Tutto quello che aveva per vivere
"Il Signore rimane fedele per sempre" (Sal 145) è la preghiera di lode che scaturisce dal cuore del salmista e risuona nella liturgia di questa domenica nelle nostre comunità. La Parola di Dio data una volta per tutti non si ritrae e rimane indelebile come forza che guida e sorregge la storia del suo popolo. Il Signore dà e ridona, rialza e libera, protegge e sostiene chi è oppresso e affamato, affaticato e smarrito, privo di riferimento e abbandonato, povero e debole... E' la mano di Dio che predilige l'umanità indifesa e indigente. E' la premura di Dio che vede e ascolta chi si affida a Lui con cuore docile e sincero. L'amore di Dio è universale, ma solo l'umile e il povero sanno attenderlo con fiducia semplice e sicura, certi che il Signore è presente nella loro vita. Questa è la fede che si può solo narrare e imparare attraverso gesti concreti di vita. E il Vangelo ce ne regala un esempio delicato e silenzioso che non è sfuggito allo sguardo di Gesù. Nel tempio, dove ogni giorno la gente entrava a pregare e a portare offerte, Gesù osserva il gesto, quasi impercettibile, di una donna vedova e povera. Mentre molti ricchi tra la folla gettavano nella cassa del tempio molti soldi, ma solo il superfluo, lei vi metteva due monetine di poco valore, ma le uniche che aveva, "tutto quanto aveva per vivere" (Mc 12,44). Queste sono le gesta limpide e confidenti non di chi ha l'ansia e la pretesa di bastare a se stesso e affermare solo se stesso, ma di chi ha il senso profondo del dono che viene da Dio. Nella vedova povera siamo invitati a vedere l'incarnazione, l'umanizzazione delle qualità e dello stile del discepolo, ricco o povero che sia: disponibilità al dono totale di sé, pronto a giocare la propria vita in Dio senza calcoli e riserve.
Quanti esempi silenziosi e nascosti, attorno a noi o sperduti nelle pieghe del mondo, amano essere piccoli frammenti ma della totalità che è sola di Dio, nel dono radicale di affidamento e di offerta del Figlio "mediante il sacrificio di se stesso" (Eb 9, 26). Dono di un corpo spezzato e risorto per l'umanità, per la salvezza di tutti. La contemplazione di questa scena al tempio ha sicuramente riattivato in Gesù la memoria dell'episodio della vedova di Sarepta di Sidone, raccontato nella prima lettura. Ed ecco, allora, la storia di un altro incontro tra poveri: il profeta Elia, straniero e solo, dunque in situazione di bisogno, in arrivo alla porta della città e la donna, vedova e dunque sola, senza protezione sociale, povera e con un figlio a carico. Un povero che chiede aiuto ad un altro povero, il miracolo della solidarietà e della fiducia che si rinnova, l'intervento di Dio che promette futuro e vita se ci si affida alla sua logica di dono. Elia arriva, vede la donna e le chiede un po' d'acqua... scena insolita per noi, ma assolutamente ordinaria ancora oggi in tanti contesti umani. Non c'è abitazione nella "nostra" Africa, nemmeno la più umile capanna, che non abbia all'ingresso il recipiente per l'acqua (il canarì) a disposizione di chiunque arrivi.. Ed è la donna, nel modo più naturale possibile e fin da quando è bambina, ad occuparsi di questo gesto squisito di ospitalità, tanto più necessario quando il caldo e la polvere si fanno sentire. Davvero, ci sono luoghi del mondo in cui la Parola assume un'evidenza assoluta.
Elia non si limita a chiedere acqua...osa domandare un pezzo di pane. La vedova tenta di resistere alla richiesta: ha solo un pugno di farina e un avanzo di olio nell'orcio con cui si accinge a preparare l'ultimo pasto per sé e per il figlio. Dopo di che sarà morte certa per entrambi. E qui, per bocca di Elia, si introduce la novità salvifica di Dio: il profeta la invita a procedere come crede di dover fare, ma la prega di riservare anche per lui una piccola focaccia. Qualcosa di necessario per vivere, non del superfluo. E Dio non farà più mancare nutrimento e vita. Difficile scegliere di fidarsi... ma la vedova lo fa', spinta da chissà che cosa. E il miracolo della condivisione ancora una volta avviene e produce abbondanza di vita: "La farina della giara non venne meno e l'orcio dell'olio non diminuì, secondo la parola che il Signore aveva pronunciato per mezzo di Elia" (1Re 17,10).
Tante volte ci è capitato di assistere allo stesso miracolo tra i nostri fratelli camerunesi. Il poco suddiviso tra tanti, la famiglia d'origine che riprende in casa la figlia rimasta vedova e i suoi bambini, l'accoglienza mai negata anche a chi è di passaggio... nonni, figli, nipoti, vicini... le bocche che sembrano sempre in sovrannumero rispetto alla disponibilità di cibo. Eppure, a prevalere è sempre la logica della condivisione. Perché? Fiducia innata nella Provvidenza? Consapevolezza di essere legati dallo stesso destino di fatica? Propensione spontanea alla solidarietà? Incapacità di gestirsi con un minimo di prudenza? Eccesso di superficialità?... Difficile dirlo. Ma il vissuto così spontaneo e fiducioso che si è spesso riproposto ai nostri occhi ha per noi avuto il sapore del Vangelo.
Riflessione di Anna ed Emanuela, missionarie laiche in Camerun, ausiliare dell'arcidiocesi di Milano.
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