Omelia (23-09-2012) |
Riccardo Ripoli |
Se uno vuol essere il primo, sia l'ultimo di tutti e il servo di tutti Ognuno di noi ha l'indole innata di voler primeggiare. Chi da bambino non avrebbe voluto essere il primo della classe, ricevere il voto migliore dalla maestra insieme alle sue attenzioni, avere il regalo più bello a Natale da mostrare agli amici. Da grandi non avete mai voluto essere quelli con la macchina più bella che tutti guardano, o la donna meglio vestita ad una festa invidiata da tutte? Alzi la mano chi non ha passato un periodo del genere, io sono fra coloro che amava primeggiare. Facevo di tutto per essere il primo, ma non sempre, anzi, quasi mai, ci riuscivo. Ho fatto le gare di pesca subacquea ed arrivavo ventesimo su quaranta, a scuola non ne parliamo, con gli amici ero molto gettonato perché avevo la casa grande e disponibile per le feste, ma non ero l'amicone con cui tutti vogliono stare, alle ragazze non piacevo e quelle di cui mi innamoravo mi snobbavano. Quando non riuscivo nelle cose alzavo le spalle e dicevo "che mi importa", ma ci stavo malissimo, anche se cercavo di nascondere la cosa. Mi mettevo continuamente in competizione per cercare qualcosa in cui essere primo, ma non trovavo nulla dove potevo eccellere, ero un eterno mediocre che riusciva in tutto quello che faceva, ma solo fino ad un certo livello. Eppure non mi accorgevo che ero primo in tantissime cose, ma troppo ottuso per accorgermene, troppo preso dalla corrente nella quale è inserito il mondo per poterne godere i benefici influssi. Ero primo nell'amore dei miei genitori. Non c'era persona alla quale il mio papà e la mia mamma volessero più bene. Ero primo anche nell'amore dei miei nonni materni, orgoglio di nonno Vincenzo che mi portava a pescare con sé e mi insegnava tanti trucchi per vivere al meglio, mi infondeva la passione ed il rispetto per il mare e se ancor oggi mi emoziono come un bambino quando vado sott'acqua lo devo a lui. Il 4 gennaio 1986 mi svegliai dal mio torpore proprio quando la mia mamma si addormentò per sempre e capii in un solo istante che avrei barattato volentieri tutte le cose che mi avrebbero fatto piacere avere, fare o essere in cambio di una sola ora con la mia mamma, in cambio di una sua carezza, un bacio, un rimprovero, un noioso e ripetitivo "stai attento quando guidi". Che stupidi siamo, aspettiamo di perdere qualcosa o qualcuno prima di renderci conto di quanto sia importante per noi. Diamo tutto ciò che abbiamo per scontato, ed anziché assaporare quei dolci momenti, viverli con serenità, lottare per mantenerli facciamo di tutto per andare oltre, per avere di più, per cercare nuove emozioni, e così facendo rischiamo di perdere le nostre primizie. In quel mio risveglio il vocio del mondo, degli amici, dello studio, degli interessi divenne come l'eco di un tempo che fu, era come se fossi salito sul primo gradino di una scala dove l'aria era più fresca, piacevole, ed il frastuono del mondo non assordava le orecchie, il cervello che aveva bisogno di riflettere e leccare da solo le ferite del cuore. Ogni giorno salivo un gradino di quella scala, con piacere crescente. Non mi importava più di come mi vestivo, degli amici, della macchina bella o di una casa grande, avevo solo voglia di salire, trovare refrigerio. Una volta in cima al monte però mi accorsi che ero solo, stavo bene con me stesso, ma non tanto da passarci tutta la vita. Decisi allora di ridiscendere fino a toccare terra, immergermi nuovamente in quel mondo nel quale ero nato e cresciuto, dove avevo imparato tante regole, in un mondo che mi aveva dato tanto e non era giusto che non ricambiassi tutti quei doni che mi erano stati così generosamente elargiti. Così, dopo nove mesi di una grande sofferenza che si alternava a forti momenti di riflessione su tutto ciò che mi circondava, su come era e su come avrei voluto che fosse, mi ritrovai quasi per caso al servizio dei bambini. Che gioia provavo ogni giorno a stare in loro compagnia, non desideravo altro, fino al punto da lasciare il lavoro di commercialista e la casa di mio padre e trovare alloggio nei loro cuori. Ero e sono al servizio dei ragazzi, di tutti coloro che si fidano di me, di quelli che stanchi cercano un giaciglio ove riposare, o tristi e doloranti desiderano una spalla su cui piangere. Mi fanno ridere coloro che mi dicono "bravo", non hanno capito che questa mia vita dedicata ai bimbi è un grandissimo egoismo perché sono loro a donarmi ogni giorno la gioia e la felicità, benzina indispensabile per mandare avanti il nostro motore sulle strade della vita. Apro una piccola parentesi. Vi è mai capitato che il vostro professore di matematica, al fine di dimostrarvi un teorema, facesse un branco di discorsi senza senso, ragionamenti logici legati tra loro ma che non c'entrassero nulla con la matematica? O almeno così pensavate voi. Chiusa la parentesi. In questo mio brano non ho parlato di Dio, eppure è così palese, così facilmente dimostrabile che "se uno vuol essere il primo, sia l'ultimo di tutti e il servo di tutti" e, guarda caso, è quello che diceva Gesù, uno dei punti cardini della Sua dottrina. Volete essere primi? Mettetevi al servizio degli altri e sarete primi ai loro occhi, sarete quelli che avranno dato loro l'amore che non hanno mai avuto, quelli in cui avranno fiducia, gli unici che potranno risolvere una situazione complicata. Nei loro cuori sarete i migliori, e la cosa bella è che lo sarete per sempre. Chi invece primeggia nelle cose materiale dovrà lottare per mantenere il primato, ed un giorno dovrà necessariamente cedere lo scettro a qualcuno più forte, più bravo, più ricco di lui. |