Omelia (07-10-2012)
Gaetano Salvati
Redenti eppure umani

Oggi la Scrittura ci esorta a meditare l'opera compiuta per noi dal Signore Gesù. Egli, "conorato di gloria e di onore" (Eb 2,9), ha congiunto il mondo divino con quello umano, ha rivestito la storia del mondo di speranza. Nel Suo sangue, le croci (le sofferenze) sparse per il mondo non rimangono nel silenzio dell'indifferenza, ma sono raccolte dalla croce di Cristo e accompagnate nella gloria della risurrezione. Grazie al Suo sacrificio, quindi, siamo divenuti suoi fratelli (v.11), e in Lui, figli adottivi del Padre.
Il Maestro, nel vangelo, invita la comunità, liberata dalla morte e resa familiare di Dio, a distogliere la mente dal considerare la redenzione come un atto immune dal percorso di umanizzazione. A riguardo, il nostro Salvatore afferma che il marito e la moglie "non sono più due, ma una sola carne" (Mc 10,8). Certamente, egli si riferisce al sacramento del matrimonio, reso indissolubile da Dio. Però, le parole di Gesù ribadiscono che l'uomo e la donna, creati l'uno per l'altro, divengono il luogo in cui Dio stabilisce la Sua relazione con la creatura: dialogo che non può essere spezzato da nessuna norma giuridica (v.9). Dunque, l'atteggiamento del Signore è pienamente umano, nel senso che Egli non ci induce ad affrontare le fatiche e i fallimenti con spirito di rassegnazione, privandoci così di stima e dignità; bensì, confidando nel Suo nome, ci convoca a manifestare, attraverso le nostre imperfezioni, rappresentate dalle figure umili del marito e della moglie, la realtà cristiana. L'uomo e la donna, allora, sono le nuove creature, continuamente in divenire verso la perfezione, l'unione con Cristo.
In questo cammino di fede, il rischio di inciampare a causa dei vincoli della natura umana, nella persuasione di realizzarsi da soli o nel giudicare il cristianesimo un evento fermo nel tempo, statico, è elevato. La creatura trasformata, eppure pienamente umana, necessita di una regola d'amore: il Maestro dice che per avere la vita ("il regno di Dio", v.15) bisogna essere bambini. Non si tratta di assumere un comportamento infantile, irresponsabile; quanto scorgere nei volti del tempo i segni di Dio. Il "bambino", quindi, è il cristiano che confida nell'intervento di Dio e si stupisce, sempre, della vita nuova offerta dal Signore. Lo stupore, la meraviglia dell'esistenza aperta a Cristo Gesù riconsegna alla creatura redenta la fatica dell'esistere quotidiano e la promessa del regno che già ora è possibile attuare. Amen.