Omelia (30-09-2012) |
Marco Pedron |
Ciò che si ha da fare si ha da fare, costi quello che costi Domenica scorsa Gesù aveva annunciato per la seconda volta la sua passione e morte (Mc 9,30-32). I discepoli non avevano capito niente e infatti, belli belli, se ne discutevano su chi era il più grande (Mc 9,33-34). Proprio per questo Gesù aveva dovuto un'altra volta riprenderli (Mc 9,35-37): "Non grandi, potenti; non potere, successo, influenza, armi, ma come un bambino. Potere su nessuno" (Mc 9,35-37). Il vangelo di oggi è la prosecuzione di quello di domenica scorsa. Finché Gesù sta dicendo questo, Giovanni lo interrompe e gli dice: "Maestro, abbiamo visto uno che scacciava i demoni nel tuo nome e glielo abbiamo impedito" (Mc 9,38). Giovanni, che nei vangeli sinottici non è per niente così tenero, amoroso, dolce come nel vangelo di S. Giovanni, è colui che con suo fratello Giacomo, quando Gesù viene rifiutato dai Samaritani, dice: "Vuoi che diciamo che scenda un fuoco dal cielo e li consumi?" (Lc 9,54). Sentite l'arroganza di quest'uomo: "Chi non è con noi, chi non la pensa come noi, chi non ci accoglie, lo eliminiamo". Non a caso lui e Giacomo venivano chiamati i Boanerghes, cioè i "figli del tuono", proprio per il loro carattere impetuoso e arrogante. Nel vangelo di Mc, tra l'altro, Giovanni viene sempre nominato con suo fratello Giacomo, eccetto qui. Mc si è dimenticato di Giacomo? No. Nominandolo da solo si fa un parallelo con un altro episodio molto conosciuto dove avveniva, guarda caso, una cosa simile. Nel libro dei Numeri (Nm 11,28-29), infatti, si dice che Yahwè prese lo spirito che era su Mosè e lo infuse sui 70 anziani e costoro profetizzarono. Capitò però che lo spirito si posò anche su Eldad e Medad che non avevano partecipato alla cerimonia di investitura per ricevere lo spirito. Prontamente lo zelante Giosuè disse: "Mosè, signore mio, impediscili (akoluo)". Ma Mosè rispose: "Sei tu geloso per me? Fossero tutti profeti nel popolo di Yahwè e volesse Yahwè dare loro il suo spirito!". E per mettere in parallelo i due episodi Mc usa lo stesso verbo: akoluo. Ma perché gli dicono questo? Cosa accade? Gesù aveva chiamato gli apostoli perché (Mc 3,13-15): 1. stessero con lui (aiuto, sostegno e tirocinio sul campo); 2. mandarli a predicare (quello che Gesù dice, un po' alla volta, lo dicano anche loro); 3 scacciare i demoni (quello che Gesù fa', un po' alla volta, lo facciano anche loro). Allora: anche gli apostoli avrebbero dovuto scacciare i demoni, solo che non ci riescono. Poco prima infatti, in Mc 9,18, i discepoli di Gesù tentano di scacciare il demonio dal ragazzo epilettico ma non ci riescono. Loro, i discepoli del Maestro non ci riescono, e un emerito nessuno, sì! E' inaccettabile. E non riescono a farlo perché non sono liberi. Non puoi scacciare i demoni degli altri se non sai farlo con i tuoi. Non puoi guarire un altro se non sei capace di farlo prima con te. Non si può dare ciò che non si ha. Non si può fare agli altri ciò che non si è in grado di fare con sé. Come puoi amare se non sai amarti (amarmi=difendermi; prendermi cura di me; stimarmi; volermi bene e accettarmi per quello che sono; valorizzarmi; migliorarmi; sorridere di me, ecc.). Come puoi insegnare "Dio" agli altri se non lo conosci? (Conoscere Dio=averlo "visto, toccato, sperimentato"; essere trasformato da lui; seguirlo dove Lui mi chiama, ecc.). Come posso perdonare se non ho il perdono dentro? (Avere il perdono=aver fatto pace con le proprie guerre e demoni interiori; saper gestire l'aggressività; non incolpare gli altri; lasciare andare, ecc.) Ma come: noi che siamo i delegati da Gesù a farlo non ci riusciamo e uno, non si sa dove venga, sì? L'autorità "si adira" quando qualcuno fa quello che lei dovrebbe fare e non è capace. Per curare l'animo delle persone è necessario essere preparati e formati. Ma ci sono alcune persone che sanno guardarti dentro, leggerti, aiutarti, curarti, anche se non sono psicologi. Per curare il corpo delle persone è necessario essere preparati e formati. Ma ci sono alcune persone che sanno curarti, guarirti, farti passare il male anche se non sono medici. Per curare lo spirito delle persone è necessario essere preparati e formati. Ma ci sono alcune persone che sanno "trasmetterti, passarti" Dio anche se non sono né preti né religiosi. C'è chi di fronte a tutto questo inizia una ricerca: "Come mai succede questo? Forse ci sono altre vie, altre strade, conosciamole!". C'è chi, invece, va in competizione e dice: "Eh