Omelia (23-09-2012) |
don Luciano Cantini |
Una sapienza potente Essi però non capivano queste parole Come è possibile capire? Solo i delinquenti vengono consegnati nelle mani di chi li ucciderà, o forse anche un giusto che va controcorrente, che non sa rispettare chi è al potere e "rinfaccia le trasgressioni contro l'educazione ricevuta" (Sap 2,12), ma non il Cristo perché il Messia è, nell'immaginario dei discepoli, destinato a conquistare il potere, non a subirlo. In fondo era questa la cultura dell'epoca, il messaggio religioso in cui sono cresciuti i discepoli di Gesù. Anche noi, la nostra storia, la nostra cultura ci insegna ad essere comunque dei vincenti; in maniera consapevole o inconsapevole siamo spinti verso una concorrenza più o meno spietata ed un carrierismo orientato alla supremazia. È lo scalino più alto del podio della vita che interessa. Questa voglia di supremazia sembra talmente connaturale all'uomo che né gli uomini di Chiesa, né nella Chiesa, né la Chiesa stessa ne è esente (nella basilica romana di san Pietro alcune stelline nel pavimento indicano la misura di altre chiese nel mondo e sono tutte più piccole). «Di che cosa stavate discutendo per la strada?» Lungo la strada - nel percorso della storia e della vita - l'uomo parla delle sue aspirazioni umane, dei desideri del suo cuore, delle risposte che la religione sembra offrire alle sue prospettive. Perché ogni religione cammina insieme all'uomo per offrire in ogni tempo soluzioni agli interrogativi più profondi, orientamenti e regole del convivere; nel lento scorrere della storia la dinamica tra religione e vita cerca e trova soluzioni e adeguamenti. Il pensiero dei cristiani di oggi, i loro criteri di giudizio, assomigliano a quelli di ogni persona perbene, indipendentemente dalla sua fede. La fede oggi sembra essere più la risposta ad un bisogno personale intimo che lo stimolo a giudizi e comportamenti; sono altri i criteri su cui anche l'uomo di fede basa le proprie scelte concrete. La storia si è messa a correre velocemente e questa dinamica tra religione e vita sembra essersi interrotta, la religione è messa fuori corsa dalla ragione e dalla critica, dunque o la religione si arrocca fanaticamente in visioni vecchie del mondo, o ritrova il senso più profondo di se stessa. Per noi cristiani il senso più profondo è dato da una sapiente lettura, nello Spirito, del Vangelo. Il nostro spirito, libero dalle aspirazioni della carne, deve ritrovare nelle parole antiche del Vangelo lo Spirito di Dio che suggerisce cose nuove e cose antiche (Mt 13,52). Gesù chiama a sé i suoi discepoli per insegnare loro "la sapienza che viene dall'alto" (Gc 3,17) che è pura, pacifica, mite, arrendevole. È una sapienza senza epoca e universale che il Messia è chiamato ad incarnare. E, preso un bambino, lo pose in mezzo a loro e, abbracciandolo, disse loro Il gesto vale più delle parole, ma oggi quel gesto è frainteso da una sorta di romanticismo e sentimentalismo creato in un'altra epoca ambigua della nostra storia. Per Pietro e i suoi discepoli i bambini sono un nulla, impotenti e fragili (la mortalità infantile era altissima), affidati al mondo femminile, sono l'uomo ancora non realizzato, ultimo fra tutti. Gesù abbraccia, si fa carico di quella condizione infraumana... nel bambino sta abbracciando il mistero della croce, come un servo impotente ed incapace di difesa (Sap 2,19), Gesù è quella Sapienza arrendevole, mite e umile di cuore (Mt 11,29). Aver preso un bambino, averlo messo "nel mezzo", e non ai margini, averlo abbracciato è il gesto del Messia inviato dalla potenza di Dio, è il gesto che distrugge la logica stessa del potere. |