Omelia (07-10-2012) |
mons. Antonio Riboldi |
La famiglia, un dono, oggi, a volte incompreso Il Vangelo di oggi con forza ci interpella sul grande sacramento del Matrimonio. Ogni uomo, nascendo, ha una sua vocazione, ossia una strada da percorrere, per realizzare pienamente se stesso, costruendo ogni giorno la sua santità. E questo sentiero, il più delle volte, è il Matrimonio e quindi la famiglia. Conosciamo tutti come questo grande sacramento venga oggi bistrattato, come pure non ci si riesce a darsi una ragione del fatto di così tante separazioni, che avvengono spesso anche dopo un brevissimo lasso di tempo vissuto insieme. Alla base di una tale reale 'emergenza' - personale e sociale - certamente esiste una scarsa o precaria preparazione a questa stupenda vocazione, la più diffusa, in cui si misura la capacità e la vera natura del volersi bene. Per tanti amarsi è seguire un sentimento, cioè innamorarsi, ma questa è solo una prima tappa - importante, ma non fondante - che poco ha a che fare con la vera natura dell'amore. È vero che l'amore trova la sua base sul sentimento, ma questo, se non è educato, rischia di finire presto, mentre la famiglia e il matrimonio hanno bisogno di continuità. L'amore non è certamente solo il 'sentirsi innamorati', ma va oltre: è una scelta di voler amare e come tale necessita di tempo, di fedeltà, di continuità per diventare davvero amore, quello vero. Un tempo, nella società tutta, il senso della famiglia era profondo e serio: viveva di profondità e in una visione effettiva del 'per tutta la vità. Ho sempre in mente le parole che un giorno mi disse papà - io ero già sacerdote - 'Sono trent'anni che sto con mamma e mi sembra ieri, ma ti confesso che l'amo così tanto che se mi mancasse sarebbe come morire'. In altre parole mi voleva dire che quando si ama veramente, proprio per la natura dell'amore, che non è sono sentimento passeggero, proprio per la sua natura fa dei due una realtà così profonda nella vita, che ha il segno dell'eternità. Aveva ragione papà a dire che perderla sarebbe stato come morire, perché mamma era diventata parte della sua stessa vita. Il male di oggi è la troppa superficialità, che si ferma alla provvisorietà di un innamoramento, dopo di che, se non coltivato, viene il vuoto e inizia la tragedia della rottura. Che la grazia del sacramento agisca e assicuri la continuità lo vedo da tante coppie che spesso chiedono una particolare benedizione in occasione dell'anniversario del loro matrimonio dopo 25, 30, 40 anni. Una fedeltà che commuove ed è la testimonianza più bella che amare è davvero 'mettere piede nell'eternità'. E sono tante ancora le famiglie che conservano un dono così prezioso. Ogni volta le incontro o le benedico tocco con mano l'efficacia della Grazia. Purtroppo è anche vero che in questo mondo, che ha al centro il consumismo, basato sull'usa e getta, gli stessi rapporti interpersonali e tanto più il matrimonio, sono privati di radici profonde e corrono il grave rischio di consumarsi in poco tempo e, a volte, con tanta leggerezza, senza valutare le drammatiche 'ferite' che arrecano... paradossalmente anche in chi crede di compiere un atto di 'libertà personale'. Ricordo un fotografo che mi manifestava la sua delusione, perché non sapeva a chi dare le foto di un matrimonio celebrato... pochi mesi prima e già in frantumi. Sono casi limite, si dirà, ma evidenziano come sia necessaria, soprattutto da parte della Chiesa, una vera preparazione, non superficiale, ma profonda, ossia che aiuti i fidanzati a conoscersi, valutare se sono in grado di compiere una vera scelta consapevole l'uno dell'altra, educandoli alla vera natura dell'amore - educazione che dovrebbe iniziare fin dai primi anni di vita nelle proprie famiglie, ma è così? - Che l'amore soffra per le nostre fragilità, che spesso non ci rendono capaci di assumerci responsabilità, portandole avanti anche nelle difficoltà, è un limite che appartiene a uomini e donne di tutti i tempi, anche quelli di Gesù. Basta leggere il Vangelo di oggi: "Avvicinatisi dei farisei per metterlo alla prova, domandarono a Gesù: 'E' lecito ad un marito ripudiare la propria moglie?'