Omelia (14-10-2012) |
don Luciano Cantini |
Liberi di lasciarci amare Mentre Gesù andava per la strada, un tale gli corse incontro L'essere per strada, racconta la parabola della vita e della concretezza della realtà. La strada è il luogo del camminare, della storia, delle prospettive, delle mete da raggiungere, degli itinerari che si incrociano, degli incontri. Su questa strada quel tale corse incontro a Gesù. È un incontro esagerato nelle premesse e forse anche nelle aspettative: quel tale corre, si getta in ginocchio, chiama Gesù buono. Questa, come le altre forme di esaltazione della realtà nella scrittura, rappresentano la forza della Fede, l'intensità delle attese e dei sentimenti, o - come qui - l'insoddisfazione del presente e l'ansia per la vita futura. «Maestro, tutte queste cose le ho osservate fin dalla mia giovinezza» Gesù riporta l'uomo alla sua quotidianità, alle cose di sempre: la vita semplice di fede che non richiede eroismi ma la fedeltà alla vita, alle relazioni, al mondo che ci circonda. La forza della fede non è nella straordinarietà o nella esaltazione delle cose, ma proprio nella continuità della vita vissuta nella ricchezza delle relazioni umane e con Dio. Quell'uomo, probabilmente già attempato (solo Matteo parla di un giovane) dice di aver vissuto questa esperienza fin dalla giovinezza. Fin lì lo aveva portato già la sua storia. Se ne andò rattristato Perché tanta tristezza nel tornare sui propri passi? molto è dipeso dalla intensità della richiesta e dalle sue motivazioni di fondo, le sue aspettative e la delusione della risposta. Quest'uomo era stanco del suo vissuto e della sua quotidianità, le sue certezze stavano traballando e cercava certezze nuove oppure stava cercando conferma delle sue convinzioni e della sua vita che reputava insufficiente e aveva desiderio di aggiungere qualche altra cosa? Gesù offre una prospettiva di liberazione, ma anche di incertezza che non soddisfa l'interlocutore. Dare via ogni cosa... non è solo problema di denaro... ma di quelle certezza che aveva conquistato fino a quel momento che costituivano la sua ricchezza, la sua appartenenza, ma anche lo steccato dove si era rinchiuso, il limite della sua visuale. Tutto per seguire Gesù, per andare dove? Il tornare rattristato fa da contrappunto al fiducioso correre dell'incontro! Gesù fissò lo sguardo su di lui, lo amò Quell'uomo non aveva sentito lo sguardo gonfio d'amore che il Signore aveva posato su di lui. Aveva corso, si era gettato a terra, aveva implorato, ma non aveva guardato, il suo sguardo non aveva incrociato lo sguardo del Signore. Non era entrato nella profondità di una relazione liberante, forse aveva già la risposta nel suo cuore e ne cercava conferma, forse il suo cuore era già colmo di troppe certezze per trovare una qualche certezza nuova da aggiungere. Era necessario liberare il cuore più che le tasche, ma probabilmente un sottile ma forte legame teneva stretto le due realtà. Troppe certezze fanno argine al nostro sguardo e, stando al racconto, sono proprio le certezze religiose che ci impediscono di guardare lontano, che ci chiudono la prospettiva, che diventano la cruna di un ago. Volgendo lo sguardo attorno Lo sguardo di Gesù si fa universale, chiama i suoi discepoli figli, e dona loro una parola che comunica in modo inequivocabile la potenza dell'amore del Padre: «tutto è possibile a Dio». Non abbiamo bisogno di una nuova religione o di una religione rinnovata, abbiamo bisogno della libertà della Fede che nasce dall'incontro con la persona di Gesù. L'unica cosa che forse ci manca è la libertà di lasciarci amare. |