Omelia (28-10-2012) |
mons. Gianfranco Poma |
Va', la tua fede ti ha salvato Nella domenica XXX del tempo ordinario, leggiamo l'ultimo racconto di guarigione del Vangelo di Marco (10,46-52) dopo il quale inizia il ministero di Gesù in Gerusalemme, che culmina nella morte e nella risurrezione. Marco ha già narrato la guarigione di un cieco: dopo la seconda moltiplicazione dei pani, i discepoli nel ritorno in barca si sono mostrati particolarmente confusi e Gesù si è meravigliato che non comprendessero il senso di ciò che stava accadendo (Mc.8,1-22). Poco dopo, sbarcando a Bethsaida, Gesù si è trovato di fronte a un cieco; l'incontro è stato piuttosto complesso: è stato necessario condurre il cieco a Gesù, pregarlo perché lo toccasse. Gesù lo ha condotto in disparte, gli ha messo la saliva sugli occhi...ma il risultato è stato limitato: "Vedo la gente, dice il cieco, ma vedo come degli alberi che camminano". È stato necessario che Gesù gli imponesse di nuovo le mani perché potesse vedere distintamente le cose e le persone. A questo punto a cui Marco ha condotto il racconto evangelico, la guarigione del cieco è carica di valore simbolico: dice che i discepoli hanno ancora bisogno di essere guariti dalla cecità che impedisce loro di vedere il mondo nuovo proposto dal loro Maestro. La guarigione del cieco anticipa la loro ed è quindi segno di speranza, ma sottolinea anche quanto cura Gesù debba ancora impiegare perché i discepoli possano arrivare a "vedere": tra la guarigione del cieco di Bethsaida e quella di Bartimeo c'è il cammino che Gesù compie con loro con il triplice annuncio della passione. Dove Marco la colloca, appena prima della passione, la guarigione di Bartimeo, la sua esperienza, assume un significato nuovo: è l'icona del vero discepolo, che con decisione ed energia, senza che nessuno lo spinga, ma per la forza del solo suo desiderio, vede il Messia come egli vuole essere, e lo segue decisamente. Come sempre, Marco con pennellate essenziali, disegna un quadro preciso nel quale ogni particolare ha un significato. Gerico è una città che ha un passato biblico importante: Marco la cita unicamente per dire che il cammino di Gesù passa attraverso Gerico, ma per uscirne, perché non è lì la sua meta. E costruisce con cura una frase nella quale, dicendo che lui cammina con i discepoli e con una grande folla, il soggetto è un personaggio a prima vista minore, che non compare altrove nel Vangelo, "Bartimeo, il figlio di Timeo, cieco, mendicante, seduto lungo la via". Prepara così un confronto: la relazione personale tra Bartimeo, figlio di Timeo e Gesù di Nazaret, figlio di Davide. Bartimeo per la società è un escluso, emarginato per il suo limite, può essere solo un mendicante, chiuso nella sua condizione disonorevole. Per il Vangelo ha un nome: Bartimeo, figlio di Timeo, che potrebbe significare "figlio di Onorato". "Avendo sentito che è Gesù il Nazareno, cominciò a gridare e a dire: "Figlio di Davide, Gesù, abbi pietà di me!". In questa frase di estrema sintesi Marco ci comunica l'esperienza che Bartimeo ha vissuto e che ha generato l'inizio del movimento che lo ha condotto ad incontrare Gesù e a rinascere come uomo nuovo. Bartimeo "ha sentito": lui, cieco, emarginato, escluso, è vivo, può sentire e gridare, farsi sentire. Che cosa ha sentito? Non ha sentito solo il rumore della folla, ha sentito "è Gesù il Nazareno". Quello che potrebbe essere solo un normale avvenimento, è l'annuncio di una persona che passa, Gesù il Nazareno, una persona concreta, che condivide la vita di tutti, che ama gli ultimi, che sta camminando verso