Omelia (23-09-2012) |
mons. Antonio Riboldi |
Se qualcuno vuol venire dietro di me... Negli anni passati erano numerose e frequenti le occasioni di incontrarmi per un dibattito con alunni dei vari livelli scolastici. E Dio sa quanto, soprattutto gli adolescenti abbiano bisogno di conoscere, sentire persone che con serietà offrano loro degli spunti, attraverso la loro esperienza di vita vissuta. Sappiamo tutti come oggi - forse più di sempre - tante volte gli adolescenti siano circondati da un vuoto di proposte, un vuoto che dovrebbe essere colmato da pagine profonde di vita: quella vita che li attende e che, volenti o nolenti, dovranno interpretare. Un'interpretazione che necessità di basi fondamentali, che solo una serie e buona formazione, rivolta a cercare la ragione della loro esistenza agli occhi del Padre che li ha creati, può dare. Aprire il cuore e la mente alla ricerca paziente e costante dei disegni del Padre sulla nostra vita personale e comunitaria è la vera educazione alla vita. L'adolescienza è davvero un tempo in cui si possono porre radici solide, per orientare alle vere prospettive della vita, perché possa essere umanamente e spiritualmente realizzata in tutta la sua pienezza. Ma è così? Di fatto fa impressione, oggi, la cronaca di troppi adolescenti che sembrano smarriti di fronte e spesso a causa di una visione di vita che in famiglia, nella scuola, nella società non presenta linee serie programmate che, che svelino le ragioni della loro creazione da parte del Padre. Hanno tutto, sono educati a voler tutto e subito, ma non sanno 'chi sono e perché vivono' . Ma nessuno, che viene a questo mondo, può sottrarsi alla responsabilità di vivere. La vita non è un caso, né un gioco, ma un meraviglioso percorso, se siamo consapevoli di essere stati presi per mano dal Padre, che ci ha affidati ai nostri genitori, il cui dovere è di indicarci i primi passi da compiere secondo Dio e non secondo il mondo. Diventati adolescenti e giunti alla maturità, toccherà poi a ciascuno accollarsi la responsabilità delle proprie scelte. Ma quanta responsabilità abbiamo noi adulti, affinché ciò sia possibile. Ricordo un incontro con alunni di una scuola media, per un botta e risposta spontaneo, che svelasse il loro pensiero sulla vita, a cominciare dalla fede. Erano ragazzi e ragazze che nulla facevano per nascondere il loro culto del benessere, che sembrava la sola ragione, almeno superficiale, della grande responsabilità che li attendeva. Il dialogo si avviò con difficoltà, anche perché i ragazzi non sapevano cosa chiedere ad un vescovo, che ammiravano, ma che appariva come una persona di cui era difficile capire le ragioni della sua scelta e soprattutto il senso profondo del suo ministero. A bruciapelo feci una domanda: 'Chi vorreste essere nella vita, quando sarete grandi?' Si levò un coro di voci diverse, che urlavano - letteralmente - il nome di personaggi per loro famosi del mondo dello spettacolo e dello sport. Volendo guidarli ad una riflessione più profonda formulai la domanda in un altro modo: 'Ammettiamo che voi desideriate la vera felicità, quella maiuscola, che poi è la vera grandezza agli occhi di Dio, vorreste essere come S. Francesco, che da ricco si fece povero o come uno sceicco, di quelli ricchi sfondati?'. La risposta, anche questa volta, fulminea: 'Come sceicchi!'. Viva la sincerità, possiamo dire, ma se questo pare un fatto isolato, che riguarda ragazzini, la dice però lunga su quello che sognano di realizzare da adulti. Ma possiamo davvero, anche solo umanamente, considerare 'sogno' un tale livello di aspettativa? Desiderio di celebrità, di ricchezza, di potere, - valori sì, ma che passano inesorabilmente - e nulla hanno a che fare con la bellezza che Dio vuole costruire in noi e attraverso la nostra vita, 'chiamati ad essere santi come Tu sei santo'. Purtroppo una visione solo limitata alla dimensione terrena, materiale, non riguarda solo il sogno degli adolescenti, che poco sanno della vita e delle sue difficoltà, come le conosciamo ormai noi, ma purtroppo, molte volte, è proprio 'il sogno' su cui troppi adulti sacrificano tutto, per poi trovarsi nelle mani un briciolo di apparente felicità, a cui fa seguito il vuoto, che non aiuta nella dura lotta della quotidianità. Era il sogno che cullavano quanti seguivano Gesù: un falso sogno, che diventava un ostacolo tremendo per comprendere la verità annunciata dal Maestro. Basta leggere il Vangelo di oggi: "Gesù e i suoi discepoli attraversavano la Galilea, ma egli non voleva che alcuno lo sapesse. Istruiva i suoi discepoli e diceva loro: 'Il Figlio dell'uomo sta per essere consegnato nelle mani degli uomini e lo uccideranno: ma una volta ucciso, dopo tre giorni, risorgerà'. Ma essi non comprendevano queste parole e avevano timore di chiedergli spiegazione. Giunsero intanto a Cafarnao. E quando fu in casa chiese loro: 'Di che cosa stavate discutendo lungo la via?'