Omelia (28-10-2012) |
mons. Roberto Brunelli |
Imitare chi non aveva né televisione né internet Gerico: il cieco Bartimeo stava sulla strada a mendicare, quando avvertì l'avvicinarsi di una folla di gente; informatosi, apprese che stavano accompagnando Gesù con i suoi discepoli. Allora "cominciò a gridare e a dire: ‘Figlio di Davide, Gesù, abbi pietà di me!' Molti lo rimproveravano perché tacesse, ma egli gridava ancora più forte: ‘Figlio di Davide, abbi pietà di me!' Gesù si fermò", lo fece chiamare e gli chiese: "'Che cosa vuoi che io faccia per te?' E il cieco gli rispose: 'Rabbunì, che io veda di nuovo!' E Gesù gli disse: ‘Va', la tua fede ti ha salvato'. E subito vide di nuovo e lo seguiva lungo la strada" (Marco 10,46-52). L'episodio del vangelo di oggi può apparire a prima vista simile a molti altri: una guarigione miracolosa. In realtà, quando gli evangelisti non si limitano a riassunti dell'attività taumaturgica di Gesù (del tipo "guarì molti storpi, sordomuti, ciechi, lebbrosi" eccetera) ma narrano specifici casi, è perché essi presentano ciascuno una propria fisionomia, un proprio significato. E il caso del cieco di Gerico presenta più di una singolarità. E' inusuale, per cominciare, che di lui si riferisca il nome, ed è significativo che egli si rivolga a Gesù chiamandolo ‘Figlio di Davide'. Figlio, cioè discendente, del grande re: attribuirgli questo titolo significava riconoscerlo come il Messia, il salvatore promesso; rivolgersi a lui non perché restaurasse l'antico regno (come tutti ritenevano fosse il compito del Messia) ma per chiedergli aiuto nella sua personale sventura, significa che il cieco aveva capito Gesù molto meglio dei suoi conterranei. Radicati nella loro concezione del Messia, gli abitanti di Gerico che attorniano Gesù non ammettono un suo attardarsi a risolvere un singolo caso, grave per il diretto interessato ma del tutto marginale nel piano grandioso cui ritengono egli debba dedicarsi; per questo cercano di zittire il povero mendicante. Non così Gesù, il quale anzi si ferma, lo fa' chiamare, lo risana e lo congeda sottolineando la ragione del suo intervento ("Va', la tua fede ti ha salvato"): di grande rilievo, specie in questo che si configura come l'Anno della fede. Lo congeda: ma l'interessato non se ne va; anzi, altro particolare inconsueto, "lo seguiva lungo la strada". Proprio questo particolare ha suggerito, a tanti che nei secoli hanno commentato l'episodio, di leggerlo anche in chiave simbolica, come uno specchio della vita di chiunque diventi cristiano e da cristiano intenda regolarsi. L'uomo, creato da Dio ma offuscato dal peccato, spiritualmente è cieco, e della sua menomazione può guarire soltanto con la fede che lo porta a invocare il "Figlio di Davide", il Salvatore. Una volta guarito, poi, per non tornare alla condizione precedente deve seguire Gesù lungo la strada della vita. L'andare dietro Gesù è lo stile di vita proprio di chi da Cristo prende il nome di cristiano. Se poi ci si chiede che significhi, come si concretizzi l'andare dietro Gesù, la risposta è chiara: significa riconoscere lui come maestro e salvatore, come guida dei nostri passi, come meta del nostro cammino. Significa imitare lui; nelle varie circostanze della vita, comportarsi come lui. In proposito può sorgere il dubbio che sia impossibile, perché da allora il mondo è cambiato: lui non aveva l'automobile né la televisione, non navigava in internet, non doveva affrontare i vantaggi e i rischi del mondo globalizzato. E' vero, ma a ben guardare non sono cambiate per nulla le dinamiche di fondo: oggi come allora gli uomini aspirano alla felicità, e ciascuno continua a trattare i propri simili o con egoismo o con amore. Ed è di questo che lui ha parlato, è su questo che ci ha lasciato se stesso come modello. Vivere da cristiani dunque significa chiedersi ogni giorno, ogni momento: se lui fosse qui, ora, al posto mio, farebbe ciò che io sto per fare? Direbbe ciò che io sto per dire? Penserebbe quello che penso io? |