no! Lo deve fare solo chi ha la competenza". Si sentono messi in discussione sul loro ruolo e si induriscono: "No!". "Ma perché no?". "Perché non ha i titoli". "D'accordo: non ha i titoli ma riesce. Perché non ci chiediamo, invece, cosa sa che noi non sappiamo?". Perché non diciamo: "Conosciamolo! Forse anche noi abbiamo qualcosa da imparare! Forse possiamo lavorare insieme!". Qui, in questo vangelo, c'è la stessa cosa. Questo è il peccato della prima comunità cristiana: "Gesù è nostro!... noi abbiamo la verità... solo noi possiamo". Di che cosa avevano discusso nel brano precedente di domenica scorsa? Di chi è il più grande! Il peccato è che un gruppo ha il monopolio, si è impossessato di Gesù. Ma Gesù non è di nessuno perché è di tutti. Gesù non è di nessuno perché Lui è un uomo libero. Fino a pochi anni fa si diceva: "Extra ecclesiam nulla salus": fuori dalla chiesa non c'è salvezza. Cioè: solo noi abbiamo Dio e la salvezza. Ma il vangelo di oggi non dice affatto così. Dice: "Chi fa il bene, di dovunque sia, viene da Dio". Erasmo da Rotterdam: "Ovunque tu incontri la verità, considerala cristiana". Questo vangelo ci mostra un fenomeno di ieri e anche di oggi: la com-petizione. E pensare che questa parola, in latino, letteralmente, vuol dire "lottare insieme" e non contro. Gli apostoli vedono qualcuno bravo più di loro e cercano di "eliminarlo". Cosa succede nel loro animo? Più o meno così: "Ma come? Noi seguiamo Gesù (il maestro) e non riusciamo a fare quello che fa' chi non segue (direttamente) Gesù. Allora noi non valiamo". Tutto questo è difficile da dirsi: per questo eliminano il senso di inferiorità "eliminando l'altro". L'aspetto negativo della competizione è questo: poiché tu riesci, hai, hai successo, ecc. e io no, trovo il modo per eliminarti (ti giudico; ti metto in cattiva luce; ti escludo fisicamente; ti metto gli altri contro, ecc.). Eppure la competizione parla di un bisogno buono che tutti abbiamo: affermarsi. Tutti abbiamo bisogno di affermarci, cioè di trovare il nostro spazio, il nostro posto e la nostra realizzazione. Solo che è più facile e più comodo distruggere gli altri che fare la fatica di realizzarsi. Invece di distruggere gli altri impara a sviluppare le tue risorse: affermati, realizza ciò che hai, tira fuori le tue perle e i tuoi talenti, fai crescere le tue doti e ama la tua diversità. Così realizzerai la tua vita, non sarai geloso, non ti confronterai e non invidierai gli altri e potrai gioire della loro ricchezza e del loro successo. Per il non realizzato, vedere la felicità degli altri è terribile. Poi il vangelo dice una frase terribile: "Chi scandalizza uno di questi piccoli che credono, è meglio per lui che gli si metta una macina da asino al collo, e venga gettato nel mare" (Mc 9,42). Il termine piccoli è stato spesso interpretato come bambini. Ma qui proprio non si dice questo. Piccoli è micron, da cui microbo. Era un termine dispregiativo usato dai rabbini per le persone che vivevano al di fuori della legge, o che non riuscivano ad osservare o praticare tutta la legge. Gesù parla e attua la misericordia, il perdono, la tenerezza, l'accoglienza di tutti, la fratellanza. Allora questi lontani (micron=piccoli), emarginati, si avvicinano a Gesù e alla sua comunità. Ma cosa vedono qui? Vedono le stesse cose del mondo (Mc 9,34): rivalità, invidia, gelosia, rancore, competizione, arroganza, ambizione. Gesù li accoglie e questi poi vedendo la comunità di Gesù si allontanano: per Gesù questo è scandaloso. E' scandaloso che nella comunità di Gesù ci siano tutte queste ambizioni, queste immaturità, queste piccolezze, questi odi. Non bastava dire "una macina"? Perché deve specificare "una macina da asino al collo" (Mc 9,42)? Perché c'erano due macine. La prima era girata dalla donna: metteva il grano dentro al foro e girava per frantumarlo. Era una macina abbastanza pesante. Ma la seconda, la macina del frantoio girata dall'asino, era così pesante da essere inamovibile. Quindi: non un peso al collo, ma il peso più grande possibile. Ma non basta per morire? Perché deve aggiungere "e venga gettato nel mare" (Mc 9,42)? Gli ebrei avevano un terrore: morire affogati. Infatti se affoghi non puoi essere seppellito nella terra di Israele e quindi non puoi resuscitare (visto che resuscitavano solo i morti di Israele). Allora perché la "macina da asino e gettato nel mare"? Perché con un peso così siamo sicuri che uno non solo muore affogato, ma il suo corpo non viene neppure a galla e quindi neppure