Omelia (14-10-2012) |
mons. Gianfranco Poma |
Vieni! Seguimi! Un piccolo brano nel quale Marco descrive il rapporto tra Gesù e i bambini (Mc.10,13-16) precede e prepara quello che la Liturgia della domenica XXVIII del tempo ordinario ci presenta (Mc.10,17-30). Gesù è indignato con i discepoli che rimproverano coloro che gli portano i bambini perché li tocchi; non avevano capito nulla del gesto che aveva appena compiuto: aveva messo in mezzo a loro un bambino, lo aveva abbracciato, e li aveva esortati: "Chi accoglie uno solo di questi bambini nel mio nome accoglie me e chi accoglie me, accoglie colui che mi ha mandato". Ai discepoli che continuano a non capire, Gesù di nuovo dice: "Lasciate che i bambini vengano a me" ed insiste: "Non glielo impedite". E poi ne spiega il motivo: "A chi è come loro appartiene il regno di Dio". Ma come sono i bambini? Non hanno potere, non hanno ricchezza, non hanno mezzi per conquistare nulla, devono solo affidarsi, indifesi, con una fiducia totale in chi provvede a loro. "Il regno di Dio è per chi è come loro" cioè per chi è povero, non conta niente...perché è pura grazia, perché Dio è Amore. E Gesù aggiunge: "In verità io vi dico: chi non accoglie il regno di Dio come lo accoglie un bambino, non entrerà in esso". Per entrare nel regno di Dio occorre essere spogli di ogni potere, di ogni ricchezza perché da questa viene per l'uomo il senso di onnipotenza: occorre soltanto essere abbandonati all'Amore infinito del Padre. Ed è meravigliosa la conclusione di questa piccola narrazione di Marco: "prendendoli tra le braccia, li benediceva, ponendo le mani su di loro". Non solo Gesù non allontana i bambini, ma va oltre il semplice gesto di toccarli, come era la richiesta iniziale: li stringe tra le sue braccia, come per diventare una cosa sola con loro, e pone le sue mani su di loro, per dare loro tutta la sua protezione. E questi due gesti così concreti, inquadrano la benedizione: l'intensa prossimità di Gesù non vuole essere un accaparramento dei bambini. La benedizione apre all'incontro con un terzo, invisibile, l'Altro, che è precisamente l'ingresso nel regno di Dio. A questo punto si innesta il nuovo brano. Gesù è "in cammino": un tale, anonimo, gli corre incontro ed inginocchiandosi davanti a lui, lo prega: "Maestro buono, cosa dovrò fare per avere in eredità la vita eterna?" Ritorna lo stile di Marco, essenziale, ironico, spiazzante, con cui continua il cammino, che si fa sempre più preciso, della formazione dei discepoli di Gesù. Marco non dice il nome di questo "tale" (potrebbe essere il nostro), lasciando intendere che si tratti di una persona impegnata nella ricerca del senso della propria vita, che ha la fiducia e la speranza di trovare in Gesù il maestro competente che risponda alla domanda che rimane ancora viva dentro il proprio cuore: "Maestro buono, cosa dovrò fare per avere la vita eterna?" Alla fine Marco dirà che "aveva molti beni", lasciando intendere che si tratta di una persona che con i propri mezzi può fare ciò che vuole e chiede solamente che Gesù gli dica, con la competenza del maestro autorevole, che cosa debba fare per avere anche la vita eterna. L'orizzonte nel quale questa persona cerca la risposta alla sua domanda è quello in cui si muove la fedele e diligente onestà umana. La risposta di Gesù è anzitutto spiazzante: "Perché mi dici buono? Nessuno è buono se non l'Unico, Dio". La risposta alla domanda esistenziale che questa persona cerca, non si trova sul piano del "fare" che è nella possibilità umana, ma nella relazione con l'infinita bontà che è di Dio solo. Poi, Gesù accondiscende alla richiesta del suo interlocutore: "Tu conosci i comandamenti...", e cita quelli che riguardano i rapporti sociali. È in atto la pedagogia di Gesù: se vuol sapere che cosa deve fare, deve rifarsi ai comandamenti. La sua reazione è: "Maestro, tutte queste cose le ho osservate fin dalla mia giovinezza!" E