Omelia (04-11-2012) |
Gaetano Salvati |
Commento su Marco 12,28-34 "Ascolta, o Israele" (Dt 6,3): in questa parola è racchiusa tutta la fede del popolo ebraico. Mosè, nella prima lettura, dice che l'ascolto è il ricordo, per tutte le generazioni (v.2), dell'opera compiuta da Dio: la liberazione dalla schiavitù. Nella memoria dell'amore, della fedeltà, della vicinanza del Signore nelle difficoltà, nasce nel cuore dell'uomo, e si manifesta "con tutto il cuore, con tutta l'anima e con tutte le forze" (v.5), la gioiosa adesione dell'obbedienza di fede. L'ascolto, però, non è soltanto un ricordo da attuare nel presente, è soprattutto manifestazione, nella vita, dell'amore di Dio. Non un amore distante ed estraneo dal nostro; piuttosto, nella volontà di aderire all'amore, diveniamo veramente noi stessi: creature in perenne ascolto della Sua chiamata, obbedienti al Suo comando e in grado di amarLo. Ma che cosa significa amare Dio? La risposta è indicata da Gesù. Ad "uno degli scribi" che gli domanda: "qual è il primo di tutti i comandamenti? (Mc 12,28b), il Maestro dapprima risponde: "amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore, con tutta la tua forza" (v.30); poi: "amerai il prossimo tuo come te stesso" (v.31). La parola di Gesù, pur non aggiungendo nulla al contenuto dell'Antico Testamento, costituisce una novità. Egli non afferma che esistono due o più comandamenti, ma un'unica precetto, l'amore, che regola la realtà della vita credente. Non si tratta di un amore intangibile, ma pienamente rivelato e offerto a noi dall'azione del Salvatore. La Lettera agli Ebrei evidenzia, infatti, che Egli è il "sommo sacerdote" (Eb 7,26), vicino, impegnato nelle vicende del mondo, perché, in ascolto delle ansie e dei turbamenti dell'esistenza, ha offerto se stesso (v.27) per liberarci dalla morte. È il sacerdote eterno (v.24), sempre attento a salvare l'uomo dal peccato. Fermiamoci un istante e meditiamo il Suo sacerdozio "che non tramonta" (v.24). L'autore della Lettera afferma che per amarLo, per essere suoi discepoli, occorre la disponibilità ad essere ascoltatori dell'Altro negli altri. Ciò significa che l'amore verso Dio si rivela unicamente nella capacità di servirLo nei fratelli con umiltà e dedizione. Questo duplice amore (verso Dio e verso gli uomini), tuttavia, non è dolce. Esso porta in sé tutto il carico dell'assimilazione della nostra volontà con quella di Gesù. Richiede, cioè, lo sforzo e la ragionevole difficoltà di ascoltare l'Amore, e mettere a tacere i nostri egoismi; ancora, esige la nostra partecipazione alle sofferenze, alle prove dei fratelli. La sua esigenza mostra, inoltre, che l'amore va vissuto con gratuità: si ama, si corre il rischio di amare, per accogliere, per crescere nel dono della diversità, infine, per condurre l'uomo verso la gloria; non, invece, per ricevere in cambio una gratificazione. Forse ogni difficoltà ad amare, la paura di amare, è legata a una difficoltà di dialogo, di ascolto. Il Signore, invece, esorta a lasciarsi modificare dalle esigenze dell'amore, così da gustare il frutto amabile dell'Amore: la vera essenza della nostra vita. Amen. |