Omelia (07-10-2012)
mons. Roberto Brunelli
I due diventeranno una carne sola

Ancora i bambini, per la terza domenica di seguito, stavolta per spiegare la logica del regno
in cui tutti sono invitati ad entrare. "Chi non accoglie il regno di Dio come lo accoglie un bambino,
non entrerà in esso", dice Gesù: e va subito chiarito che non significa vivere la fede in lui con
incoscienza, rinunciando a ragionare, a valutare, a decidere. Significa piuttosto imitare il bambino
nella sua fiducia verso i genitori, dei quali intuisce l'amore e la sollecitudine, perché quanto gli
permettono o gli proibiscono è solo per il suo bene. Così dobbiamo essere noi nei confronti di Colui
che non a caso chiamiamo Padre.
Il suo amore per noi si manifesta anche negli insegnamenti del suo Figlio. Quello di oggi
(Marco 10,2-16) riguarda il divorzio: sollecitato da alcuni farisei i quali cercano di metterlo in
imbarazzo, Gesù non esita a schierarsi addirittura contro Mosè, considerato dagli ebrei come la
fonte delle loro norme di vita. Egli, dice, ha ammesso che il marito possa ripudiare la moglie; ma
c'è un'autorità ben al di sopra di quella di Mosè, e quella è da ripristinare. Di qui la risposta: "Per
la durezza del vostro cuore, Mosè scrisse per voi questa norma. Ma dall'inizio della creazione Dio li
fece maschio e femmina; per questo l'uomo lascerà suo padre e sua madre e si unirà a sua moglie e
i due diventeranno una carne sola. Così non sono più due, ma una sola carne. Dunque l'uomo non
divida quello che Dio ha congiunto". E aggiunge poco dopo: "Chi ripudia la propria moglie e ne
sposa un'altra, commette adulterio verso di lei; e se lei, ripudiato il marito, ne sposa un altro,
commette adulterio".
Una precisazione: le ultime parole sono un adattamento al mondo greco-romano, dove anche
la donna poteva decidere di divorziare; presso gli ebrei, solo all'uomo era concesso. In ogni caso,
divorzio e successive nozze con altri non rientrano nel progetto che Dio, nel suo amore paterno, ha
previsto per l'uomo. Di fronte a così esplicite parole c'è poco da discutere; ci si può chiedere però
come marito e moglie possano evitare la rottura del loro legame, e in proposito non sarà inutile
richiamare le linee essenziali di quel progetto. Dio ha dotato l'uomo della dimensione sessuale,
ovviamente perché la viva "da uomo", nella sua forma più alta. Il sesso, in sé preso, è solo un cieco
istinto animale volto ad assicurare la continuità della specie; l'uomo, solo l'uomo, sa ammantare il
sesso di erotismo, cioè sa coglierne il fascino e viverlo con tutta la carica dei suoi sentimenti: col
rischio tuttavia che essi si venino di egoismo e considerino il partner come una cosa, un semplice
strumento per conseguire la propria soddisfazione. Molti si fermano lì, con la conseguenza che
quando lo strumento non appare più funzionale, oppure ne trovano uno più soddisfacente, lo
abbandonano. Ma Dio ha dotato l'uomo anche della capacità di salire un gradino più su: trasfigurare
l'istinto e il sentimento in dono di sé, in comunione irreversibile con la persona amata. Così Dio si
comporta con noi: poiché ci ama davvero, anche quando non corrispondiamo ai suoi intenti non ci
abbandona; e così ci invita a intendere la realtà meravigliosa dell'amore, offrendoci allo scopo tutto
l'aiuto occorrente: la guida della sua Parola, la forza dei suoi sacramenti, tra cui quello specifico del
matrimonio.
Due cristiani dovrebbero contrarre matrimonio solo se consapevoli di questo e pronti a
intraprendere il percorso previsto da Dio. Ciò malgrado potrà accadere che uno dei due, o entrambi,
smarriscano per via i sani propositi e rompano il legame, magari creandosene poi un altro: in tal
caso vengono a trovarsi in una posizione irregolare davanti a Dio, il quale tuttavia non smette per
questo di amarli. La Chiesa non è autorizzata a ignorare la loro posizione, ma non li abbandona,
anzi li esorta a partecipare come possono alla sua vita, proprio perché li sa ancora, sempre,
comunque, oggetto dell'amore paterno di Dio.