Omelia (11-11-2012) |
don Roberto Rossi |
La generosità di dare tutto Il miracolo alla vedova di Zarepta mette in risalto la fiducia di Elia e della vedova. Nonostante tutte le difficoltà e la persecuzione, Elia ha fiducia nella parola di Dio e conserva la sua fede sino alla fine; e anche la vedova ubbidisce fidandosi della parola del profeta Elia. Come la vedova del vangelo, la donna di Zarepta dà prova di una grande generosità. La generosità perfetta non consiste nel dare molto o poco, ma nel dare tutto. Nel vangelo abbiamo un giudizio negativo e poi uno positivo. Il primo si riferisce agli scribi. Non tutti erano così, ma molti erano «completamente fuori strada». Non sono quindi maestri di cui fidarsi; e lo sono meno ancora nel loro modo di vivere. Per questo Gesù, continuando il suo insegnamento, dice: «Guardatevi dagli scribi!», e subito ne spiega il motivo. Alla base della loro vita non c'è l'amore: non amano il prossimo come se stessi e quindi non amano Dio. La società che essi vogliono è sullo stile dei regni di questo mondo, una società classista, in cui domina l'ingiustizia: divorano i beni delle vedove, contro la parola di Dio che dice: «Difendete le vedove»; il loro modo di vivere la religione (pregare a lungo) nasconde le loro brame: primi posti, saluti, denaro. Anche nel vestito vogliono mettere la distanza tra sé e gli altri. E Gesù denuncia il loro agire, come contrario al Regno: "Riceveranno una condanna assai più dura". Vivere in quel modo non porta a salvezza. Poi un giudizio positivo. Gesù si aggirava nel tempio. C' è stato quasi sempre un continuo discutere con chi cercava di coglierlo in fallo. La sua parola però è sempre stata per noi un vero insegnamento. Gesù non solo ci ha insegnato con verità la via di Dio, ma ci ha pure aiutato a penetrare sempre di più nel mistero della sua persona, e persino a guardare oltre la storia. Ora sembra solo, seduto davanti alla sala del tesoro, cioè davanti alla sua parete esterna che dava nell'atrio delle donne, dove c'erano tre cassette a forma di trombette capovolte, in cui i fedeli depositavano le loro offerte. Gesù osservava. Il testo introduce un come che può essere tanto significativo. La minuta descrizione della vedova fa capire che il suo modo di gettare è diverso, non solo perché vi getta di meno, ma perché non lo fa come gli altri. Forse ha vergogna. Essa non è come i ricchi che possono fare bella mostra di sé, facendosi vedere generosi. Essa ha poco, troppo poco; soltanto due monetine di rame: non può dare che due monetine. Eppure è quella che ha dato di più. Probabilmente solo Gesù se ne è accorto, ed eccolo chiamare i suoi discepoli. E' la quarta volta che li chiama per aiutarli a riflettere, per educarli a una vera sequela anche sul modo di giudicare la gente. Se per caso i discepoli si sono meravigliati di quello che davano i ricchi, ora debbono ricredersi. La parola di Gesù è oltremodo incisiva. C'è radicale opposizione tra quello che loro avanzava e tutto il suo sostentamento. Quello che è indispensabile per vivere è molto, anche se è poco; vale di più di quello che avanza agli altri. Gesù giudica il valore del dono a partire dalla situazione del donatore. A Gesù non interessa il dono ma chi lo dà; ed è la persona che dà valore al suo dono. Quella povera vedova quel giorno volle condividere tutto quel che aveva; ha voluto che il suo poco fosse dono per gli altri, per Dio. Ha fatto un salto nel buio, si è disfatta anche di ciò che poteva creare una piccola sicurezza umana, la sicurezza del concreto domani. Lo ha fatto per affidarsi totalmente a Dio e per condividere il suo bene con gli altri. Essa ha davvero in sé l'amore di Dio e del prossimo. Nel Vangelo non vi è altrove una descrizione più bella della fede e dell'amore, né un'esigenza più dura per essere Chiesa. Questa vedova, sconosciuta dal mondo, è l'immagine del vero credente, del discepolo di Cristo. |