Gesù, "fissando lo sguardo su di lui, lo amò". Dunque è sincero, eppure nonostante il suo rigore morale, è insoddisfatto: tutto ciò che fa non spegne la questione esistenziale che rimane intatta. La sua onestà provoca in Gesù un interesse particolare che si manifesta in uno sguardo penetrante e nel suo amore per lui. Lo sguardo di Gesù e il suo amore! E gli dice: "Ti manca una cosa sola: va', tutto quello che hai, vendilo, donalo ai poveri, e avrai un tesoro nei cieli, poi vieni, seguimi!" A chi ha tutto e vuole sapere che cosa deve fare ancora per possedere la vita eterna, Gesù, con la sua ironia pedagogica, dice: "Ti manca una cosa sola". Che cosa gli può mancare? Gli manca di accogliere il dono che Gesù gli sta facendo: l'Amore! Egli vuole fare, rimanendo nella logica del tutto possibile a chi è ricco di mezzi umani: Gesù gli propone di uscire dal cammino razionale e tradizionale percorso fino a questo momento. Solo così può rispondere alla sua richiesta esistenziale di un tesoro nel cielo. "Va', vendi tutto, dona tutto" è la logica del diventare come i bambini, spoglio di ogni ricchezza, potere... "Vieni, seguimi": è la novità che Gesù propone, una vita nuova, affidato all'Amore del Padre, un dinamismo nuovo che non è frutto della potenza umana, ma è puro dono che si può sperimentare solo con un cuore libero, spogliato di tutto, seguendo lui. "Ma quello, fattosi scuro in volto, per questa parola, se ne andò rattristato. In effetti aveva molti beni". Dal maestro competente, lui che aveva molti beni e la possibilità di fare cose grandi, si sarebbe aspettato proposte elaborate, progetti sublimi da realizzare, ed invece si sente dire parole "folli" razionalmente senza senso: se ne va, triste, frustrato nelle sue attese e deluso da questo maestro, che credeva buono... Gesù non dice una parola di commento, si guarda attorno e dice una parola che riguarda tutti: "Quanto difficilmente entreranno nel regno di Dio quelli che hanno beni!..." Marco per due volte nota la reazione di stupore crescente dei discepoli di fronte alle parole (ai ragionamenti) di Gesù: anche per loro (e per noi?) rimane incomprensibile la logica della sua proposta. "Che cosa devo fare?" è la domanda più normale che ogni persona umana si pone nelle situazioni diverse della vita, soprattutto quando si tratta del problema radicale del senso della vita. Se la risposta di Gesù dichiara l'impotenza umana di fronte al problema essenziale, la situazione è drammatica: "Chi dunque può essere realizzato?" E la risposta di Gesù, ancora spiazzante, è meravigliosa: contiene tutta la novità del Vangelo. "Volgendo lo sguardo su di loro, disse: ‘Per gli uomini è impossibile, ma non per Dio, perché tutto è possibile per Dio' ". Ciò che gli uomini desiderano, la felicità, il senso della vita, è così grande che non è raggiungibile con le loro forze: è possibile solo a Dio. Il lieto annuncio di Gesù è proprio questo: ciò che è impossibile per l'uomo, Dio lo dona a chi è come i bambini. Tutto è grazia donata a chi ha il coraggio di lasciare tutto ciò in cui razionalmente pensa di trovare il senso della vita per abbandonarsi all'Amore del Padre. Anche Pietro sembra non capire la novità della proposta di Gesù: affidarsi alla gratuità dell'Amore del Padre che dona infinitamente di più di quanto l'uomo pensa e cerca di raggiungere con le proprie forze. Anche Pietro deve ancora convincersi che la logica razionale della ricompensa che viene da Dio per ciò che l'uomo fa', non è niente di fronte a ciò che a noi sembra stoltezza, ma è sapienza di Dio, la follia dell'onnipotenza dell'Amore che si dona gratuitamente a chi, come un bambino, si lascia abbracciare da lui. Questo brano è meraviglioso: se quel tale avesse gustato fino in fondo lo sguardo di Gesù e il suo Amore...! Se Pietro (e noi) avessimo il coraggio di abbandonare i nostri calcoli e lasciassimo spazio libero alla forza dell'Amore con cui lui ci avvolge...! |