Omelia (12-10-2012) |
Riccardo Ripoli |
Altri poi, per metterlo alla prova, gli domandavano un segno dal cielo Siamo uomini, e come tali legati istintivamente alle cose materiali. Continuamente abbiamo bisogno di toccare con mano per poter credere e purtroppo ciò che vediamo ci appare come la cosa migliore, senza rendersi conto che spesso è proprio quello che non possiamo vedere ad essere importante. Dio è certamente, per chi crede, il meglio del meglio, eppure molti che si rivolgono a Lui ancora chiedono segni, prodigi, miracoli per poter credere. Il Signore conosce la nostra piccolezza e pur rattristandosi che non crediamo se non vediamo, ci manda continuamente segni dal cielo, ma noi li sappiamo vedere? Quanti miracoli accadono ogni giorno, eppure molti si ostinano a reputarli coincidenze, casi fortuiti. Oggi ad esempio ero solo, avevo bisogno di qualcuno con cui parlare, ma non avevo nessuno vicino a me. Ero in bosco dove mi ero rifugiato a cercare funghi, immerso nei miei pensieri e nella mia tristezza. In periodo di funghi le uniche persone che incontri sono a testa bassa, spesso anziani signori che sono persino infastiditi dalla presenza di un "rivale", invece oggi incontro un ragazzo, lo saluto, mi risponde, ci mettiamo a chiacchierare di funghi e senza volerlo ci incamminiamo nella stessa direzione. Condividiamo un momento di svago, scambiamo idee, ci raccontiamo le nostre vite, indichiamo l'uno all'altro i posti migliori per la ricerca di funghi, scambiamo battute e ci facciamo quattro risate. Tre ore passate in allegria grazie a questo ragazzo. Qualcuno potrebbe dire "un caso", forse, ma sapete come si chiama? Salvatore. Non è certo un caso. L'adolescenza non è un periodo facile nel rapporto con i ragazzi, stanno crescendo, si credono uomini e donne fatti, non ascoltano più le nostre parole, non credono alle cose che gli diciamo e ritengono persino inutile parlare, chiedere, discutere. Preferiscono chiudersi nel loro silenzio, alzate di spalle, musi lunghi, mezze frasi, parlare alle spalle. Vorrebbero di più e sempre di più di quello che hanno, come se fosse un loro diritto avere solo perché gli altri possiedono o fanno qualcosa, non ascoltano le motivazioni per un no e rinunciano a chiedere per evitare una risposta negativa, magari per poi fare ciò che vogliono alle spalle. Ogni cosa che chiedono dovrebbe esser un si e per quanto si possano accontentare nelle cose che chiedono, si arrabbieranno, contrarieranno, metteranno il muso al primo no che diremo loro. Non capiscono la fortuna che hanno, pensano sempre a ciò che non hanno. Mai un grazie, mai un sorriso quando sei triste, mai un fare qualcosa che a loro non piace per compiacerti o starti vicino. Tutto è dovuto loro e niente devono farti. Molti che credono sono ancora "adolescenti nella Fede". Si rivolgono al Signore, lo pregano, chiedono grazie e favori, ma alla fine se non hanno tutto ciò che hanno domandato, fosse anche una sola cosa, si arrabbiano con Dio, arrivando a parlarne male, e talvolta allontanandosi da Lui. Stesso comportamento dell'adolescente. Ma perché non crescere? Perché non capire con l'aiuto dell'"adulto" quanto il Signore ci dia e quando ci dice un no o tarda a concederci quanto da noi richiesto nella preghiera è per favorirci, per farci crescere nell'anima per affrontare la nostra vita futura. Non è facile capire e sarà Dio, sarà il genitore, a portare l'adolescente a capire pian piano, ma quello che dobbiamo a Dio, quello che ogni adolescente deve al genitore, è un po' di riconoscenza, un po' di amore, una parte infinitamente piccola rispetto al grande amore che Dio, che ogni genitore, vuole al proprio figlio. Nell'affido c'è anche molto di più, ci dovrebbe essere una riconoscenza per la consapevolezza che senza quell'adulto la sua strada sarebbe molto peggiore, potrebbe essere una ragazza che fa la prostituta in Albania, oppure già sposata da tre o quattro anni con un uomo scelto dalla famiglia; potrebbe aver passato la sua infanzia ad entrare ed uscire da comunità di accoglienza dopo che i genitori adottivi lo avevano rifiutato dopo averlo picchiato per anni, potrebbe essere rinchiuso in una comunità terapeutica. Invece è in una bella casa, dove il cibo, i vestiti, la doccia non mancano mai ogni giorno, dove l'amore di due persone è riversato su di loro con grande abbondanza rinunciando alla propria vita. Questi ragazzi dovrebbero capire il male che i loro silenzi, il loro parlar male alle spalle, il loro non affetto fanno a chi li accolti in casa, un male che non è fisico, ma non per questo procura meno dolore. |