzino riferendosi agli anziani del paese. E' attraverso questi 'testimoni' della nostra vera e unica identità che possiamo trovare il coraggio e la forza di manifestare e vivere una fede matura. Non sono certo gli stessi anziani, con i sommi sacerdoti e gli scribi, a cui si riferisce quel brano di Vangelo; per loro, colui che Pietro ha riconosciuto come il Messia, al massimo non è altro che una riapparizione di Giovanni Battista, o di Elia, oppure di qualche altro Profeta. Un semplice disturbatore della coscienza pubblica, insomma! Perché Gesù propone ben più dei riti sacrificali avvolti da folate d'incenso e da ripetitive orazioni in uso a quei tempi (e non solo). A chi lo segue perché ne riconosce la vera identità di Figlio di Dio, Gesù chiede una conversione, chiede di servire i poveri, e di accettare nella speranza della resurrezione le sofferenze che questa scelta per i poveri comporta. E chissà quante volte avrà provato questa sensazione di malinteso, di essere scambiato ora per un santo-profeta e ora per un dispensatore di illusioni, il Vescovo missionario che celebrerà le cresime di quei ventitre ragazzi. Sì, perché anche per un Vescovo, missionario ancora attivo nella sua terra d'Africa nonostante il 'pensionamento' per raggiunti limiti di età, non è facile esercitare il proprio ministero pastorale; tra popolazioni che non hanno una tradizione cristiana e che alla domanda "Chi dice la gente che io sia?" incontra risposte ben più fantasiose e pittoresche della gente che stava nei villaggi di Cesarea di Filippo quando passava di là Gesù. Ma è proprio per questo far conoscere Gesù al mondo intero, che dobbiamo partire da noi stessi dando ogni giorno testimonianza della nostra fede. Il commento al Vangelo di domenica 16 settembre Mc 8, 27-35 è di Anita Cervi e Beppe Magri della Diocesi di Verona. Da quasi tre anni stanno vivendo un'esperienza particolare, che potremmo definire di carattere missionario, come laici e come famiglia, nella canonica di una parrocchia appartenente ad un'Unità Pastorale della Diocesi di Verona. |