Omelia (14-10-2012) |
don Marco Pozza |
Se l'è tirata ed è andato via triste Un giovane si avvicina da Gesù. Gli evangelisti che raccontano il fatto non riferiscono il nome. Lo chiamano un tale. Ci sarà un motivo. Vedremo il perché! Il giovane chiede: "Che cosa devo fare per ottenere la vita eterna?". Ottenere! Uhm: puzza di bruciato questo verbo. Non sarà che avendo molte ricchezze il tipo voglia comperare anche la vita eterna come se fosse una cosa? Giovane, svegliati! La vita eterna non la si mette in tasca, la si conquista! Infatti Gesù precisa: "Se vuoi entrare (non "ottenere") nella vita eterna osserva i comandamenti". Cioè: non pensare ad ottenere, ma ad essere. E il giovane? Gli evangelisti non lo dicono, ma è facile immaginarlo: gonfia il petto, risponde forte perché tutti lo sentano: "Tutte queste cose le ho osservate da sempre". Se Nicodemo è un curioso, un povero diavolo con la sua piaga nel cervello, questo è un ambizioso. Nella dimensione più nobile. Vuol essere perfetto. Tutti i ragazzi puntano ad essere perfetti. Non è orgoglio. Non è ambizione di carriera: è puerile, spavaldo ardore, è inesperienza della vita. Poi, guardandosi attorno, aspetta che Gesù gli dica: "Tranquillo! La vita eterna è tua". Invece le cose non vanno come lui pensa. Di quella spavalderia, noi disillusi della maturità ci saremmo infastiditi. Gesù, invece, guardandolo con tenerezza, lo amò. Quel giovane è in gamba, ha stoffa', ma anche tanta confusione: vede tutto come "cose", anche i comandamenti. Però una cosa ce l'ha: la convinzione che la vita non dipende dai beni, dalle cose che uno ha, ma da come uno se ne serve. Quel giovane va aiutato a capire. Lo ama. Perché un ragazzo che crede ancora in questi ideali - onestà e ubbidienza - che vive con impegno la bontà fa tenerezza. E sarà quasi crudele, anche se necessario, dovergli rispondere: "Perché mi chiami buono? E perché m'interroghi di ciò che è buono? Nessuno è buono tranne Dio solo". Lo ama perché quella creatura che gli sta inginocchiata davanti dice - e dice il vero - che i comandamenti li ha osservati. Bravo piccolo. Che commovente mistero un giovanotto puro, sincero, docile ai suoi doveri. Che voglia di spettinarti festosamente quella testolina ricciuta, di mandarti via promosso al Regno dei cieli. Ma quest'uomo non è ancora un santo: è un ricco. E Gesù lo aiuta lanciandogli una palla formidabile: "Se vuoi essere perfetto...". Coraggio, giovane. Fa' uno scatto di reni, lanciati sulla palla! Prendi in mano la tua vita! Dimostra a te stesso che non sei il servo delle cose, ma il padrone, tanto che puoi farne ciò che vuoi, anche venderle, anche regalarle. Niente! Il giovane rimane di sale, immobile, completamente spiazzato come i portieri di fronte ai rigori di certi campioni. Ahi... ahi... ahi... E' bravo, ma non ama l'avventura. E' per bene, ma non ama l'azzardo. I comandamenti? Fossero stati quaranta, tutto ok! Ma rinunciare alla sicurezza delle cose, questo no! "Ma allora chi si può salvare?" Lo chiedono gli apostoli. E la pagina di questo vangelo torna a complicarsi. Come dire: nessuno. Quasi che tutti, in un modo o nell'altro, fossimo ricchi. Ed è vero anche questo. Tutti infatti possediamo ricchezze. Forse buttare lo scrigno in mare, cancellare con un frego tutto quello che il catasto annovera di nostro è il meno difficile. Ma l'altro tesoro? Amori, abitudini, luoghi, bravure nostre, nostalgie coltivate, dolci veleni del pensiero, frammenti di materia o di sogno familiari a noi soli. I miei figli, quella donna, gli amici? Crediamo siano legittimi, invece sono ancora "cose", sono i "molti beni" che aveva quel giovane di cui ci parla l'evangelista. Abbassa la testa, gira i tacchi e se ne va via triste. Triste. Perché capisce che gli è stata offerta un'occasione che non si ripeterà più. Nella vita nulla si ripete! Le ore, i giorni, gli anni e ciò che essi offrono non sono né fotocopiabili, né riciclabili. Sono unici e irripetibili. Sempre! O li firmi, o li vivi da protagonista, o li perdi. Triste. Perché intuisce che rimarrà "un tale": uno dei tanti, uno del gregge, uno che segue la corrente. Perché solo chi ha il coraggio di firmare la propria vita ha il diritto e la gioia di essere chiamato per nome! Un giorno, apparve un piccolo buco in un bozzolo; un uomo che passava per caso, si mise a guardare la farfalla che per varie ore si sforzava per uscire da quel piccolo buco. Dopo molto tempo sembrava che essa si fosse arresa ed il buco fosse sempre della stessa dimensione. Sembrava che la farfalla ormai avesse fatto tutto quello che poteva, e che non avesse più la possibilità di fare niente altro. Allora l'uomo decise di aiutare la farfalla: prese un temperino ed aprì il bozzolo. La farfalla uscì immediatamente. Però il suo corpo era piccolo e rattrappito e le sue ali erano poco sviluppate e si muovevano a stento. L'uomo continuò ad osservare perché sperava che, da un momento all'altro, le ali della farfalla si aprissero e fossero capaci di sostenere il corpo, e che essa cominciasse a volare. Non successe nulla! La farfalla passò il resto della sua esistenza trascinandosi per terra con un corpo rattrappito e con le ali poco sviluppate. Non fu mai capace di volare. E Gesù lo vede allontanarsi. Ma cosa fa? Non prova assolutamente a fermarlo, non cerca di convincerlo abbassando il prezzo. Lo lascia andare via. Rispetta la libertà di quel giovane come quella di tutti. Non ricorre al "tu devi essere perfetto", ma rimane fedele al "se vuoi essere perfetto". Non c'è gioia senza libertà! |