Omelia (05-11-2012)
Riccardo Ripoli
Sarai beato perché non hanno da ricambiarti

E' inutile dire, ma ognuno di noi, qualunque cosa faccia la fa per ricevere qualcosa. Se nella nostra natura umana c'è questo desiderio così prepotente da un lato significa che non è un peccato tanto grande, e dall'altro, sulla scia degli insegnamenti di Gesù, vuol dire che dobbiamo camminare verso la perfezione ed eliminare pian piano questo nostro deisderio di ricevere in cambio qualcosa.
Mettetevi alla prova. Pensiamo ad azioni che facciamo o che abbiamo fatto con estrema generosità, magari impulsivamente. Non vi sareste aspettati magari un grazie, un sorriso per la vostra buona azione? La riprova è che se non lo ricevete ci restate male per l'ingratitudine di quella persona e magari la prossima volta ci pensate due volte prima di fargli una gentilezza. Però il messaggio di Dio è chiaro, non fate favori, inviti, cortesie a chi potrà ricambiare nello stesso modo il tuo bene, ma cerca coloro che sono gli ultimi degli ultimi e dona a loro te stesso.
Quando Gesù guarì i dieci lebbrosi e solo uno tornò indietro a ringraziarLo, il Signore ci rimase male. Ci fa vedere la nostra natura umana, ci insegna a non spaventarci e di affrontarla con tranquillità. Vi confesso che da quando ho donato la mia vita ai ragazzi ho fatto molta strada e tanta ne devo ancora percorrere. Uno degli aspetti più brutti del mio passato, di cui mi sono accorto dopo un po' di tempo, è che ricercavo in loro l'amore perso di mia madre. Io mi dedicavo a loro "anima e core" e pretendevo che loro fossero riconoscenti comportandosi bene, ubbidendo, dandomi le soddisfazioni a scuola e nel comportamento fuori casa. Come sbagliavo. Pretendevo qualcosa che non mi spettava, ho pian piano capito che donarsi significa non dettare condizioni, ma come è difficile andare avanti se on si riceve una carezza, un sorriso, una coccola, un interessamento. Devo dire che appena ho smesso di pretendere tutto questo, è la volta che l'ho ricevuto in abbondanza. I miei ragazzi oggi mi coccolano, si interessano, si preoccupano, scherzano con me come fossi il loro amicone, si impegnano, chi più chi meno, a darmi quelle soddisfazioni nella scuola e nel comportamento che mi rendono felice. Che gioia leggere un tema qualche giorno fa dove uno dei ragazzi aveva tirato fuori tra le righe certi principi morali che gli abbiamo insegnato, ma la gioia più grande è quella di vederlo andare fiero di tali valori e proclamarli al mondo incurante delle prese di giro dei suoi compagni, ma felice di avere qualcosa per cui lottare. E già riceve un contraccambio, senza volerlo, senza cercarlo perché a parte la nostra grande gioia, ha la soddisfazione di essere apprezzato da alcuni ragazzi e professori per quelle sue idee, che oggi definirei, almeno per un ragazzo adolescente, coraggiose.