Omelia (04-11-2012)
Marco Pedron
Sarai ciò che credi

Qualche domenica fa Gesù aveva proposto il suo messaggio ad un ricco: ma il ricco aveva rifiutato. Era troppo difficile per lui staccarsi dai suoi beni, dalla sua "roba", dalle sue certezze materiali. Non era lui che possedeva le ricchezze ma erano le ricchezze che possedevano lui.
Oggi il vangelo ci propone un altro elemento di resistenza a Gesù: le credenze religiose. Una certa religione è nemica di Dio, anzi è impedimento per arrivare a Lui. Quindi quando le persone dicono: "Io credo", non vuol dire che siano cristiane. "Ok, credi, ma in cosa?". L'uomo del vangelo di oggi era un supercredente ma questa sua fede era avversaria di Gesù.
Anzi il vangelo ha un paradosso che sembra strano: più uno è lontano dalla religione e più gli è facile accogliere Dio; e più uno è vicino o imbevuto di religione e più gli è difficile accoglierlo.
Quali saranno i luoghi più pericolosi per Gesù? Le chiese! In una sinagoga verrà presa la decisione di assassinarlo (Mc 3,1-6) e nel tempio tenteranno di lapidarlo (Gv 10,31-33). La sua condanna sarà emanata dalla più alta carica religiosa: il sommo sacerdote e il sinedrio, le persone cioè più pie e religiose, la confermeranno, gli sputeranno in faccia, lo schiaffeggeranno, lo bastoneranno e lo irrideranno (Mt 22,65-68). Vedete l'ideologia religiosa: in nome di Dio hanno ucciso Dio.

Un'idea religiosa è una credenza il cui rischio è quello che diventi verità assoluta. Poiché è religiosa, cioè viene attribuita a Dio, allora diventa inconfutabile, incontrovertibile, allora ci appare come la verità, l'unica verità, l'assoluta verità. Spesso però le idee religiose nascondono ben altro.

Cosa succede allora nel vangelo di oggi? Siamo in Mc 12 e prima di questo vangelo alcuni farisei erano andati da Gesù per metterlo alla prova (Mc 12,13). Lo avevano fatto chiedendogli: "E' lecito o no dare il tributo a Cesare?" (Mc 12,14). In realtà erano totalmente disinteressati della risposta, ma cercavano solamente motivi per accusarlo. Se avesse risposto "sì" si sarebbe inimicato il popolo, se avesse risposto "no" si sarebbe inimicato i Romani. Ma Gesù ne uscì brillantemente: "Date a Cesare quel che è di Cesare e a Dio quel che è di Dio" (Mc 12,17).
Visto che i farisei non ci erano riusciti, allora ci provano i sadducei. Vanno da Gesù con un caso assurdo (Mc 12,18-27): "C'era una donna che sposò un uomo, che morì... la prese il fratello che morì... e così tutti e sette i fratelli". Ma neppure loro riescono ad incastrarlo.
Allora arriva lo scriba di oggi che ha già sentito Gesù discutere con farisei e scribi (Mc 12,28). Gli scribi erano i teologi ufficiali del tempo: erano coloro che "conoscevano" e sapevano tutto di Dio. Dedicavano tutta la vita allo studio della Bibbia e a 40 anni (un'età molto avanzata per quel tempo) ricevevano attraverso l'imposizione delle mani lo stesso spirito sceso su Mosè (Nm 11,16-17).
Il loro compito era di salvaguardare e di custodire la Legge: il loro insegnamento veniva equiparato alla stessa parola di Dio e i loro decreti "verità divina". Proprio per questo avevano un prestigio e un'autorità che superavano quella del sommo sacerdote e dello stesso re. Indossavano abiti e distintivi religiosi e venivano chiamati: "Rabbì" (Mt 23,7-8).
Ma Gesù riderà di loro e dirà delle cose terribili: "Ipocriti...guide cieche... serpenti... razza di vipere... sepolcri imbiancati pieni di ossa di morti e di ogni putridume..." e poi: "Legano pesanti fardelli... fanno tutto per essere ammirati... chiudete il regno dei cieli davanti agli uomini e così non vi entrate voi e non lasciate entrare nemmeno quelli che vogliono entrarci... percorrete la terra e il mare per fare un solo proselito e, ottenutolo, lo rendete figlio della Geenna il doppio di voi... puliti all'esterno e pieni di ogni marciume dentro..." (Mt 23,1-36).
Gesù non li ama perché, nascosti dietro alle loro regole religiose, sono diventati disumani: non sentono più, non sanno più che cosa sia l'amore, la tenerezza, la compassione, il perdono.

