Omelia (11-11-2012)
padre Ermes Ronchi
Non conta quanto ma il modo, il cuore con cui si dona

Gesù, durante tutta la sua predicazione, ha sempre mostrato una predilezione par­ticolare per le donne sole. Ora affida al gesto nascosto di una donna, che vorrebbe so­lo scomparire dietro una delle colonne del tem­pio, il compito di trasmettere il suo messaggio. La prima scena è affollata di personaggi che hanno lo spettacolo nel sangue: passeggiano in lunghe vesti, amano i primi posti, essere riveriti per strada... Questa riduzione della vita a spet­tacolo la conosciamo anche noi, è una realtà patita da tanti con disagio, da molti inseguita con accanimento.
Il Vangelo vi contrappone la seconda scena. Se­duto davanti al tesoro del tempio Gesù osserva­va come la folla vi gettava monete. Notiamo il particolare: osservava «come», non «quanto» la gente offriva.
I ricchi gettavano molte monete, Ma, venuta u­na vedova povera, vi gettò due monetine. Gesù se n'è accorto, unico; chiama a sé i discepoli e of­fre la sua lettura spiazzante e liberante: questa vedova ha gettato nel tesoro più di tutti gli altri.
Gesù non bada alla quantità di denaro. Conta quanto peso di vita, quanto cuore, quanto di la­crime e di speranze è dentro quei due spiccioli. Due spiccioli, un niente ma pieno di cuore.
Il motivo vero e ultimo per cui Gesù esalta il gesto della donna è nelle parole «Tutti hanno gettato parte del superfluo, lei ha gettato tutto quello che aveva, tutto ciò che aveva per vive­re»: la totalità del dono. Anche Lui darà tutto, tutta la sua vita.
Come la vedova povera, quelli che sorreggono il mondo sono gli uomini e le donne di cui i gior­nali non si occuperanno mai, quelli dalla vita nascosta, fatta solo di fedeltà, di generosità, di onestà, di giornate a volte cariche di immensa fatica. Loro sono quelli che danno di più.
I primi posti di Dio appartengono a quelli che, in ognuna delle nostre case, danno ciò che fa vivere, regalano vita quotidianamente, con mille gesti non visti da nessuno, gesti di cura, di accudimento, di attenzione, rivolti ai geni­tori o ai figli o a chi busserà domani. La san­tità: piccoli gesti pieni di cuore. Non è mai ir­risorio, mai insignificante un gesto di bontà cavato fuori dalla nostra povertà. Questa capacità di dare, anche quando pensi di non possedere nulla, ha in sé qualcosa di divino. Tutto ciò che riusciamo a fare con tutto il cuo­re ci avvicina all'assoluto di Dio.
Quanto più Vangelo ci sarebbe se ogni discepo­lo, se l'intera Chiesa di Cristo si riconoscesse non da primi posti, prestigio e fama, ma dalla gene­rosità senza misura e senza calcolo, dalla auda­cia nel dare. Allora, in questa felice follia, il Van­gelo tornerebbe a trasmettere il suo senso di gioia, il suo respiro di liberazione.