Omelia (15-02-2004) |
Paolo Curtaz |
Il segreto della felicità Andiamo all'essenziale, allora. Lasciamo che la Parola del Maestro sia come una picozza che spacca il mare di ghiaccio che avvolge il nostro cuore! Luca si è documentato per arrivare a questa pagina, ha chiesto, ha ascoltato il suo cuore e la testimonianza dei discepoli e alla fine l'ha scritta, come un tesoro nascosto, come la chiave preziosa per aprire – infine – la porta dell felicità. Tutti la cerchiamo, tutti la sogniamo, tutti ne abbiamo bisogno come l'aria, la felicità ci è necessaria per vivere, per trascinare i nostri giorni passo dopo passo, giorno dopo giorno. Quando, adulti, prendiamo consapevolezza della fragilità della vita e ci mettiamo alla ricerca del senso profondo del nostro esistere, di ciò che ci è necessario per gioire, veniamo colti dallo sgomento: no, non abbiamo in noi stessi la ragione del vivere, nessuna istruzione per l'uso ma – ahimè – interminabili e avvincenti spot pubblicitari. Per essere felice devi... e giù una lista sempre più lunga, sempre più inavvicinabile. Dunque, se ho capito bene, per essere felice devo essere almeno sano e giovane e bello. Istruito, devo lavorare con soddisfazione e guadagnare una paccata di soldi, essere conosciuto se non famoso e stimato; avere una sposa bella e giovane, tollerante e disponibile e dei figli superiori in tutto: bellezza, intelligenza e affetto. Esagero? Non credo, mi sembra che siano proprio questi i messaggi che continuamente ci arrivano in casa. Ma la cosa divertente è che conosco un sacco di gente che ci crede, che dice: "non sono felice perché non sono sufficientemnte alto o bello o raffinato, e se cambiassi lavoro e se vincessi alla Lotteria allora, sì, magari..." Illusi e idioti, truffati e infantili, crediamo davvero che in questo stia il mistero dell'uomo? Siamo davvero convinti che qualche decina di migliaia di anni di umanità, di desiderio, di ricerca ci abbia condotto a qui? Oggi la felicità non è più necessaria cercarla: qualcuno è sempre pronto a venderla, a caro prezzo. No, amici, no, davvero. Lasciamo che sia il Maestro a indicare, a suggerire, a indicare. "Beati" dice Gesù. Che sappia il segreto della felicità? Che finalmente Dio si sbottoni e spieghi l'essenziale agli uomini evitando fatiche boia? E subito una delusione: "beati voi poveri... voi che piangete...". Ma come? Cosa significa? Semplice, geniale: la beatitudine, la felicità non consiste certo nella povertà, nella sofferenza (non facciamo dire stupidaggini a Gesù: Dio non ama la sofferenza!) ma in Dio, perché chi soffre, chi ha fame si rivolge a lui. E' come se Gesù dicesse: "Se, malgrado la povertà, la sofferenza, la persecuzione, sei felice, allora la tua felicità è posta altrove: beato". Sì, amici, Gesù svela che l'origine della felicità consiste nel sentirsi amati da Dio, nel leggere la propria storia nella grande storia d'amore di Dio. La beatitudine è altrove, è dentro, è in Dio. Beato se capisci questo: allora neppure la sofferenza, la povertà, la fame possono distaccarti da questo grande oceano di felicità che è il cuore di Dio. Geremia conferma questa riflessione, come il ritornello del salmo che abbiamo proclamato: "Beato chi pone la speranza del Signore". Gesù, mentre parla, si rivolge ai suoi uditori: "Beati voi poveri": li conosce, li vede, parla loro, Dio li ama, perché lui si è fatto povero. E Luca aggiunge a sorpresa quattro "guai"; ce lo vediamo Gesù che alza lo sguardo verso Gerusalemme e vede i ricchi, i sazi, i prepotenti e annuncia loro i "guai". No, Gesù non maledice, Dio è incapace di augurare il male lui che è bene. Gesù vede la conseguenza di una ricchezza, di un'arroganza che chiude il cuore. Un cuore sazio si dimentica, un cuore affannato non si accorge della verità, un cuore in ansia per la ricchezza è schiavo, non libero, del proprio potere. Quant'è drammaticamente vero! Quante persone "realizzate" conosco e che pure sono umanamente miseri, spiritualmente aridi. Realizzati, sì, temuti, invidiati eppure soli con la propria supponenza, estranei al mistero della vita... Anche noi, come Geremia, siamo posti di fronte a due scelte: la mentalità di questo mondo che ci dice che per essere felici occorre essere e possedere, riuscire e apparire, o quella di Gesù che dice che basta lasciarsi incontrare da Dio (ricordate domenica scorsa?). Che non abbia ragione Dio, una volta tanto? |