Questo scriba va da Gesù e gli chiede: "Qual è il più il primo di tutti i comandamenti?" (Mc 12,28).
Ma non erano dieci? Gli scribi dai Dieci Comandamenti aveva fatto passare come "comandamenti" tutti i 613 precetti che regolavano la vita dell'individuo (365, come i giorni dell'anno, erano precetti: cose da fare; 248, come gli elementi del corpo umano di quel tempo, erano divieti: cose da non fare).
C'erano varie teorie, in ogni caso lo scriba non gli chiede per sapere perché lui la risposta ce l'ha già (per niente in Mt 22,35 e in Lc 10,25, lo scriba va da Gesù "per tentarlo").
Lui che sa, conosce benissimo la risposta. Il comandamento più grande: "Il sabato", ovvio! Rifacendosi a Gen 2,3 anche Dio era sottoposto a questo comandamento: pure lui dopo sette giorni si riposò. La disobbedienza del sabato era punita con la pena di morte (Es 31,14).
E Gesù come si comporta di sabato? Se ne infischia! Perché una regola contro l'uomo per lui non ha alcun senso: "Il sabato è stato fatto per l'uomo e non l'uomo per il sabato" (Mc 2,27). Di sabato non si può fare nessun lavoro, neppure curare o visitare gli ammalati. Ma lui lo fa (Lc 13,14).
Di sabato non si può fare più di 900 metri (2000 cubiti): ma lui li fa e durante questa scampagnata strappa le spighe di grano, uno dei 39 lavori proibiti esplicitamente di sabato (Mc 2,23-28). Di sabato non si può trasportare nessun peso: ma lui invita l'uomo infermo a farlo (Gv 5,8.10).
Lo scriba quindi va a colpo sicuro: "Gesù, visto quello che fa', è chiaro che non dirà mai il sabato. Ma così facendo dimostra e sancisce la sua ignoranza". Ma Gesù lo stupirà e c'è mancato poco che lo seguisse!

Gesù infatti cita due testi dell'A.t.: uno è il Deuteronomio (Dt 6,4-9), preghiera che ogni pio ebreo recitava due volte al giorno (lo Shemà Israel): "Amerai dunque il Signore Dio tuo con tutto il tuo cuore, con tutta la tua mente e con tutta la tua forza" e l'altro è il Levitico (Lv 19,18): "Amerai il prossimo tuo come te stesso".
Rispondendo così, visto che l'altro è uno scriba, l'esperto della Scrittura, anche Gesù si dimostra esperto e pienamente competente. Tanto è vero che lo scriba è costretto ad ammettere (e non può non farlo visto che questi testi ci sono nella Bibbia): "Hai detto bene, Maestro...".
Nell'A.t. c'erano due grandi tradizioni: una che attraverso il culto si arrivava a Dio (l'amore a Dio passa attraverso la preghiera), l'altra, quella dei profeti, che solo attraverso l'amore per l'uomo si arrivava a Dio (l'amore a Dio passa per l'incontro con il prossimo). Gesù si situa in sintonia con questa seconda corrente, con i grandi profeti dell'A.t.: "Voglio la misericordia e non il sacrificio" (Os 6,6; Mt 9,13; 12,7). Allora lo scriba, a denti stretti, deve ammettere. "E' giusto quello che tu dici! Amare il prossimo vale più di tutti gli olocausti e i sacrifici". D'altronde lo diceva la Bibbia (Am 5,21)!

Lo scriba riconosce la sapienza di Gesù, Gesù riconosce che lo scriba ha un margine di apertura. Per questo gli dice: "Non sei lontano dal regno di Dio" (Mc 12,34). Questo scriba non è così arroccato, intransigente, impermeabile come gli altri: quasi quasi si lascia scalfire da Gesù.
In Mc 1,15 si dice: "Il regno di Dio è vicino; convertitevi e credete al vangelo (=buona notizia)". Cioè: il regno di Dio è vicino e per entrarvi dovete convertirvi e lasciar spazio ai valori del vangelo e non agli onori, alla superiorità, alla purezza, al prestigio, al potere.
Lo seguirà questo scriba? No. Dal vangelo non risulta proprio (visto poi ciò che dice di loro; Mc 12,35-40).
Nel vangelo c'è uno scriba che vuole seguire Gesù: "Maestro, io ti seguirò dovunque andrai!". E Gesù: "Le volpi hanno le loro tane e gli uccelli del cielo i loro nidi, ma il Figlio dell'uomo non ha dove posare capo" (Mt 8,19-20). Cosa vuol dire Gesù? Tu sei scriba e hai casa, onori, prestigio, influenza, ambizione, posizione: io no. Sei disposto a perdere tutto questo per me, per vivere il mio messaggio? La risposta sarà chiara: "Mi chiedi troppo!".

Dobbiamo sempre ricordare che Gesù ha davanti un ebreo. Perché Gesù ai suoi seguaci non dirà mai di "amare il prossimo tuo come te stesso" (questo vale solo per gli ebrei) ma di "amarci l'un l'altro come Lui ci ha amati". Il riferimento non è più se stessi ma Lui stesso, il suo modo di amare.
Ma perché l'uomo non può accettare la risposta di Gesù? Perché Gesù lega insieme il comando di Dio e del prossimo. "Guarda - gli dice - se ami Dio lo si vede da quanto ami il tuo prossimo".
Ma come può lui scriba, che ha dato la sua vita per la legge, per Dio, per interpretarlo, adesso dire: "Questo non vale niente se non amo il mio fratello, mia moglie, le persone"?. Vorrebbe dire cambiare tutto (ed è proprio quello che Gesù gli chiede): "E' troppo per lui!".

