Omelia (18-11-2012)
padre Gian Franco Scarpitta
Passato, presente e futuro in Dio

Se nelle precedenti Domeniche ci si era soffermati sul tema dei defunti e sulla vita dopo la morte, oggi ci si intrattiene sul tema della "fine cosmica universale", sull'epilogo della storia presente. La Scrittura ce ne parla con immagini tipiche dell'apocalittica, che descrivono scene sconvolgenti e impressionanti, che vanno interpretate ovviamente in senso figurato: non possiamo immaginarci la "fine del mondo" attraverso elementi naturalistici. La nostra fede ci ragguaglia che Cristo tornerà nella gloria e noi lo riconosceremo, tuttavia non vanno considerate letteralmente le immagini cosmiche della Bibbia. Come concepire allora l'evento culmine della nostra storia? Che cosa avverrà effettivamente alla fine dei tempi, quando si verificherà il tanto atteso "Giudizio universale?"
Ratzinger suggerisce una risposta a queste domande mettendo in relazione la predetta morte del singolo soggetto umano con la fine universale: ciò che avverrà alla fine dei tempi sarà analogo a quanto avviene al momento del trapasso di ciascuno. Quando ciascuno di noi transita da questa all'altra vita avviene la fine del nostro corpo terreno e al contempo il "ritorno" immediato di Cristo, che ci viene incontro. Di conseguenza si realizza un incontro fra noi e il Signore che si esprime in termini di "giudizio particolare", nel quale mi troverà di fronte a Dio a seconda di come avrò vissuto la mia vita terrena.. Al momento della morte incontreremo un Giudice si, ma pur sempre un Dio Amore misericordioso che vorrà salvarci fino all'ultima istanza e il cui amore si mostrerà comunque trionfante. Anche se è previsto un giudizio di condanna (inferno) per quanti ostinatamente avranno voluto vivere nella lontananza da Dio, questo sarà solo conseguenza di tutto il male che ci saremo procurati noi stessi con il peccato: nelle intenzioni del Risorto vi sarà in ogni caso la volontà di un incontro nell'amore e nella misericordia, la quale comunque ha sempre la meglio sul giudizio (Gc 2, 13). Il momento della morte è insomma per ciascuno "l'ultimo giorno" nonché "giorno del giudizio" in quanto Cristo morto e Risorto "torna" per ciascuno di noi.
Parimenti, alla fine del tempi avverrà per tutti quanti la conclusione di questo mondo perverso. Esso sarà rinnovato e portato alla perfezione, in quanto Dio interverrà per debellare definitivamente il male, e tutti assisteremo all'incontro con Cristo che visibilmente ci verrà incontro nella gloria per il giudizio finale. Che avvengano o meno delle catastrofi cosmiche non lo sappiamo e non ci importa saperlo. Quello che sappiamo con certezza è che incontreremo il Signore che opererà non una fine ma una trasformazione, in quanto tutti vivremo la comunione con Cristo, la pienezza dell'amore di Dio e il rinnovamento definitivo della vita. Il mondo quindi finirà nel senso che la nostra vita sarà trasformata in pienezza.
Anche la Lettera agli Ebrei ci parla di questo secondo incontro che farà seguito al primo: "È stabilito per gli uomini che muoiano una volta sola, dopo di che viene il giudizio. Cristo, dopo essersi offerto una volta sola allo scopo di togliere i peccati di molti, apparirà una seconda volta, senza alcuna relazione con il peccato, a coloro che l'aspettano per la loro salvezza" " (9,27 - 28).
Tutto questo ci sprona allora non alla paura ma alla speranza. Non allo scoramento, ma alla fiducia. Vivere il presente è indispensabile perché ogni momento della nostra esistenza è unico e irripetibile e non possiamo certo delapidare il tempo prezioso che ci viene concesso. Ma proprio per questo, il nostro "frattempo" storico va vissuto anche in proiezione del futuro, perché mentre ci impegniamo nel presente abbiamo la consapevolezza che tendiamo anche verso un avvenire. E Dio in effetti non è solo presente, altrimenti non sarebbe Dio: egli è il nostro passato, il presente e contemporaneamente anche nostro futuro.
Credo che questa sia una delle spiegazioni dell'esistenza del male, della cattiveria e del dolore attorno a noi nonostante sia avvenuta la risurrezione di Cristo che ha confermato l'idea di un Dio giusto e buono: se il regno delle tenebre non sussistesse, se non dovessimo vivere l'aberrazione del male e la lotta continua contro di esso, ebbene non potremmo avere modo di coltivare la speranza di un Signore Futuro. Come afferma Paolo, ciò che si spera se è visto non è più speranza (Rm 8, 24) e come possiamo sperare nel Cristo che ci viene incontro attendendone la visione ultima se vengono meno le sfide e le ansie della vita di tutti i giorni? Un premio si gusta meglio dopa la fatica e un cammino privo di ostacoli probabilmente non condurrà a nulla, quindi potremo gioire del Signore solo quando avremo perseverato sino alla fine.
Qualche autore inglese diceva che la storia dell'uomo è "una favola raccontata da un idiota, piena di rumore e di furore, che non significa nulla". Noi diciamo che questa favola assume un significato in Dio, che la assume fino in fondo come la sua storia personale con gli uomini; riconosciamo anche che questa storia, com'è proprio di tutte le vicende, deve avere pure un termine,, ma nell'ottica della fede riconosciamo che se è vero che tutto finisce, è anche vero che in questa conclusione tutto si trasforma e ci si dischiude per la Verità. Passata, presente e futura.