Omelia (11-11-2012) |
Riccardo Ripoli |
Questa vedova ha gettato nel tesoro più di tutti gli altri Cosa abbiamo da offrire noi a Gesù, ai poveri? Abbiamo ben poco, siamo arrivati nudi e torneremo al padre senza portaci via nemmeno un ricordo. Niente di quanto accumuliamo su questa terra ci appartiene veramente, è un mero possesso. Anche se dessimo ai poveri tutto ciò che abbiamo guadagnato, sarebbe sempre e solo il superfluo. Cosa ci chiede il Signore? Cosa vuole che noi diamo al nostro prossimo, che doniamo a Dio? Tutto ciò che abbiamo, tutto ciò che ci serve per vivere, l'unica cosa che possediamo veramente: noi stessi. Come si fa a donarsi? Ci si mette al servizio di chi ha bisogno, non si dice mai di no a chi ti chiede un aiuto concreto, non parlo di denaro o di cose materiali, ma di un sorriso, una carezza, una parola nel momento dello sconforto, una brontolata. I miei ragazzi desiderano cose materiali, come tutti i ragazzi, ma non le chiedono, sanno che diamo loro tutti noi stessi e non c'è niente che valga di più. Hanno provato, chi più chi meno, la privazione di un affetto, e sanno bene il valore dell'amore. Darei tutto ciò che possiedo per riavere la mia mamma con me, poter condividere con lei le gioie e i dolori della vita, raccontarle le mie pene, ricevere da lei un conforto, un rimprovero, una raccomandazione come quelle che solo una mamma sa farti, quelle alle quali si risponde "uffa', mamma basta, non sono più un bambino", ma quanto mancano quando non ci sono. In una casa dove tanti bimbi parlano e creano una sana e bellissima confusione, c'è un silenzio assordante. Quando guardo la porta d'ingresso mi vedo ragazzo di vent'anni che sta per uscire per andare a trascorrere la serata con gli amici, la ragazza nella testa, il pensiero di essere ben vestito, in quale discoteca andare, dove recarsi a mangiare prima di rientrare a casa al mattino. E dalla cucina ricordo la voce della mia mamma "stai attento" Si mamma. "Guida con prudenza" Si mamma. e la porta che ogni volta si apriva per richiudersi un poco per sentire cosa diceva. "Non bere troppo" Si mamma, e fremevo perché i miei amici mi aspettavano. Poi alla fine arrivava un "uffa', mamma ho capito, è la miliardesima volta che me lo dici, ho capito, non sono scemo". E lei rispondeva "ciao" Fiuu, era finita, e mentre uscivo, ormai già fuori casa sentivo che dalla cucina arrivava "stai attento, vai piano". Infastidito, ridevo dentro di me. Oggi capisco quanto quelle premure fossero come una corazza che mi proteggeva. Avevo sempre in testa quella nenia staiattentoguidaconprudenzanonberestaiattentoguidapiano e non potevo fare altro che ubbidire come fosse un richiamo ancestrale. Quanto mi manca quella dolce tiritera, quanto mi manca non poterle dire cosa ho fatto, cosa farò, cosa provo, quali emozioni sento. Mia madre non mi ha ricolmato di regali costosi, ma mi ha lasciato tutta sé stessa, mi ha donato la sua intera vita. Mi ha anche insegnato a reagire alle difficoltà, ad affrontare i problemi, a non fuggire dinanzi alle preoccupazioni ed i suoi insegnamenti sono stati talmente forti e radicati in me che, indegnamente, dono la mia umile e misera vita, l'unica cosa che possiedo veramente, ai ragazzi che Dio ha voluto mettere sulla mia strada. Per me è facile, mi è stato insegnato, ma chi è stato abituato che il denaro conta più di un bacio dato con amore, che un vestito firmato ti apre le porte del potere e che il potere ti rende libero di fare ciò che vuoi, non può capire la gioia di amare con tutto se stesso. Ma i ragazzi, i bambini che hanno perso i loro affetti sapranno tirare fuori dalla tua anima il meglio di te, se permetterai loro di farlo accogliendoli nella tua casa e nel tuo cuore. |