Omelia (30-09-2012) |
Gaetano Salvati |
Serve un certificato per essere cristiani? Oggi la fonte della Parola invita a rigettare la gelosia, l'invidia, elementi che possono condurci ad interpretare il mistero d'amore di Dio, la partecipazione alla vita divina, come un previlegio o un evento riservato a pochi eletti, per farci assumere un comportamento disponibile, umile, verso tutti i fratelli. Tale è la condizione necessaria posta dal Maestro per essere Chiesa, famiglia adunata nel suo sangue, e per far crescere nel cuore il seme del vangelo. Innanzitutto, al discepolo che aveva impedito ad "uno" di scacciare i demoni (Mc 9,38) nel suo nome, Gesù dice: "non impedirglielo" (v.38); cioè, per viverLo non bisogna possedere un certificato che attesta l'appartenenza ufficiale alla comunità credente; piuttosto, è indispensabile non essere di inciampo ai "piccoli che credono" (v.42), e abbattere il muro dell'indifferenza che ci impedisce di scorgere nel volto di ognuno la presenza dell'Altro. Dunque, il Maestro ribadisce il valore dell'accoglienza e dell'aiuto reciproco: in quanto comunità, nessuno deve sentirsi escluso, ma partecipe di un unico evento che ha come origine la Trinità, e come meta la solidarietà degli uomini fra di loro. Effettivamente, se fra di noi esisteranno gli altri contrapposti ad un noi, non testimonieremo l'Amore, ne saremo in grado di annunciare al mondo la gioia, la libertà di appartenere al popolo dello Spirito. Nella lotta contro i nostri confini, contro i valori propri della condizione umana, il Signore offre una soluzione: la carità. Un simile atteggiamento non riguarda solo il perdono, oppure delle belle frasi adatte per un istante. È l'amore da realizzare sempre e in ogni circostanza. Il "dare da bere" (v.41) rivolto dal Signore a tutti i credenti indica, quindi, il servizio cui ogni battezzato è convocato ad attuare all'interno della Chiesa. In questo episodio, il Maestro non accenna alla distinzione fra carisma e ministeri, fondamenti della comunità, parla di una regola: vivere l'amore. Nel suo amore il servizio diviene disponibilità del cristiano all'ascolto, all'essere costantemente pronto a sollevare le difficoltà della comunità. L'acqua citata dal Signore, allora, non ha un valore simbolico: essa rappresenta Cristo, il quale disseta, attraverso le nostre azioni, coloro che sono tormentati dalla sete. In questo senso sta la frase del Maestro, non scandalizzate (v.42), cioè bisogna condurre con il nostro comportamento dolce, disimpegnato, generoso, nuovo, gli altri all'Altro, a Colui che disseta dall'arsura del peccato. Il non scandalizzate, pertanto, diviene monito per tutti gli animatori, per coloro che all'interno della comunità offrono il servizio della carità, a riconoscere nei segni dei tempi nuove modalità di annuncio; a collocare al centro della pastorale non i propri interessi, ma le esigenze dei giovani, degli adulti che, anche solo per curiosità, intendono intervenire nelle attività comunitarie. Pertanto, siamo chiamati ad essere Chiesa, testimoni del Dio incarnato nelle vicende umane, per staccare, chi lo desidera, dalle catene dell'oppressione della morte, e per consegnare l'uomo alla libertà dei Figli di Dio. Amen. |