Omelia (21-10-2012)
Omelie.org (bambini)


Chiudete gli occhi, ragazzi, e pensate ad un regno.
Come ve lo immaginate? Certamente bello, ricco, con un bel castello e tante stanze luminose, con giardini, piscine, campi da gioco, saloni per le feste, e poi ... poi la sala del trono dove il re siede per ricevere i dignitari, le persone di alto rango.
Tutti coloro che vivono in questo regno sono a servizio del Re. Lui comanda, ordina, e tutti gli altri eseguono i suoi comandi.
Dove passa il re tutto deve essere ordinato, profumato, luminoso. Per questo il Regno è pieno di servitori, di domestici che hanno come unico scopo quello di servire il re e il suo regno.
Quando Gesù parla del Regno dei cieli, i discepoli, secondo me, pensano ad un regno così. Per questo, oggi, Giacomo e Giovanni chiedono a Gesù di far loro un regalo: vogliono sedere uno a destra e uno a sinistra, proprio accanto al re.
Giacomo e Giovanni non capiscono. Il loro cuore è indurito. Eppure sono in cammino verso Gerusalemme, la città dove Gesù sarà condannato e messo a morte dal potere politico e religioso. Per ben tre volte, (ricordate?) il maestro ha fatto loro questo annuncio, ma non lo hanno capito.
Ora Gesù, ai due discepoli pretenziosi, risponde con una domanda: Potete bere il calice che io bevo, o essere battezzati nel battesimo in cui io sono battezzato?"
Cosa vuole dire?
Nel linguaggio biblico "bere il calice" è un'espressione che può avere diversi significati: c'è infatti il calice della gioia in un banchetto di festa, ma c'è anche il calice della consolazione che viene offerto alle persone che sono nel lutto dopo il funerale. C'è anche il calice dell'ospitalità descritto nel salmo 23, un calice offerto da Dio stesso, il Re, un calice abbondante, capace di ristorare le fatiche del cammino nel deserto e nella valle oscura.
Ma il vero significato del calice è quello che indica il sacrificio nel Tempio. Bere il calice, nella cultura ebraica, significa soprattutto accettare il martirio, accettare la morte. E Gesù sta andando proprio verso la morte e per questo dice: il calice che io bevo.
L'altra immagine che Gesù usa è quella del battesimo. Questo termine, nella lingua greca, significa "immersione". Sarebbe meglio, però, tradurre con "andare a fondo", "essere sommersi".
Il termine "immersione" infatti esprime un atto volontario, qui invece si intende un qualcosa che ti piomba addosso come potrebbe essere, per esempio, un'alluvione che ti sommerge anche se tu non lo vuoi. Perciò anche quella del battesimo è un'immagine che richiama sofferenza e morte.
Gesù, usando queste espressioni, afferma che stare vicini a lui nella gloria è solo di chi, al momento della prova, è capace di seguirlo, di bere lo stesso calice, di accogliere lo stesso battesimo.
Ma i discepoli hanno il cuore lontano dal loro maestro. Per questo Gesù li chiama a sé. Li chiama vicino per aiutarli a capire, per cambiare il loro cuore.
E comincia raccontando del suo Regno dove tutto è davvero diverso dai regni degli uomini che cercano solo potere.
Nel regno di Dio non sono le persone a mettersi a servizio del re, ma è il Re in persona, è Dio stesso che si fa servitore di tutti.
Per esprimere questo servizio, Gesù usa un'altra immagine: quella del riscatto. Il figlio dell'uomo, cioè Dio, è venuto per dare la propria vita in riscatto di molti. Che cos'è il riscatto?
Il riscatto era il prezzo che si doveva pagare per liberare una persona dalla schiavitù. Il prezzo del riscatto era in oro e argento. Gesù ci riscatta donando la sua vita. Questo re non riscatta con denaro d'oro e argento, ma con il suo prezioso sangue. Con la sua vita, riscatta noi schiavi di pensieri sbagliati, di affanni per diventare ricchi di denaro, di egoismi, di desideri di potere, di divisioni, di liti, di rancori, di violenza, noi lontani da Dio, lontani dal Padre.
Questo fa Gesù per noi! A che scopo? Per farci diventare buoni? Generosi? Altruisti?
Troppo poco!
Il suo gesto di amore estremo ci dona la grazia di essere nuovamente amici di Dio. Legati molto di più a Lui di quanto chiedevano Giacomo e Giovanni che volevano essere dignitari del re. Gesù offre un dono più grande: ci rende famiglia di Dio. Anche noi Re!
Il punto centrale che dà forza e colore alla nostra vita, che ci fa essere davvero "grandi", è l'amicizia con Dio, è riconoscerlo Padre, è ascoltare la sua voce, percorrere la sua stessa strada, vivere in continua comunione con lui.
In questo Regno, allora, tutto è capovolto! Chi accoglie Dio sa che è chiamato a regnare come lui: il più grande si fa ultimo e il più importante si fa servo. Proprio come ha fatto Gesù.
Buona Domenica!
Commento a cura di Sr. Piera Cori