Omelia (19-09-2012)
Riccardo Ripoli
Vi abbiamo suonato il flauto e non avete ballato; vi abbiamo cantato un lamento e non avete pianto!

Quante volte capita di fare qualcosa pensando di essere nel giusto, aiutare un bambino, un povero, un carcerato, e ci sentiamo criticati e talvolta attaccati. Quante volte vediamo chi fa altro ed è anch'esso biasimato. Chiunque oggigiorno, ma è così da sempre, muova un dito viene censurato qualunque cosa faccia. Facciamocene una ragione, l'impulso umano porta molte persone ad aprire bocca e a dargli fiato. Come dovremmo comportarci? Dovremmo stare attenti a non fare ciò che potrebbe essere messo sotto accusa? Se così fosse non dovremmo fare più nulla, ma anche oziare sarebbe deplorato. Ed allora? Se cercassimo di accontentare quando l'uno e quando l'altro ci muoveremmo male, passeremmo dal fare una cosa al farne un'altra con grande rapidità e senza mai entrare in profondità. E sembra proprio che in molti facciano così. Non c'è più costanza nello svolgere un servizio, un'attività. Nel mondo del volontariato ci sono due aspetti che serpeggiano e di cui tutte le associazioni si lamentano: mancanza di volontariato e abbandono dei volontari. La prima è data da una parte dall'egoismo sempre più forte e dall'altra perché ci sono sempre più persone che hanno bisogno di aiuto, pertanto ci vorrebbero sempre più persone per accudirli. L'abbandono da parte dei volontari dei progetti intrapresi è dato in massima parte dall'incostanza e dall'ascolto delle critiche al loro operato.
Mi domando, ma quale è allora la cosa giusta da fare? La risposta è molto semplice, è dentro di voi. E' giusto ciò che reputiamo essere la cosa migliore per gli altri. Se siamo convinti che stiamo facendo del bene, tutto il resto non importa. Non ha alcuna importanza se chi fa affidamento si sente dire frasi del tipo "chi te lo fa fa fare di occuparti di figli d'altri", se chi si occupa di carcerati riceve critiche del tipo "sono la feccia dell'umanità, lascia che vivano una vita di stenti", se coloro che si chinano a dare una zuppa calda ai barboni la sera vengono additati come quelli che non hanno di meglio da fare che buttare soldi e tempo in una battaglia senza risultati. E chi fa affidamento, chi fa volontariato troverà sempre qualcuno che lo biasimerà. La nostra convinzione è la nostra miglior arma contro i nostri detrattori, l'esempio che daremo sarà lo stimolo per altri a soppesare le parole e magari rimboccarsi le maniche per venire a darci una mano.
Non vi sto a raccontare in ventisei anni quali e quante critiche abbiamo ricevute, alcune anche molto pittoresche, specie da persone che non ci hanno nemmeno mai incontrato, non hanno mai visto il volto sorridente dei nostri bambini. Non ci siamo mai fermati e mai abbiamo pensato di farlo, né adesso né in futuro. Il nostro progetto di vita verso i ragazzi finirà se e solo quando lo vorrà il Signore, nemmeno la nostra morte fisica potrà fermarlo se, come diceva Madre Teresa, è opera di Dio.
Ci vuole coraggio nel muoversi in mezzo a mille critiche gratuite. Ci vuole pazienza per non fare continue guerre con il mondo. Ci vuole discernimento perché abbiamo il dovere di ascoltare tutte le critiche per elaborarle, capirle e valutare quali siano quelle da tenere nella giusta considerazione per registrare il motore trainante delle nostre attività. Ma tutto questo non ci deve portare a mollare la presa.
Il Signore ci dona una bellissima frase "alla sapienza è stata resa giustizia da tutti i suoi figli", ovvero i fatti, le nostre azioni ci renderanno giustizia e faremo vedere a coloro che con superficialità o cattiveria ci criticano, quale sia la strada maestra da percorrere, cioè l'aiuto verso le persone che soffrono, chiunque esse siano.