Omelia (07-03-2004)
don Mario Campisi
Dalla decisione alla logica della fede

Proseguendo la riflessione della domenica precedente, i testi biblici di questa domenica di Quaresima vogliono concentrare la nostra attenzione sulla tematica della fede. L'itinerario cristiano inizia, sì, con una "scelta" e con "la decisione", ma queste devono condurre all'accoglienza d'una "logica" diversa da quella umana. Ed in essa si rende presente la "croce", tanto per Cristo, quanto per il cristiano. Essa infatti sta al centro del mistero cristiano.
Dalla "scelta fondamentale", che costituiva la nota principale delle letture di domenica scorsa, passiamo oggi all'accoglimento di una logica nuova: quella della fede.
Nel nostro vivere quotidiano è decisivo l'atteggiamento di fondo che noi assumiamo. Questo però si articola in comportamenti precisi; non è un quadro vuoto.
Nella prima lettura ci viene presentata la fede di Abramo quale tipo della fede di chi cammina verso l'ignoto con la sola grazia della promessa di Dio, della sua parola, dei suoi segni. L'oscurità della fede non riguarda solo il mistero di Dio, ma anche il nostro cammino nel tempo. Nel nostro tempo, per esempio, un uomo impegnato nel sociale, come La Pira, ebbe il coraggio fiducioso di rivolgersi a uomini, credenti e non credenti, per fare proposte di valori fondamentali. C'è un operare individuale e comunitario che fa conto solo sulla prudenza umana, e c'è un operare che conta sulla prudenza di Dio, quale essa si è manifestata a noi in Cristo Gesù.
La fede cristiana non è dunque solo una "accoglienza", ma anche un "cammino". Un cammino che ha una sua logica paradossale agli occhi degli uomini, perché si regola su fattori che vanno oltre le sue forze. Al cuore di questa logica sta la croce. Operare secondo la fede significa passare per la via della croce. Non inteso come incidente di percorso, ma come regola del vivere cristiano.
Il cammino della fede, segnato dalla croce, si trova costantemente a fare "memoria", ad accogliere il "presente" e a guardare al "futuro". Tre momenti intimamente uniti tra loro, per cui la memoria senza attualizzazione è semplice atto di nostalgia; la proiezione verso il futuro, estraniandosi dal futuro, si trasforma in evasione; il presente senza memoria e senza futuro perde il suo fondamento e il frutto della sua pienezza.
Sul monte Tabor Gesù rivela ai suoi l'interezza del suo volto e della sua vicenda storica, ma gli apostoli colgono solo un frammento di quella storia e vorrebbero ritagliarselo per loro: "Maestro, è bello per noi stare qui...".
Il cammino di fede occorre accoglierlo nella sua interezza, con tutte le sue luci e le sue ombre.