Gerusalemme, dove, come ha annunciato per tre volte, sarà condannato dai capi dei sacerdoti e dalle autorità...sarà ucciso e dopo tre giorni risorgerà. Bartimeo ha sentito la presenza di uno nel quale può sperare, perché con lui la sua vita può uscire dalla emarginazione in cui è condannato, e comincia a gridare: "Figlio di Davide, Gesù, abbi pietà di me!" Il figlio di Timeo si rivolge a uno, che con lui condivide la condizione di figlio, anche se Gesù è figlio di Davide, è il Messia, ma ormai egli sa che Gesù non è il Messia che vuole liberare il suo popolo dalla oppressione dei Romani, non è colui che viene per mostrare l'onnipotenza di un Dio che ci liberi dai nostri mali, ma è il Messia che condivide la nostra debolezza per dirci che solo "vedendo" l'amore con cui il Padre ci ama la nostra vita è salvata. Pietro aveva proclamato: "Tu sei il Messia!" (Mc8), ma poi ha cercato di trattenere Gesù dal suo cammino verso Gerusalemme. Bartimeo "ha sentito" che Gesù il Nazareno è il Messia che si spoglia di tutto, per essere con lui, la sua speranza, la sua vita: per questo può confidare in lui. Per questo il suo grido: "Figlio di Davide, abbi pietà di me!" ormai è incontenibile. E Gesù che accetta ora di essere invocato come "Messia", il "figlio di Davide" non trionfante ma umile e immerso nella umanità, ascolta il grido di Bartimeo e "sta" lì, per lui. Gesù non va' verso Bartimeo, come aveva fatto per il cieco di Bethsaida, aspetta che lui venga, esprimendo fino in fondo il suo desiderio di uscire dalla sua emarginazione. Anche la folla viene coinvolta ed educata a non essere di ostacolo ma di aiuto per il suo cammino di liberazione. All'invito di Gesù: "Chiamatelo", la folla si rivolge al cieco: "Coraggio, alzati, ti chiama". "E liberatosi del suo mantello, si alzò in piedi e andò da Gesù": si spoglia del poco che possiede, di ciò che ancora lo protegge, si libera dal segno della sua condizione di mendicante e lui, che ancora non vede, va verso colui nel quale sente di poter trovare ciò che cerca. Comincia il dialogo interpersonale, libero, il dialogo della fede. "Che cosa vuoi che faccia per te?" "Signore mio, che io veda!" Gesù lo spinge ad andare fino in fondo dentro di sé, ad esprimere con chiarezza ciò che lo fa soffrire e da cui vuole essere liberato e Bartimeo sa che in questo incontro si gioca tutto il senso della propria esistenza. "Va', la tua fede ti ha salvato!": è la parola semplice, spoglia di gesti complicati come era accaduto nel caso del cieco di Bethsaida, che fa di Bartimeo un uomo nuovo. La "tua fede...": quante discussioni nel corso dei secoli, quanti litigi, quante teologie sulla fede, quante separazioni... La fede semplice, ma nata dal profondo dell'umanità implorante del cieco figlio di Timeo che ha incontrato Gesù il Nazareno, in cammino verso Gerusalemme, rifiutato dai capi, consegnato ai pagani... e ha visto in lui il figlio di Davide, non perché voleva vincere le guerre, dare nuove leggi, essere servito, ma voleva solo servire, com-patire, recare al mondo il lieto annuncio dell'amore del Padre che fa dell'umanità una comunità di fratelli, la fede semplice salva l'uomo. "La tua fede ti ha salvato": la fede semplice, la fiducia in colui che solo ti ama, non ti giudica, ti perdona, l'abbandono totale in lui che trasforma la vita... "E subito recuperò la vista e lo seguiva nella via": l'incontro con Gesù gli ha donato la forza, il coraggio, lo ha rimesso in piedi. Adesso vede tutto: anche se "la via" è quella della croce, è piena di luce perché, seguendo lui, è la via dell'Amore che si dona senza riserve, è la via di Dio. |