Omelia (16-09-2012) |
don Alberto Brignoli |
La logica della Croce Mi fa una certa impressione ascoltare le parole della Liturgia di questa domenica nel mese di settembre, quando sta per terminare l'estate e ci avviamo verso l'inizio dell'autunno, con la ripresa di tutte le ordinarie attività, lavorative, scolastiche e pastorali. Mi fa impressione perché sono parole che siamo abituati ad ascoltare durante la Quaresima, o meglio durante i suggestivi riti della Settimana Santa (la prima lettura è proprio la stessa della Domenica delle Palme), e non certo a metà inoltrata del cammino del Tempo Ordinario. Mi fa impressione perché la ripresa delle attività dopo il riposo o per lo meno dopo il ritmo blando dell'estate è per me stimolo di vitalità, di voglia di ripartire, di slancio rinnovato...e invece il Vangelo di oggi mi parla di morte, e di morte in croce. Mi fa impressione perché pensavo che seguire Cristo fosse percorrere una strada di luce e di gloria, con tanta voglia di vivere la vita fino in fondo...invece la Parola di Dio mi dice che per trovare la vera vita devo perderla... Qualcosa, in tutto questo non mi quadra. Continuo a rimanere impressionato, di fronte a un Dio che invece di apparire forte e potente, vincitore del male e della morte, risulta debole e incapace, soggetto ai flagelli, agli insulti, agli sputi, alle percosse, e poi alla morte violenta. In fondo, mi fa impressione la Croce. Mi fa impressione perché non la comprendo, spesso addirittura la rifiuto, la fuggo, la combatto, la aborrisco, eppure quando la guardo, la penso o la contemplo, mi affascina... È il potere che esercita su di noi questo Dio terribile e affascinante, meraviglioso e tremendo, morente e risorto al tempo stesso. Ma ad affascinarmi è soprattutto la logica del Cristianesimo. Quella logica per cui il nostro Dio è il più potente di tutti nonostante sia il più debole, anzi forse proprio perché è il più debole... Quella logica per cui se vuoi guardare Dio e parlargli a quattr'occhi dicendogli quello che pensi di lui veramente, "rimproverandolo", come fa Pietro, prima devi metterti dietro di lui e seguirlo anche dove tu non vuoi... Quella logica per cui un attimo prima fai la tua professione di fede nel Cristo, e lo proclami Signore della Vita e della Storia, più grande dei grandi della storia, più di ogni profeta, e un attimo dopo ti senti dire da lui "satana", ovvero avversario, colui che mette i bastoni tra le ruote alla storia della salvezza solo perché la tua logica non è la sua. Ma che logica è quella di Dio, se lui è davvero l'Altissimo e l'Onnipotente e poi si lascia trasfigurare dal dolore e dalla morte come un uomo qualsiasi? Che logica è quella di una vita da salvaguardare sempre ed in ogni momento dal concepimento fino alla morte, quando poi ti viene detto che "se vuoi salvare la tua vita la devi perdere" e per di più, se la perdi per Dio e per il Vangelo, la salvi? In questa logica, in questo "pensare secondo Dio" c'è qualcosa che non funziona, qualcosa che non combacia per niente con il pensare in maniera umana, "secondo gli uomini". O forse è l'esatto contrario: è nella logica umana che c'è qualcosa che non combacia con la logica di Dio, e del Dio di Gesù Cristo in modo particolare. La logica umana non riesce a coincidere con quella del Dio di Gesù Cristo. Ma non riesce nemmeno a correre parallelamente ad essa, perché ci sono delle cose che sono in comune, che vanno d'accordo, che si intersecano, che si intrecciano, che si in...crociano, che formano una croce... E queste cose che si incrociano tra l'umano e il divino, tra il pensare di Dio e il pensare degli uomini, queste cose che sono in comune tra il Dio di Gesù Cristo e l'uomo sono appunto tutte le cose che - lungi da una logica perversa - riguardano l'umano: la vita, la morte, i sentimenti, le sensazioni, le sofferenze, il corpo, le malattie, le gioie, i dolori, le arrabbiature, i limiti... Su tutto ciò che è profondamente umano, il Dio di Gesù Cristo e l'uomo si incrociano, e formano una croce, segno di salvezza e di forza perché l'intreccio è talmente profondo, forte, radicato, che nessuna realtà di questo mondo, né la morte né la vita, ci potrà mai separare dall'amore di Cristo. Perché la croce continua a essere un abbraccio infinito tra la terra e il cielo... Ma su ciò che non è di Dio, e quindi, per Gesù Cristo, in realtà non può essere nemmeno umano, ma è "avverso a Dio", "avversario di Dio", "satanico", le logiche di Dio e degli uomini non possono coincidere, e quindi il Dio di Gesù Cristo ci chiede di ritornare dietro a lui, di fare i bravi discepoli, e di imparare innanzitutto a seguirlo prendendoci sulle spalle la nostra croce di ogni giorno. E quali sono queste logiche che "non sono di Dio" e che, fino al Pietro di Cesarea di Filippo, "sono solamente degli uomini"? Sono le logiche del potere, della ricchezza, dell'accidia, dell'orgoglio. Le logiche che attraverso il potere pretendono fare di Dio un padrone assoluto invece di un Padre amoroso; le logiche che attraverso la ricchezza pretendono fare di Dio un signore ricco e senza problemi invece di un Dio operaio che prova fame, sete e fatica; le logiche dell'accidia che osano fare di Dio un motore immobile che muove l'universo e ne controlla gli automatismi senza farsi smuovere da nulla, invece di un Dio Amore che muove il mondo perché lo attrae fatalmente a sé, perdutamente innamorato; le logiche dell'orgoglio che satana l'avversario ci ha messo in testa da quel pomeriggio del "Dove sei?", nell'Eden, e che pretendono di fare di Dio uno qualsiasi, possibilmente inferiore a noi, invece di ridare a Dio il suo posto, e all'uomo il suo. A ognuno dei due, il proprio posto. Il primo, Dio, davanti, con la croce sulle spalle, trascinandosi il palo verticale, come a tracciare in terra una scia, un cammino da seguire; il secondo, l'uomo, subito dopo, e comunque dietro di lui, con la sua piccola croce quotidiana, diversa ogni giorno, e forse ogni giorno sempre più grande. Eppure, se sta dietro a Colui che gli cammina avanti, la troverà stranamente ogni giorno sempre più leggera. |