Cosa può dire a noi allora questo vangelo? A. La fede è ben più della religione.
Quando ero in seminario ero stato educato (e io vi avevo aderito) così: 1. Essere d'esempio (pregare ad esempio in chiesa così gli altri ti vedono e tu sei di esempio). 2. Pregare molto, fare "fioretti" e sacrifici, e digiuno. 3. Sradicare con puntigliosità tutti i propri peccati per essere perfetti. Per un periodo vissi programmato così: ma c'erano delle conseguenze. 1. Non mi sentivo mai felice e non c'era gioia nell'amare Dio; anzi Dio era un Dio serioso e anche un po' punitivo. 2. Non bastava mai e mi sentivo sempre in colpa. 3. Mi giudicavo superiore a quelli che non facevano tutto ciò: tenevo le distanze da certa gente. 4. Conoscevo regole su di Lui ma non chi era Lui. 5. Ero disumano: tutto ciò che era bisogni, desideri, emozioni, limiti, sensazioni, sogni, istinto, era pericoloso perché "non era perfetto" e così dovevo reprimerlo, non accettare che ci fosse. E più lo facevo e più mi allontanavo dalla mia umanità e da quella degli altri.
L'incontro con il vangelo cambiò tutto. 1. Gesù non mi chiedeva di essere d'esempio ma di servire (Mc 10,41-45: "Chi vuol essere grande..."). Servire voleva dire: mettere le mie qualità, le mie doti, le mie sensibilità, a servizio degli altri. Questo sì procurava gioia: intanto bisognava ascoltare se stessi, conoscersi e scoprire cosa si aveva dentro di positivo e poi trovatolo, questo diventava un dono per gli altri. Realizzandosi si era un dono anche per gli altri. Meraviglioso!
2. Gesù ridicolizza chi fa qualcosa per lui, chi "prega come i pagani, i quali credono di venire ascoltati moltiplicando le parole" (Mt 6,7) o chi crede di essere bravo tramite il digiuno (Mt 6,16). La fede non è ciò che noi facciamo per Lui ma ciò che Lui fa per noi. Lui è venuto per amarmi, accettarmi, stare dalla mia parte, sostenermi, aiutarmi nel vedere ciò che devo vedere, accogliermi sempre e in ogni caso. Questo sì che era un Dio da amare (oltre che evangelico): uno che sta con te aldilà di tutto. Non più un Dio esigente, che vuole, pretende, ma un Dio che si fa vicino e che rimane vicino. Non più un Dio che s'arrabbia se non lo preghi, se non fai questo o quello, ma un Dio che c'è in ogni momento in cui tu ne hai bisogno e che è lì per il tuo bene.
3. Gesù non chiede mai di essere perfetti (via ogni peccato) ma misericordiosi.
La religione è ciò che l'uomo fa per Dio ma la fede è ciò che Dio fa per l'uomo. E' solo nella fede che si incontra il Dio di Gesù. La fede è l'esperienza che Lui vive in te, che Lui ti spinge, che Lui è l'energia e che questa energia è proprio dentro di te. Questo è il vangelo, questa è bellezza.
Non dovete con le opere convincere Dio che siete bravi e che vi ami: Lui lo fa già!

B. Verificare tutto e non credere a niente solo perché altri lo dicono.
Al tempo di Gesù tutti credevano come questo scriba e come i farisei: tutti pensavano che fosse giusto così. Ma perché una cosa tutti la pensano giusta non è detto che lo sia: bisogna verificarla!
La società, la famiglia, la religione, ci passano delle idee, delle credenze. Noi le prendiamo e le accettiamo. Da bambini è giusto che sia così, ma da grandi no. Dobbiamo chiederci: 1. "E' proprio così? E' proprio vero?". 2. "Qual è il vantaggio (e lo svantaggio) di credere a questa credenza?". 3. "Se crederò a questa cosa, come sarà la mia vita? Che conseguenze ci saranno se aderirò a questa credenza? Sarà una vita piena, felice, realizzata o no".
Così ha fatto Gesù. Così si è adulti, maturi: non lo accetto solo perché me lo hanno passato ma perché io ho verificato, mi sono chiesto se a me va bene e mi sono preso la responsabilità delle conseguenze.
E' questo quello che vuoi? Sei disposta a mettere in gioco ciò che credi?

Io non sono libero ma sono libero di decidere da cosa farmi influenzare. Questo lo decido io. La mia vita di oggi è esattamente la risultante delle scelte (o non scelte) e delle credenze di ieri. E quella di domani sarà esattamente la risultante delle scelte e delle credenze di oggi.
Non prendete le cose solo perché altri ve le passano. Guardateci dentro: è quello che volete? Vi farà bene tenere questo?


Pensiero della Settimana

L'anima che può parlare con gli occhi può anche baciare con lo sguardo.