Omelia (07-10-2012) |
mons. Gianfranco Poma |
All'inizio della creazione li fece maschio e femmina Con il brano del vangelo di Marco che la Liturgia della domenica XXVII del tempo ordinario ci presenta (Mc.10,2-16), comincia una serie di istruzioni che riguardano diversi aspetti della vita quotidiana, conclusa dal terzo annuncio della passione. Marco sottolinea che Gesù, lasciato Cafarnao, è ormai entrato nel territorio della Giudea, in cammino verso Gerusalemme, dove lo attende la passione: vuol farci comprendere la novità dell'insegnamento di Gesù, che, pure in continuità con la Legge di Mosè, solo la condivisione della logica che si manifesta nella passione i suoi discepoli possono accogliere. Aprirci alla novità dell'insegnamento di Gesù, alla bellezza del Vangelo, vivere la gioia del progetto di Dio su di noi, non avere paura di seguirlo nel cammino della croce per avere accesso alla pienezza della vita nuova, è la premessa necessaria per la lettura di questo brano di Marco. Sollecitato dai farisei a proposito del ripudio della donna, Gesù parla dell'unione di un uomo e di una donna, e ciò che egli svela, riandando alla radice delle cose, è di una bellezza straordinaria e sempre nuova. I farisei, fedeli al ruolo che Marco riserva a loro nel suo Vangelo, aprono una controversia "per metterlo alla prova" Nessun giudeo ignora che secondo la Legge è legittimo per un uomo ripudiare la propria moglie (Deut.24,1): il ripudio è un concetto giuridico familiare nel giudaismo. Perché, dunque, i farisei vogliono mettere alla prova Gesù? Nel passo parallelo di Matteo 19,3 i farisei intendono provocare Gesù perché prenda posizione nella disputa tra le diverse scuole giuridiche del tempo, ma, in Marco, sembra che essi vogliano metterlo in contrasto con Mosè e la Legge. Sullo sfondo, ancora una volta, intravediamo la comunità di Marco che vive in ambito pagano e la sua vicinanza con la posizione teologica di Paolo: quale rapporto esiste tra la Legge e il Vangelo? Tra Mosè e Gesù? E concretamente, qual'è la novità evangelica in questa esperienza così intensamente umana quale la relazione tra l'uomo e la donna? Il discorso si fa estremamente intenso, bello, delicato e complesso. Ai farisei che vogliono mettere Gesù in contrasto con Mosè, egli risponde con la sua novità: Gesù è il compimento di Mosè, un compimento imprevedibile. A loro che riducono il matrimonio ad un possesso dell'uomo sulla donna, Gesù risponde con l'invito a ricomprendere la inesauribile ricchezza del progetto iniziale di Dio. Al triste, banale, scioglimento di un rapporto con il permesso di dare alla propria moglie il libello di ripudio per permetterle almeno di rifarsi una vita, per poi ripudiarla, Gesù contrappone il cammino verso la gioia della comunione intima delle persone. Ai farisei che si rivolgono a Gesù chiedendo: "E' lecito a un marito ripudiare la propria moglie?", egli risponde interpellandoli a sua volta: "Mosè che cosa vi ha prescritto?", rimandandoli alla fonte originaria della Scrittura. A loro che ribattono: "Mosè ci ha permesso..." Gesù richiama la Parola di Dio di cui Mosè è profeta, con una citazione che unisce i due racconti della creazione (Gen.1,27.2,24) da cui appare tutta la bellezza del progetto di Dio, inscritto nel profondo dell'essere umano, sul rapporto dell'uomo e della donna. "Dall'inizio della creazione Dio li fece maschio e femmina": "l'inizio della creazione" non è tanto l'inizio cronologico, quanto piuttosto "la radice", il "senso" di ciò che esiste, la verità profonda inscritta nella realtà. Gesù ci rimanda al sesto giorno della creazione quando "quando Dio creò l'uomo a sua immagine, a immagine di Dio lo creò, maschio e femmina li creò. E Dio vide quanto aveva fatto ed ecco, era cosa molto buona". Tutta la creazione raggiunge il suo vertice in questa meraviglia: l'uomo e la donna, insieme, nella loro ricca diversità, nel loro attirarsi, nel loro complesso dinamismo, sono l'inesauribile