Omelia (04-11-2012) |
mons. Antonio Riboldi |
Il più grande comandamento Credo che tutti conserviamo nella mente e nel cuore il ricordo dei nostri cari defunti. La prima domanda che viene alla mente, visitando le loro tombe è: 'Dove sono i miei cari, ora?'. Certamente occupano il posto presso Dio, che si sono costruiti nella vita o stanno pagando il modo disinvolto in cui hanno vissuto la loro esperienza qui tra noi, senza la presenza di Dio, forse quasi come se Dio non esistesse... alla Sua Misericordia e Bontà possiamo sempre affidarli. Quante volte penso ai miei cari e a tutte le persone che ho incontrato nella vita, come cristiano e ancor più come vescovo: tutti li incontrerò presso Dio. Posso dire di avere amato e servito tanta gente e a tanti, proprio donando Dio, che forse era stato messo da parte nella loro vita, l'ho fatto ritrovare... Nel nostro tempo c'è una diffusa leggerezza, frutto di un mondo materialista, che ci porta a vivere il presente, con quel poco o nulla che contiene, come se fosse un assoluto, facendo tacere lentamente il pensiero del 'domani', che ci attende dopo la partenza da questa terra. È triste considerare la vita - immenso dono che Dio ci ha fatto, come cammino verso l'eternità della gioia - come un' avventura limitata o con poche o nessuna gioia. Dovremmo imparare a vivere l'istante, che è la nostra vita su questa terra, non con leggerezza, superficialità e tanto meno noia o, peggio ancora, 'sballo', ma con pienezza e impegno, frutti del nostro cuore e pensiero sempre rivolti all'eternità, che 'ci appartiené. Là è la moltitudine di uomini e donne che sono vissuti tra di noi o prima di noi: tutti accomunati dal dono della vita, ma alcuni vissuta come prova di amore e bontà e, Dio non voglia, altri che hanno sprecato una tale opportunità, unica opportunità. Infatti, non tutti hanno la grazia di considerare questa vita un'attesa alla vita eterna. Per questi nostri fratelli occorre pregare, perché solo la Luce dello Spirito può aprire queste tenebre. Del resto è ben poco il tempo che viviamo su questa terra in confronto all'eternità che attende tutti, senza eccezioni... ma non tutti con la stessa sorte. Quante persone ho avuto modo di conoscere che vivevano con il pensiero sempre rivolto all'eternità, quella beata. 'Che cosa vuole che siano i pochi anni di fatiche - mi diceva un amico - in confronto alla pienezza di Vita con il nostro Signore! E' il solo interesse che mi accompagna e mi consente di vivere già qui con serenità, nonostante tutte le difficoltà e sofferenze, che offro per me e per le persone che amo'. Ma è davvero questa la verità della vita? E' bene farci questa domanda, soprattutto in questi giorni, in cui ricordiamo i nostri cari... defunti, qui sulla terra, ma viventi presso Dio. Sì, i nostri cari sono in Dio e sono certo che pregano per noi, affinché quando sarà compiuto il nostro cammino li possiamo raggiungere. Ma qual è la via sicura che conduce al Cielo? Ascoltiamo la Parola di Dio di oggi, che ci illumina, fortifica e rassicura: "In quel tempo si avvicinò a Gesù uno degli scribi e gli domandò: 'Qual è il primo di tutti i comandamenti?'. Gesù rispose: 'Il primo è: Ascolta, Israele! Il Signore nostro Dio è l'unico Signore; amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore e con tutta la tua anima, con tutta la tua mente e con tutta la tua forza. Il secondo è questo: Amerai il tuo prossimo come te stesso. Non c'è altro comandamento più grande di questi'. Lo scriba gli disse: 'Hai detto bene, Maestro, e secondo verità, che Egli è unico e non vi è altri all'infuori di Lui; amarLo con tutto il cuore, con tutta l'intelligenza e con tutta la forza e amare il prossimo come se stesso vale più di tutti gli olocausti e i sacrifici'. Vedendo che gli aveva risposto saggiamente, Gesù gli disse: 'Non sei lontano dal Regno di Dio'. E nessuno aveva più il coraggio di interrogarLo". (Mc. 12,28-34) La risposta di Gesù è di una semplicità disarmante, una risposta che è la regola di vita per eccellenza: la nostra esistenza quaggiù acquista un senso per l'eternità solo se vissuta nell'amore a Dio e ai fratelli. Se ci pensiamo bene, tutti, senza distinzioni, nel profondo del cuore sanno che amare ed essere amati è il vero segreto della gioia. È grande la gioia quando ci sentiamo amati in famiglia, tra gli amici, sul lavoro. Ma l'amore chiede di saper dimenticare se stessi per fare posto all'altro. Non è un sentimento che 'dura quanto durà, come troppi pensano. L'amore è una scelta di vita che va coltivata nella fiducia, nell'ascolto, nell'attenzione, nella capacità di perdono. È farsi dono con tutto il cuore, anche a chi non ci pensa o non ci ama. Se ci interroghiamo seriamente su ciò che ci rende felici, la risposta non sarà in riferimento a qualche cosa di quaggiù, ma alla capacità di amare e di lasciarsi amare... nonostante tutto. Ci può essere intensità di gioia fuori dall'amore? Penso proprio di no. Ma quando l'amore diventa un dialogo con il Dio vivente e presente nella nostra storia quotidiana, davvero diventa 'estasi', cioè capacità di uscire dal nostro io egoistico per aprirci a Lui e ai fratelli. Amare Dio, per i martiri, è dare la vita per lui, ma per i Suoi discepoli, tutti noi, è donargliela, dimostrargli che Lo amiamo, ogni giorno, in ogni situazione, attraverso l'amore al prossimo. È la via della scelta battesimale, che Dio ci fa', di poter rendere tutto della nostra esistenza un amare Lui e i fratelli, ritenendo un nulla tutto quello che è solo terreno. Vi è poi una via privilegiata, in cui Lui sceglie 'quelli che vuole': è la vita di consacrazione religiosa, che non è mai frutto di una decisione personale, ma la scelta stessa di Dio, che scegli alcuni, perché vivano per Lui totalmente: una totalità che si esprime con i voti di povertà, castità ed obbedienza, davvero scoprire e 'vedere' Dio in ogni aspetto del vivere quaggiù. È un'esperienza che, se vissuta in pienezza, è davvero un immenso dono di Dio. Basta leggere la vita di qualche santo, per ammirarne la bellezza. Mi ha sempre impressionato la vita di S. Teresina del Bambino Gesù. Una vita, all'apparenza quasi banale, ma che nascondeva una tale profondità, bellezza e trasparenza, freschezza del dono ricevuto, anche nei momenti più bui e difficili, da diventare davvero un paradigma della vita vissuta evangelicamente. Guardando a lei e a tutti coloro che hanno saputo vivere evangelicamente, cioè santamente, nell'Amore, nasce spontanea la domanda: 'Ma davvero, anche nella nostra vita, l'Amore di Dio è messo al primo posto, osservandone i comandamenti e soprattutto vivendo la gioia della sua Presenza e del dialogo con Lui?' Accogliamo l'invito del nostro Dio, espresso nelle parole del Deuteronomio: "Ascolta Israele, il Signore è il nostro Dio; il Signore è uno solo. Tu amerai il Signore con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima, con tutte le tue forze. Questi precetti che ora Io ti do, ti stiano fissi nel cuore", (Deut. 6, 4-6) |