seppellito. Cosa vuol dire Gesù: "Con persone così (arroganti, invidiose, gelose, competitive, ecc.) non voglio neppure avere a che fare". Questo ci deve far riflettere: Gesù non rifiuta nessuno e accoglie tutti, anche quelli che sono immaturi, pieni di paura o che proiettano i loro disagi interni sulle relazioni con gli altri. Ma una comunità che si dice "cristiana", cioè che vive nel nome di Gesù e del suo vangelo, non può rimanere ancorata, fossilizzarsi, in relazioni, atteggiamenti e modi di fare tali. Deve crescere; deve diventare relazionalmente matura, deve sapersi mettere in gioco. Inoltre, Gesù, non sopporta chi distorce il suo messaggio e l'immagine di Dio. E' scandaloso, per lui, che si annunci un Dio che punisce, che emargina, che impaurisce: "No, mio padre non è così! E con chi dice questo, io non voglio neppure averci a che fare". Poi Gesù dice: "Se la tua mano... occhio... piede ti scandalizza, tagliala" (Mc 9,42-48). Gesù fa tre esempi presi da tre componenti del corpo umano: la mano, cioè l'azione; l'occhio, il criterio, il discernimento; il piede, il cammino, la condotta. Se ti scandalizzano tagliali e gettali nella Geenna. La Geenna (c'è tuttora a Gerusalemme) è un luogo dove venivano buttate tutte le immondizie di Gerusalemme e venivano bruciate. Gerusalemme è una città grande e durante le feste annuali la sua popolazione triplicava. Qui venivano buttati tutti i rifiuti e bruciati. Era l'immondezzaio di Gerusalemme. Allora, qual è il grande pericolo? Il grande pericolo è che se tu vivi in un certo modo finisci a vivere nella Geenna (=morto dentro; vivere da schifo; vivere senza vita). Allora è meglio tagliare tutto ciò che ti porta a vivere così. Sono immagini, non vanno prese alla lettera. Cioè: se tu, la tua attività (mano), i tuoi modi di pensare (occhio), i tuoi comportamenti (piede), ti scandalizzano (lo skandalon era la pietra dentro al sandalo che ti impediva di camminare), tagliali. Non si tratta quindi di tagliare una parte del corpo ma di togliere quell'elemento che ti impedisce di crescere, di essere vivo, di fare il tuo cammino sulla strada del Signore. Qual è il contesto di fondo in cui sono inserite: l'ambizione dei discepoli (Mc 9,34). Gesù ai discepoli dice: "Dovete togliere, tagliare la vostra ambizione. Altrimenti morirete dentro, nell'animo". L'ambizione uccide il cuore, avvelena il sangue e inficia le relazioni. Cosa mi dicono allora queste parole? 1. Ciò che mi fa male va tagliato. Se una cosa ti fa male va cambiata, modificata, lasciata. Altrimenti continuerò a soffrire o morirò dentro. Perché la vita di oggi è esattamente il risultato di tutte le scelte o non scelte che abbiamo fatto ieri. E la vita di domani sarà esattamente il risultato di tutte le scelte o non scelte che abbiamo fatto oggi. 2. Scegliere, tagliare, fa male, ma necessario. In certi giorni ci farà soffrire ma è necessario. E' come il parto: un dolore tremendo, una lacerazione, un perdere qualcosa che però dà vita. 3. Quando s'ha da fare, costi quel costi, s'ha da fare. Bisogna essere dolci nella vita ma in certi giorni no. Ci sono delle scelte che devono essere radicali, decise e basta. Non si può transigere. In certi giorni a sé o a qualche persona bisognerà dire: "Basta; no!; da oggi io ho chiuso; da adesso è così; adesso si cambia; io per la mia strada e tu per la tua; no; non hai altre possibilità, ecc.". Pensiero della Settimana Un pastore sta pascolando le sue pecore quando un tale che passa di lì gli chiede: "Che bel gregge avete! Permettete che vi faccia una domanda?". "Certamente", risponde il pastore. "Quanta strada percorrono ogni giorno le vostre pecore, secondo voi?". "Quali? le bianche o le nere?". "Le bianche". "Beh, le bianche fanno circa sei chilometri al giorno". "E le nere?". "Anche loro". "E quanta erba mangiano al giorno, secondo voi?". "Quali, le bianche o le nere?". "Le bianche". "Beh, le bianche consumano circa due chili d'erba al giorno". "E le nere?". "Anche loro". "E quanta lana pensate che forniscano in un anno?". "Quali, le bianche o le nere?". "Le bianche". "Beeh, penso che le bianche diano circa tre chili di lana all'anno al momento della tosatura". "E le nere?". "Anche loro". Il tizio è perplesso: "Posso chiedervi perché mai avete la strana abitudine di dividere le pecore in bianche e nere tutte le volte che rispondete a una mia domanda?". "Ecco", replicò il padrone "è normale. Le bianche sono pecore mie". "Ah, e le nere?". "Anche loro!". Non vi pare che le differenze siano assurde? |