Omelia (11-11-2012) |
padre Paul Devreux |
Oggi Gesù c'invita a non fidarci di chi vuole farsi notare usando vestiti strani e di chi ama i primi posti. Lui cita gli scribi, che si sentivano molto importanti perché sapevano leggere e quindi conoscevano la legge e la scienza di allora. Difatto divoravano le case delle vedove, facendosi pagare eccessivamente per i loro consigli. Gesù conclude che riceveranno una condanna più severa, perché non sopporta chi sfrutta i poveri, costretti ad andare a chiedere aiuto a gente che poi li deruba facendosi strapagare. Questo, purtroppo, succede anche oggi. Poi Gesù fa notare ai suoi discepoli una vedova che getta nel tesoro del tempio uno spicciolo. Capisce che quella donna in proporzione ha dato molto di più degli altri, perché è povera. Ha dato tutto quello che aveva per vivere! E io mi domando: "Come si fa?" A me è capitato di dare qualche cosa a qualcuno bisogno e poi di scandalizzarmi vedendo che li usava per andare ad accendere una candela in chiesa, o per aiutare qualcun'altra. "Signore, come è possibile?". Eppure è una cosa che vediamo fare anche a quella vedova di Sarèpta, che accetta di condividere la sua miseria con Elìa, che per lei è solo un povero viandante, più povero di lei. Facendo questa scelta sperimenta il dono di Dio, e i due poveri diventano un dono l'uno per l'altro, arricchendosi a vicenda. Forse è questa la chiave del mistero. Lo dico con tremore, perché so che oggi c'è sempre più gente che si ritrova sprovvista di tutto, che non sa come andare avanti e non vorrei farli bestemmiare. Ma dove la trovano queste donne la forza o la motivazione per comportarsi cosi? Io vedo una sola risposta: se fanno cosi è perché hanno capito che gli conviene. Gettare nel tesoro l'ultimo spicciolo, condividere l'ultimo panino, è come dire al Signore: "Mi sei rimasto solo Tu, voglio provare a fidarmi di te; Signore provvedi tu alla mia povera vita." Chi l'ha fatto e ha sperimentato la provvidenza del Signore, ne esce molto rafforzato nella fede, chi non l'ha dovuto fare, perché benestante, fa più fatica a credere. Arrivare a questa fiducia in Dio è molto bello e fonte di grande tranquillità e pace, ma sono esperienze che spaventano solo a pensarci e che speriamo non ci capitino. Ma io vi voglio invitare a fare questa esperienza almeno in parte. Per farla prima mi devo rendere conto che passo gran parte della mia giornata a fare della cose in funzione dei miei bisogni. Se invece la mattina comincio col consegnare i miei bisogni al Signore, come questa vedova che consegna il suo spicciolo, allora mi accorgo che non ho più niente da fare, e posso cominciare a pensare al bisogno degli altri. Se riesco a fare questo, la sera, rifermandomi per fare un bilancio della giornata, mi accorgo che veramente il Signore si è preso cura dei miei bisogni, e vi ha provveduto molto meglio di me, perché i miei bisogni li conosce meglio lui di me. |