. Ma egli rispose loro: 'Che cosa vi ha ordinato Mosé?' Dissero: 'Mosé ha permesso di scrivere un atto di ripudio e di rimandarla'. Gesù disse loro: 'Per la durezza del vostro cuore egli scrisse per voi questa norma. Ma all'inizio della creazione Dio li creò maschio e femmina, per questo l'uomo lascerà suo padre e sua madre e i due saranno una carne sola. Sicché non sono più due, ma una cosa sola. L'uomo non separi mai ciò che Dio ha congiunto". (Mc. 10,2-16) Lungo è il cammino: occorre non solo pregare, ma cercare di formare i giovani, i fidanzati, non solo cristiani, alla responsabilità nella vita e, soprattutto, nel matrimonio. Unirsi in matrimonio è una vocazione, ossia una scelta che non può conoscere soste e tempo. È una scelta per sempre, che esige maturità umana e spirituale. Non è la grande festa di un giorno, ma deve diventare un cammino insieme di tutta la vita, volendo davvero insieme, e con l'aiuto della Grazia, per chi crede, diventare 'una sola cosa' nello spirito, oltre che nella carne. Vale sempre la ragione di mio papà, che credo sia anche di tantissimi papà e mamme: 'Se mi mancasse... mi sentirei morire', perché sarebbe come perdere 'una parte di sé': questo è il matrimonio a cui si deve aspirare e per cui si è disposti alla 'rinunciare di sé', intesa come pretese di illusoria 'libertà' ed egoismo. Bisognerebbe, in un tempo come il nostro in cui regna tanta superficialità ed individualismo in tutto, educare alla serietà e alla gioia del dono, unica via per una realizzazione personale e maturazione vera. Non dobbiamo mai dimenticare che la nostra cosiddetta 'libertà', non può essere tale se lede i diritti degli altri. Abbiamo mai provato a metterci nei panni di figli che vivono il dramma della separazione dei genitori? Pagano conseguenze terribili per l'immaturità di chi dovrebbe proteggerli, provando confusione, disorientamento, sofferenze che pesantemente influiranno sulla loro vita, sulla loro crescita come persone. Il Vangelo di oggi pone accanto alla necessità della fedeltà nel matrimonio, la conseguenza sulla sorte dei piccoli. Gesù amava i bambini, proprio perché più deboli. E lascia un monito che deve farci pensare: 'Lasciate che i bambini vengano a Me. Non glielo impedite, perché a chi è come loro appartiene il Regno dei Cielì. Affermava Giovanni Paolo II: "La famiglia cristiana, in quanto Chiesa domestica, costituisce una scuola nativa e fondamentale per la formazione alla fede. Il padre e la madre ricevono dal sacramento del matrimonio la grazia e il ministero dell'educazione cristiana nei riguardi dei figli, ai quali trasmettono e testimoniano insieme valori umani e valori religiosi. Imparando le prime parole, i figli imparano anche a lodare Dio, che sentono vicino come Padre amorevole e provvidente, imparando i primi gesti d'amore, i figli imparano ad aprirsi anche agli altri, cogliendo nel dono di sé il senso del vivere umano.... Quanto più i coniugi e i genitori cristiani cresceranno nella consapevolezza che la loro 'Chiesa domestica' è partecipe della vita e della missione della Chiesa universale, tanto più i figli potranno essere formati al senso della Chiesa". Non ci resta che pregare la Sacra Famiglia di Gesù, Giuseppe e Maria. Sia la sola scuola di vita di tante famiglie che, con me, cercano il vero segreto della gioia e della santità. Prego per voi. |