Omelia (04-11-2012) |
don Alberto Brignoli |
Fede e vita… che "rottura"! Nessuno è così ingenuo da pensare che si possa amare Dio senza amare i fratelli. È vero semmai il contrario: posso essere preso da sentimenti di amore verso il prossimo, verso l'umanità, pur senza essere credente, e di casi di filantropia non legati ad un'espressa scelta di fede ce ne sono un'infinità, e sono veramente lodevoli. Del resto, l'amore verso i propri simili è una cosa del tutto naturale, quasi istintiva. Se invece, come dicevo prima e come dice il Vangelo di oggi, amare Dio e quindi vivere una forte dimensione di fede nella nostra vita, ci porta di conseguenza ad amare anche il nostro prossimo... come mai spesso anche nei nostri comportamenti da buoni cristiani questa cosa così inevitabile non si verifica? Sapete? Io mi sento spesso dire da tanta gente lontana dalla Chiesa e dalla pratica religiosa affermazioni del tipo: "Perché mai devo andare in chiesa? Fare del bene agli altri vale molto di più, di fronte a Dio. E poi, se il "modello" sono quei cristiani tutto "casa e chiesa" che poi quando escono dalla messa domenicale si comportano in maniera poco cristiana e anche poco umana verso i loro simili, beh...allora è proprio meglio evitare di seguire il loro esempio!". Sono d'accordo con chi sostiene che affermazioni di questo tipo spesso sono mere e gratuite giustificazioni al fatto che non si vuole mantenere una pratica religiosa per pigrizia o per mancanza di fede, e allora qualsiasi scusa è buona, ed è pure facile giudicare gli altri da qualche loro comportamento non esemplare; cosa che non elimina la necessità che ognuno di noi faccia un serio esame di coscienza sul suo rapporto con Dio. Eppure, queste e simili affermazioni, a volte sulla base di evidenti fatti di incoerenza da parte nostra, come cristiani ci interpellano e non ci possono lasciare indifferenti. Perché credo che la questione fondamentale sollevata dal Vangelo di oggi sia quella del rapporto tra fede e vita, tra pratica religiosa e carità praticata, tra Credo professato e Credo vissuto: in definitiva, come ci ricorda Gesù nel Vangelo, tra il "primo" e il "secondo" comandamento di una fede che era già la fede dell'Antico Israele, ovvero l'amore dovuto a Dio "con tutto noi stessi" e l'amore dovuto al prossimo "come a noi stessi", che, di fatto, sono la stessa, identica cosa. E se amore a Dio e amore ai fratelli sono, di fatto, la stessa cosa, separarli o non viverli congiuntamente e con coerenza rappresenta una frattura, la rottura, la fine dell'amore. Purtroppo, però, non parliamo di pure ipotesi o di cose che possono succedere isolatamente, rappresentando un'eccezione rispetto alle grandi manifestazioni di amore e di carità che noi credenti in Cristo sempre dimostriamo verso i nostri fratelli: la rottura tra fede e vita, che, di fatto, è la frattura e la rottura dell'amore, è un pericolo sempre in agguato nel nostro tentativo di essere veri discepoli del Cristo, e per evitarlo dobbiamo attuare non pochi sforzi, a partire dalle piccole cose di ogni giorno. Già, perché se riteniamo che la nostra coscienza di credenti possa sentirsi a posto perché abbiamo partecipato alla Messa domenicale e ai principali Sacramenti della nostra fede ("olocausti e sacrifici", si dice nel Vangelo di oggi), ma poi il nostro atteggiamento verso i nostri fratelli è fatto di esclusione, di giudizi e di pregiudizi, di maldicenze, se non addirittura di calunnie, di condanne ingiuste e di fenomeni di razzismo, beh...è proprio il caso di dire che come cristiani non ci siamo! Se partecipare ad un pellegrinaggio ad un luogo spiritualmente suggestivo, con la più grande ed intensa devozione, è per noi un momento di forte ricarica spirituale, ma poi il nostro modo di gestire le risorse, l'economia, il salario dei nostri operai, i soldi pubblici e le cose di tutti va da tutt'altra parte rispetto ad un'etica profondamente cristiana, c'è qualcosa che non funziona! Se con la bocca professiamo che Gesù è il Signore, e magari lo cantiamo e preghiamo con intensità in un'assemblea domenicale, ma poi con la stessa bocca riempiamo di ingiurie il marito disordinato, i figli capricciosi, la moglie nervosa, i genitori anziani, i colleghi antipatici, mostrandoci impazienti e poco comprensivi nei confronti di chiunque ci capiti a tiro, mi pare evidente che il collegamento tra amore a Dio e amore ai fratelli sia proprio da rivedere. Per non parlare poi di questioni cosiddette di "macroetica", ovvero di comportamenti di cristiani o presunti tali su scala pubblica, in ambito civile, sociale e politico; quei comportamenti per i quali - magari anche in nome di Dio e della nostra fede - portiamo sviluppo e promozione umana a favore di molti popoli della terra colpiti da povertà di ogni tipo, e poi non sappiamo denunciare in maniera forte e profetica le azioni militari e il traffico di armi delle grandi potenze economiche che portano a quelle stesse popolazioni tutt'altro che amore e carità! E non mi dite che sono affermazioni semplicistiche che lasciano il tempo che trovano, in quanto bisogna saper comprendere e contestualizzare le scelte fatte da coloro che da cristiani si ritrovano a governare le nazioni: qui di semplicistico c'è solo il nostro atteggiamento di cristiani capacissimi a conformarci con due o tre cosette "di chiesa" per sentirci a posto in coscienza! Non basta! Se addirittura allo scriba che arriva a fare questa bellissima affermazione del Vangelo: "Amare Dio...e amare il prossimo come se stesso vale più di tutti gli olocausti e sacrifici", Gesù risponde con un lapidario e scarno "Non sei lontano dal Regno di Dio", che di certo non suona come una gratificante benedizione, cosa direbbe il Maestro oggi a noi, cristiani che ci lamentiamo delle chiese vuote e degli attacchi spesso gratuiti alla Chiesa, ma ci interroghiamo poco sul perché di queste cose? Vogliamo riscoprire la nostra fede, in questo Anno ad essa dedicata? Ripartiamo da qui, visto che amare i fratelli come espressione dell'amore che abbiamo per Dio, in fondo, è qualcosa che tutti, ma veramente tutti, siamo in grado di poter fare! |