Omelia (30-09-2012) |
Riccardo Ripoli |
Chi non è contro di me, è con me Ognuno di noi parla alle persone. C'è chi dialoga con il mondo intero, chi lo fa scrivendo libri, chi condividendo una sua poesia con amici e parenti, chi insegnando nelle scuole, negli oratori, nelle squadre sportive, chi all'interno delle mura domestiche. Ognuno di noi ha mille situazioni per esporre i propri ideali, convinzioni, credo politico e religioso. Abbiamo una grande responsabilità, perché ogni volta che parliamo possiamo cambiare la vita a una o più persone. Ancora ricordo certi dialoghi fatti con la mia mamma dove piccole frasi sono diventati grandi insegnamenti che da sempre mi porto nel cuore. Ognuno di noi è un concentrato del proprio passato, della sua cultura, e nella nostra testa e nel nostro cuore facciamo un frullato di pensieri che ci portano a confezionarne uno tutto nostro che dovrebbe essere dinamico, in continua espansione e modifica, poiché riceviamo dall'esterno decine di input al giorno. Quando parliamo, lo facciamo sempre in nome di qualcosa ideale o di Qualcuno Fede e spesso le cose si mischiano. È importante saper dosare bene le parole che pronunciamo perché sono un'arma molto affilata che potrebbe essere un ottimo bisturi necessario per asportare dei preconcetti o delle idee cattive nei nostri interlocutori, oppure una mannaia in grado i spezzare sogni e speranze nelle vite di chi ci ascolta. Non è superbia dire che parliamo in nome di Dio se ci crediamo, perché propagare gli ideali insiti nel Vangelo è parlare a nome Suo. Da qui a farlo bene c'è un abisso, ma il Signore ci dice "chi non è contro di me, è con me", pertanto se sbagliamo a dire qualcosa in buona fede, il Signore ci perdona e ci aiuta a correggere il tiro. Stare attenti nel dare insegnamenti ai nostri ragazzi è importante, ma questo non deve essere un freno, una scusa per non parlare. Quante volte ho sentito genitori dire, rispetto al figlio adolescente, "non mi ascolta". Bisogna provare e riprovare. Un mio professore di matematica alla sua prima lezione disse "se io vi spiego una cosa e voi non capite, chiedetemi di rispiegarla; se dopo ciò non l'avete ancora capita chiedetemelo di nuovo; se alla terza volta che domandate io mi dovessi arrabbiare, non preoccupatevi, perché non sono arrabbiato con voi ma con me stesso per non essere riuscito ancora a farmi capire". Questo dovrebbe essere lo spirito che dovremmo avere nel parlare con il nostro prossimo. Se qualcuno ascolta le mie parole e non le osserva, io non lo condanno; perché non sono venuto per condannare il mondo, ma per salvare il mondo. Troppo spesso si pensa che Dio sia lì su un trono a puntare il dito sul mondo e sulle nostre colpe, pronto a dividere i buoni dai cattivi, pronto a condannare i nostri peccati senza possibilità di appello. Ma non è così. Il Signore non ci giudica da un singolo atto, sbaglio o peccato che sia, ma ci ama come un genitore ama i propri figli. Se dovessi condannare i miei ragazzi per ogni singolo atto che sbagliano, sarebbero già tutti in riformatorio. E se dovessero essere loro a condannare me per i miei errori, sarei già stato eliminato dalla faccia della terra un minuto dopo aver iniziato ad amare i miei bimbi. Ma l'amore vince su tutto e l'errore si perdona anche mille volte nella speranza di vedere una scintilla di cambiamento negli occhi del nostro prossimo. Se noi che siamo imperfetti facciamo così almeno verso i nostri figli, non pensate che Dio, che è Padre buono e perfetto, non faccia almeno altrettanto con noi? |