immagine di Dio. Oggi, più che mai, il progresso delle scienze ci invita a penetrare profondamente questa realtà che noi siamo, immagine mai completa di Dio, che gustiamo nella relazione personale di un uomo e una donna. Ed aggiunge Gesù: "Per questo l'uomo lascerà suo padre e sua madre e si unirà a sua moglie e i due diventeranno una sola carne". Dopo la citazione di Gen.2,24, Marco insiste: "Così non sono più due, ma una sola carne". Ogni ebreo sa bene che la dinamica impressa da Dio alla storia è la libertà, l'uscire da ciò che impedisce: l'evento-immagine dell'esodo, l'uscita dalla schiavitù per entrare nella terra promessa, è illuminante. Questo si realizza pure nell'esperienza personale della vita umana: l'uomo è chiamato a lasciare i legami che lo fissano alle sue origini, ad uscire dall'indistinto, per realizzarsi nell'incontro in cui, maschio e femmina, sperimentandosi nella loro singolarità, diventano l'uomo nuovo, pienamente realizzato in una comunione stupenda nella quale gustano l'ebbrezza della libertà, che, per loro, è l'ingresso della terra promessa. Ai farisei che vorrebbero coinvolgerlo in dibattiti meschini, Gesù apre orizzonti stupendi che essi non vedono perché ripiegati sulle loro vedute ristrette. Ma perché ridurre alla liceità del libello del ripudio ciò che è così grande e così bello? Perché ritornare alla tristezza della solitudine, quando siamo fatti per la gioia della comunione e ci è dato tutto perché la viviamo? Gesù non solo riporta i farisei alla visione della bellezza del progetto di Dio, mette a nudo il motivo per il quale essi si fermano a ciò che Mosè ha concesso, ma per aprirli alla accoglienza della grande novità del suo lieto annuncio: a nulla servirebbe risvegliare la nostalgia della bellezza se il progetto di Dio rimanesse irrealizzabile. La novità di Gesù consiste nel fatto che egli sta rivelando ai suoi discepoli che la fede in lui rende possibile vivere ciò che in Dio stesso ha suscitato stupore e meraviglia. "Per la durezza del vostro cuore Mosè ha scritto per voi questa norma..." Ecco, la "durezza del cuore" rende incapaci di vivere la bellezza di ciò che Dio ha fatto. Limitarsi all'osservanza di una norma significa rimanere nella logica della "durezza del cuore", che Mosè ha solo cercato di regolare. Ma i farisei sanno bene che i profeti, in modo particolare Geremia ed Ezechiele, hanno annunciato un tempo nuovo, una nuova alleanza non più scritta su tavole di pietra, ma nel cuore ed hanno ascoltato la Parola di Dio che promette: "Strapperò il tuo cuore di petra e ti darò un cuore di carne". La novità di Gesù è l'annuncio che con lui, "il tempo è compiuto, il regno di Dio è vicino": a chi crede in lui è strappato il cuore di pietra ed è donato il cuore nuovo. È finito il tempo del cuore duro, il tempo regolato dalla Legge: è iniziato il tempo della grazia, della bellezza e dell'Amore. "Nella casa i discepoli lo interrogavano di nuovo...": torna la "casa", il luogo dell'intimità di Gesù con i suoi discepoli, essenziale perché la sua novità non sia smarrita o ridotta ad una legge giuridica, e i suoi discepoli (noi, oggi) ricondotti ad un nuovo fariseismo nel quale la logica ritorna ad essere la legge. "Chi ripudia la propria moglie...e se lei ripudia il marito e ne sposa un altro, commette adulterio": Gesù mette sullo stesso piano l'uomo e la donna perché la moglie non è possesso del marito; nella loro unione diventa visibile il Dio invisibile; nel loro amore si manifesta l'Amore che è Dio. Non può ripudiare l'Amore chi lo sperimenta: ma questo non è un precetto. L'Amore, per chi lo vive, è legge a se stesso. Certo, Gesù ci richiama con estrema sincerità, alla possibilità che rimane di tornare alla logica del "cuore duro", ma per dirci, con altrettanta chiarezza, che non una legge, ma solo l'esperienza del suo Amore ci rende capaci di amarci tra noi e di rendere visibile nell'amore dell'uomo e della donna il mistero stesso di Dio. |