Omelia (21-10-2012)
Gaetano Salvati
La logica dell'offerta

Oggi la fonte eterna della Parola invita l'uomo ad accostarsi fiducioso al Signore "per ricevere misericordia e grazia" (Eb 4,16), vale a dire, il dono di discernere in ogni attimo dell'esistenza la volontà di Dio. Certamente non è semplice riconoscere i segni del Padre nelle fatiche quotidiane, né tanto meno rinunciare al potere, al successo, alla prevaricazione, alla superiorità. Tali sentimenti, però, rischiano di rendere il cuore indifferente alle necessità dei fratelli, e possono distogliere lo sguardo dal senso profondo del nostro cammino dietro il Maestro. Allora, Egli ci invita a meditare il mistero del Suo amore per noi. San Marco vede la radice di quest'amore attraverso la donazione generosa, totale del Signore. Egli, il Dio della vita, il Signore di ogni cosa, è disponibile a "servire" per mostrare che la brama del potere, come pure ogni prepotenza, non aiuta la creatura a vivere in pienezza. È facile notare che l'annuncio evangelico è in assoluto contrasto con la mentalità del mondo; tuttavia, la parola di Gesù non rivela un certo divino sadomasochismo, indicato tra l'altro anche dal profeta Isaia ("al Signore è piaciuto prostrarlo con dolori": Is 53,10), bensì la legge dell'offerta: il Signore non ha esitato ad offrirsi sulla croce, quale sacrificio supremo al Padre, per riscattare l'umanità, afflitta dalle tenebre del peccato, e risollevarla fino alla gloria della vita nuova. Dal trono inaudito della croce, il Salvatore, trafitto dall'amore unilaterale e dall'impegno a condurci con sé, si abbassa fino a divenire storia, per dare una nuova direzione all'umanità, adesso non più spinta a "dominare" e "opprimere" i popoli (Mc 10,42), ma a scorgere nel volto dei fratelli, la presenza silenziosa del Dio della storia.
Adesso ci chiediamo: cosa manifesta al nostro cammino di uomini e di cristiani l'offerta generosa del Signore? Come faremo a non allontanarci dalla Sua presenza? Disponiamo dei mezzi per avvicinarci "con piena fiducia" (Eb 4,16) a Dio? Per rispondere è necessario approfondire ulteriormente il mistero dell'amore. In primo luogo, l'amore rivelato dal Figlio non è chiusura dell'essere: è apertura al mondo, è un Io rivolto ad un tu (l'uomo) che, se accolto, diviene "noi", comunione dei credenti nello Spirito. In questo senso, il mistero d'amore è la capacità di accorgersi dell'Alto nell'altro, sacrificarsi per concedere tempo al prossimo. In secondo luogo, l'amore verticale non ci chiede di essere carrieristi: per rimanere alla Sua presenza bisogna sforzarsi di riattualizzare, con uno stile di vita trasformato dalla grazia, l'offerta gratuita di Cristo Signore. Infine, prima si è detto che il Maestro si dona a noi per salvarci; dunque, una cosa è sicura: non solo in Dio c'è spazio per l'uomo (lo serve, lo salva); nell'uomo, nella personalissima speranza in un domani sereno, privo di ansie, c'è spazio per Dio. Difatti, la gioia, la stessa speranza, nascono, si sviluppano e sono motivate, inconsciamente e non, solamente a partire dall'incontro con Dio: presenza che riconsegna al mondo la forza per risollevarsi dopo la caduta.
A noi cristiani, allora, spetta il compito di testimoniare all'uomo l'amore, proclamare, con gesti di carità, servizio disinteressato, che la storia non ha un destino oscuro, avvolto nelle maglie dell'impenetrabile: ha un futuro, Cristo, da vivere (costruire) nella bellezza e nella consapevolezza di essere figli di Dio. Amen.