. Ed essi tacevano. Per la via infatti avevano discusso tra di loro chi fosse il più grande. Allora, sedutosi, chiamò i dodici e disse loro: 'Se uno di voi vuol essere il primo, sia l'ultimo di tutti e il servo di tutti'. E preso un bambino lo pose in mezzo e abbracciandolo disse loro: 'Chi accoglie uno di questi bambini, accoglie me, ma chi accoglie me, non accoglie me, ma Colui che mi ha mandato''. (Mc. 9, 30-37) Veramente dura la risposta di Gesù, che vuole scuotere anche noi, oggi, poiché è la sola verità di ogni vita: "Se uno di voi vuoi essere il primo, sia l'ultimo di tutti e il servo di tutti'. Vivere senza saper donare la vita a Cristo e, per Lui, ai fratelli, nel quotidiano, è un Vivere superficiale, un vivere 'a metà'. Occorre dare alla vita una dimensione più ampia, completa, che solo il senso del dono garantisce, poiché la vita stessa ci è stata donata. Ma per questo occorre fare piazza pulita dei falsi sogni terreni, l'essere primo, emergere su tutto e tutti, essere ricco e importante, essere celebre, avere visibilità: 'sogni' che riducono la vita ad una scalata al potere e al prestigio, senza esclusione di colpi. È la grande tentazione di sempre, fin dalle origini: 'Sarete come Dio!' a cui non è sfuggito neppure Gesù, quando fu tentato da satana nel deserto. Tutti siamo soggetti alla tentazione della superbia, che illude l'uomo di essere quello che non è, di poter bastare a se stesso, magari a danno degli altri. Solo l'umiltà e la semplicità ci rendono capaci di conoscere ed accettare la nostra povertà, affidandola al Padre, "Datore di ogni bene" sapendo che 'tutto concorre al bene per chi ama il Signore'. Ricordo spesso gli incontri con Padre Clemente Rebora, mio confratello rosminiano. Trascorremmo l'estate insieme, nel silenzio della Sacra di S. Michele (TO). Facevamo passeggiate insieme. Ero novizio e nulla sapevo della sua riconosciuta grandezza di poeta e della sua conversione, ma ne avvertivo l'autorevolezza. Cercavo di fare sfoggio di ciò che leggevo e sapevo. Certamente lui, scrittore, mi avrà compatito - anche se mai diede a vederlo - mentre io non percepivo la mia ignoranza al suo confronto. È quello che tutti rischiamo di vivere: ci facciamo un altare, su cui collocarci, senza capire che il nostro posto è 'essere lo sgabello per i Tuoi piedi'. Ci vuole tanta umiltà, che è la virtù che ci mostra la verità di ciò che siamo di fronte alla grandezza di Dio - 'Sono la serva del Signore' dichiara Maria all'angelo - e, contemporaneamente, ci fa comprendere quanto da Lui siamo amati, nonostante, anzi, grazie alla nostra pochezza - 'grandi cose ha fatto in me l'Onnipotente' proclama, lodando il suo Signore - Non resta che chiedere a Dio il dono dell'umiltà, che ci avvicina al Padre e ci tiene lontani da quei sogni di stupida superbia umana, che svilisce la nostra vera bellezza di creature amate dal Signore. Affidiamoci a Maria che con discrezione e nel silenzio ha accompagnato il Figlio nei momenti più importanti della Sua missione tra di noi: dall'Annunciazione al Natale di Gesù, rifiutato dai superbi e accolto dagli umili pastori e Magi nella grotta di Betlemme; nella ricerca per tre giorni del Figlio, ritrovato a 12 anni, Maestro tra i Dottori nel tempio e per tutto il lungo cammino di formazione dei 30 anni di vita nascosta a Nazareth. Quando Gesù, ormai adulto, darà inizio alla sua missione, Lo seguirà, senza quasi farsi notare, Discepola tra i discepoli, fino alla Croce, dove ci sarà donata dal Figlio come Mamma, cioè guida nella fede, nella preghiera, nell'attesa della Pentecoste, quando continuerà nello Spirito la missione affidatagli e lo fa ancora oggi: esserci vicina per aiutarci a diventare, come Lei, discepoli fedeli del Suo Figlio, nella semplicità e bontà di vita. |